31 March 2011

El columpio sin niños. Crónica desde Misratah

Traducido para Rebelion por Alma Allende

Hay un columpio sin niños que sube y baja, va y viene y movido por el viento enfrente de lo que queda de una casa reducida a escombros. También hay dos niños sin columpio ni ganas de jugar. Son dos hermanos. Mohamed Ali tiene once años y Ali, catorce. El misil cayó en el patio de su casa mientras se estaban divirtiendo. Cuando llegaron a urgencias, ya era demasiado tarde. A Mohamed le tuvieron que extirpar un ojo y amputar una mano. Está acostado en una cama de hospital con una pierna rota atornillada a una guía de hierro y el resto del cuerpo cubierto de vendas y cicatrices. Llora y dice que le duele. Pero su hermano mayor, Ali, no tiene palabras de consuelo, porque también él está en una cama del mismo hospital. Su infancia se acabó en un instante. El momento de la explosión de un misil disparado a lo loco contra un distrito de la ciudad con el único objetivo de herir a civiles. Bienvenidos a Misratah. La ciudad rebelde de la Tripolitania que lleva 40 días resistiendo heroicamente el asedio de las milicias de Gadafi y que desde hace tres semanas permanece aislada del resto del país. Las líneas telefónicas están fuera de servicio, la mitad de las casas no tiene corriente eléctrica y la única agua ya accesible es la de los pozos, porque los conductos del acueducto han sido cerrados por los hombres de Gadafi, que rodean la ciudad. La única vía libre que se mantiene abierta es el mar, y es precisamente ésa la que hemos elegido para romper otro aislamiento: el de la prensa internacional. Porque hasta el momento ningún corresponsal de un gran medio ha logrado llegar hasta aquí.

30 March 2011

Brindisi: tentati suicidi e autolesionismo al Cie

Mercoledì 30 marzo, secondo fonti citate da No Cie Brindisi, uno dei reclusi del centro di identificazione e espulsione di Restinco, a Brindisi, avrebbe tentato il suicidio impiccandosi, ma sarebbe stato soccorso in tempo dagli alri detenuti. Intanto nella stessa giornata, altri 4 reclusi si sarebbero tagliati le vene. La situazione nel Cie brindisino resta quindi tesa, a due settimane dalla rivolta che ha devastato il centro la notte tra il 14 e il 15 marzo, quando materassi e lenzuola sono stati dati alle fiamme e parte delle suppellettili distrutte. A distanza di alcuni giorni dall'incendio, una trentina di reclusi continuano a dormire per terra. Mentre è del 20 marzo la notizia di un altro recluso tunisino che si sarebbe tagliato alla gola con una lametta, dopo uno scontro verbale con un ispettore di polizia.

27 March 2011

Il cimitero dei martiri e il disertore di Ijdabiya


Viaggio a Benghazi, 26 marzo 2011

Saleh Khamis Elanuani era venuto a portar via la famiglia di suo zio dall'inferno. All'ultimo check point controllato dai ribelli l'avevano avvertito dei rischi, ma non aveva altra scelta. Doveva portarli via prima che i miliziani di Gheddafi prendessero il controllo della città. Sono passati tredici giorni da allora e la sua macchina Toyota Camry bianca, è ancora ferma sul ciglio della strada davanti alla moschea della porta est della città. La portiera aperta, crivellata di colpi. Saleh invece giace senza vita in una cella frigorifero dell'ospedale di Ijdabiya. Quando Abdallah gli solleva il lenzuolo dal volto, mi giro dall'altra parte per allontanare dagli occhi l'immagine del cervello che gli esce da dietro la testa. Gli hanno sparato alla nuca. Un colpo solo. Giustiziato. La vita di Saleh è finita così. Abdallah si avvicina e lo bacia sulla fronte. È un martire, dice con un misto di commozione e di sollievo. La verità è che è finita. L'assedio di Ijdabiya, dopo 13 giorni di combattimenti è cessato stanotte.

26 March 2011

El cementerio de los mártires y el desertor de Ijdabiya

Traducción para Rebelion de Nuria Sánchez Madrid

Saleh Khmais Elanuani había venido para sacar a la familia de su tío del infierno. En el último check point controlado por los rebeldes le habían advertido de los riesgos, pero no quedaba otro camino. Tenía que sacarlos de allí antes de que los milicianos de Gadafi tomasen el control de la ciudad. Han pasado trece días desde entonces y su Toyota Camry blanco está todavía parado en el arcén de la carretera, delante de la mezquita de la puerta este de la ciudad. La puerta está abierta, acribillada de disparos. Sin embargo, Saleh yace cadáver en una celda frigorífera del hospital de Ijdabiya. Cuando Abdallah le levanta la tela que le cubre del rostro, aparto la mirada para alejar de mis ojos la imagen del cerebro que se le ha salido por la parte de atrás de la cabeza. Le han disparado en la nuca. Un solo disparo. Ajusticiado. Así ha llegado a su fin la vida de Saleh. Abdallah se acerca y le besa en la frente. Es un mártir, dice con una mezcla de emoción y alivio. La verdad es que todo ha terminado. El asedio de Ijdabiya, tras 13 días de combates, ha finalizado esta noche.

25 March 2011

Generazione revolution: da Benghazi a Lampedusa

A volte una chiacchierata aiuta a chiarirsi e a chiarire le idee. Soprattutto quando l'interlocutrice è una come Alma Allende, che è una che ha seguito tutta la rivoluzione in Tunisia per il sito Rebelion. Le domande sono le sue, e le risposte le mie, che da due settimane sto qui a Benghazi con i ragazzi della rivoluzione. Dove sta andando la Libia? Perché in giro tutti gridano al complotto americano o islamista? Quale è stato il ruolo dell'informazione? Si può essere imparziali in un posto come questo? E infine Lampedusa. La Libia c'entra davvero qualcosa il boom degli sbarchi delle ultime settimane? Leggi l'intervista.

24 March 2011

Il coraggio di Ahmed e i nostri malintesi


Viaggio a Benghazi, 23 marzo 2011

Sua moglie glielo aveva detto di parlargli. E anche i fratelli avevano insistito che lo bloccasse. Ma la verità è che Hasan non era mai stato così fiero di suo figlio Ahmed come quel giorno, quando gli disse che si univa al fronte per liberare il paese. E lo lasciò andare con la sua benedizione. Come padre, apprezzava quel coraggio e quella generosità. Partire a 24 anni come volontario, con una laurea in medicina e senza armi, per curare i feriti di guerra, in nome della libertà. Sono passati 13 giorni da quando se ne è andato. E oggi suo padre è la prima volta che viene a cercarlo al fronte. A cercarlo sì, perché nel frattempo Ahmed è finito nella lista dei dispersi. Dicono che sia stato fatto prigioniero a Ras Lanuf. Ma sono solo voci. La verità è là davanti. Tra il deserto e il mare, dove si leva alta nel cielo una colonna nera di fumo, alle porte di Ijdabiya, 160 km a sud di Benghazi. La strada davanti a noi è chiusa da una transenna. Entrano soltanto le macchine degli uomini armati. Siamo a Zuwaytina e la guerra è lì davanti, dopo la curva, saranno cinque chilometri. Dalla corsia opposta tornano dal fronte le auto dei rifornimenti e i civili in fuga da Ijdabiya. Una folla di curiosi sta a guardare. Mentre Hasan discreto, chiede in giro se qualcuno conosce suo figlio. Ma le notizie che arrivano fanno solo rabbrividire.

23 March 2011

El valor de Ahmed y nuestros malentendidos

Traducción para Rebelion de Alma Allende

Su mujer le había dicho que hablase con él. Y también los hermanos habían insistido en que se lo impidiese. Pero la verdad es que Hasan nunca se había sentido tan orgulloso de su hijo Ahmed como ese día, cuando le dijo que se unía al frente para liberar el país. Y lo dejó ir con su bendición. Como padre, apreciaba ese coraje y esa generosidad. Partir como voluntario a los 24 años, con una licenciatura en medicina y sin armas, para atender a los heridos de guerra, en nombre de la libertad. Han pasado 13 días desde que se fue. Y hoy su padre viene por primera vez a buscarlo al frente. A buscarlo, sí, porque entre tanto Ahmed ha acabado en la lista de los desaparecidos. Dicen que lo cogieron prisionero en Ras Lanuf. Pero son sólo voces. La verdad está allí delante. Entre el desierto y el mar, donde se eleva alta en el cielo una columna negra de humo, a las puertas de Ijdabiya, 160 km al sur de Bengasi. Delante de nosotros, la carretera está cerrada por una barrera. Entran únicamente los coches con hombres armados. Estamos en Zuwaitina y la guerra está allí delante, después de la curva, a unos cinco kilómetros. De la dirección opuesta vuelven del frente los camiones de abastecimiento y los civiles que huyen de Ijdabiya. Una multitud de curiosos está mirando. Entre tanto Hasan, discreto, pregunta a su alrededor si alguien conoce a su hijo. Pero las noticias que llegan sólo producen escalofríos.

22 March 2011

Grecia: 3 dispersi sulla rotta per la Puglia

Sono caduti in mare durante le operazioni di soccorso al largo dell'isola greca di Paxoi, nel mar Ionio, mentre navigavano verso la Puglia. E il mare non li ha più restituiti. I dispersi sono tre, tutti e tre uomini. Le ultime vittime della frontiera della fortezza Europa. I dettagli della notizia, sulla stampa greca.

One two tre merci Sarkozé


Viaggio a Benghazi, 21 marzo 2011

“No all'ingresso degli stranieri”. È scritto di rosso su uno sfondo bianco con su disegnata una montagna di teschi neri sorvolata da un elicottero da guerra. È il manifesto più grande sotto il tribunale di Benghazi. Oggi in piazza sono in migliaia e l'hanno sistemato bene in vista, perché finisca dentro l'inquadratura del cameraman di Al Jazeera, che dal terrazzo del palazzo di fronte filma i manifestanti il giorno dopo il bombardamento degli alleati. I manifestanti non vogliono l'occupazione militare, sanno bene cos'è diventato l'Iraq. Quegli stessi manifestanti però nella stessa piazza sventolano la bandiera francese cantando a squarciagola slogan sgrammaticati tipo: “One two tre, merci Sarkozé!” oppure “Shukran marra thania lil Faransa wal Britania!”. Ovvero “Un due tre, grazie Sarkozy”, e “Grazie due volte alla Francia e all'Inghilterra”. E tra la folla c'è addirittura qualcuno che pronuncia frasi impensabili fino a pochi giorni fa, del tipo: “Ringraziamo dio e gli Stati Uniti d'America!”. Forse non piacerà ai tanti che in Italia credono giustamente alla cultura della pace e che quindi si oppongono per principio all'uso della guerra come strumento per la controversia dei conflitti internazionali. Ma queste sono le parole della piazza di Benghazi, e che ci piacciano o meno, vanno raccontate. Per capire da dove nasca questo improvviso amore per Francia, America e Gran Bretagna, basta fare una gita fuori porta.

20 March 2011

La battaglia di Benghazi


Viaggio a Benghazi, 19 marzo 2011

Il prossimo da portare via è Mohamed Said Mahdi. L'hanno appena lavato. Il corpo è avvolto in un lenzuolo bianco dalla vita in giù. I capelli sono ancora bagnati. Un infermiere gli passa con cura per un ultima volta un batuffolo di cotone inumidito sul volto. L'occhio sinistro non c'è più. Gli hanno sparato in faccia. E un altro colpo sul fianco, al cuore. Aveva 24 anni ed è la vittima numero 70 di oggi. La guerra è arrivata a Benghazi. E l'ospedale Jala è il miglior punto d'osservazione per capire quello che sta succedendo alle porte della città. La camera mortuaria è affollatissima. Arrivano i parenti a riconoscere i propri morti, i ragazzi della piazza a farsi coraggio e i venti giornalisti rimasti in città a filmare la scena del massacro. Gli infermieri sono pochissimi. La maggior parte sono volontari, gente comune venuta a dare una mano.

19 March 2011

La parata in città dell'auto coi cadaveri del nemico


Parata per le strade di Misrata di un fuoristrada pickup dei ribelli carico dei cadaveri di presunti mercenari uccisi in battaglia. In effetti le vittime sono membri delle forze armate di Gheddafi, visto che indossano la divisa militare
Durata 00:28
Caricato il 19 marzo 2011

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No fly no party


Viaggio a Benghazi, 18 marzo 2011

Ballano, corrono, cantano e sparano in aria. Sono i ragazzi della rivoluzione di Benghazi. Che questa volta festeggiano davvero. È da poco passata la mezzanotte del 17 marzo, e il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha appena approvato la risoluzione sulla no fly zone. In strada si sono riversate migliaia di automobili. I clacson suonano all'impazzata, ma a malapena si sentono, coperti dalle continue raffiche di kalashnikov e dai botti dell'artiglieria. Davanti al tribunale è una ressa. I ragazzi cantano “Irfaa raskum anta libi”, alza la testa sei un libico. La gioventù ha ritrovato l'orgoglio e ha scoperto col sangue di essere una comunità, con i suoi sogni di libertà e con il suo gusto per la sfida. Anche estrema. Come quella lanciata a rischio della propria vita ai miliziani di Gheddafi, che continuano indisturbati a colpire i civili. In piazza ci sono migliaia di persone pigiate una contro l'altra.

18 March 2011

Bombe a Benghazi


Viaggio a Benghazi, 17 marzo 2011

Il cratere è largo tre metri e tutto intorno la pista è cosparsa di pietre. Poco distante, quel che resta della carlinga di un aereo civile continua a bruciare. In mezzo al fumo nero si riesce ancora a leggere distintamente Air Libya. È quel che resta dell'aereo colpito dalle bombe di Gheddafi, sganciate questa mattina sull'aeroporto internazionale di Benina, a 20 chilometri dalla città di Benghazi. Proprio così, mentre a Washington il consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite discuteva la risoluzione sulla no fly zone, il Colonnello ha ordinato di bombardare Benghazi. È il secondo bombardamento in due giorni. Mercoledì mattina un aereo aveva attaccato l'aeroporto mancando di poco il bersaglio. Oggi invece l'hanno preso in pieno. Anche perché stavolta di aerei ne hanno mandati tre. Tre vecchi Mirage che oltre a Benina hanno sganciato altre bombe sopra la caserma Muaskar 36, a sud di Benghazi, dove si trova un importante deposito di munizioni dell'armata popolare degli insorti. Fortunatamente non ci sono stati feriti né morti e la pista di decollo non sembra compromessa da quello che abbiamo potuto constatare di persona.

17 March 2011

Sicilia: tre cadaveri a Pantelleria e Lampedusa

Il mare torna a riconsegnare corpi senza vita sugli scogli di Pantelleria e Lampedusa. Tre soltanto nella giornata di oggi. Gli ennesimi ragazzi annegati nella traversata del Canale di Sicilia. Dal 1988 sono più di 15.000 le persone che hanno incontrato la morte lungo le frontiere dell'Europa, impossibilitate a viaggiare in aereo perché prive dei requisiti sempre più restrittivi che l'Unione europea impone per il rilascio di visti d'ingresso. Di seguito i dettagli della notizia. Per i dati consultate la pagina Fortezza Europa

Respinti a Benghazi


Viaggio a Benghazi, 16 marzo 2011

Notte di fuoco a Benghazi. Dopo la disfatta degli insorti a Ijdabiyah sotto gli incessanti bombardamenti dell'aviazione di Gheddafi, martedì sera la contraerea ha sparato per ore in pieno centro della città. E il cielo è stato illuminato a giorno dai traccianti, mentre in prossimità del porto sono stati esplosi anche candelotti di dinamite. Stavolta però nei paraggi non c'era nessun obiettivo del nemico. E ogni colpo sparato era una liberazione di gioia. Proprio così, per quanto assurdo possa sembrare, Benghazi ha fatto le ore piccole celebrando la vittoria che non c'è. Un vero e proprio delirio collettivo basato su una serie di notizie non ancora confermate secondo cui l'armata della rivoluzione adesso conterebbe su tre aerei che avrebbero affondato due navi militari e bombardato l'aeroporto di Sirte e le retrovie delle divisioni di Gheddafi a Ijdabiya, riconquistando la città. Mentre un quarto aereo si sarebbe addirittura schiantato dentro la caserma di Bab el Aziziya, il quartier generale di Gheddafi a Tripoli. Tutte notizie impossibili da verificare al momento, ma che hanno riportato l'entusiasmo in una piazza che fino a poche ore prima era terrorizzata al pensiero dell'assedio di Benghazi. Qualcuno però non ha capito che era tutto uno scherzo. E quando ha sentito la contraerea in azione per tutta la notte, si è spaventato a morte. Sono gli eritrei, gli etiopi e i somali respinti dall'Italia e finiti in mezzo alla guerra.

16 March 2011

Africanos expulsados de Europa en Bengasi

Traducido para Rebelión por Gorka Larrabeiti y Alma Allende

Noche a sangre y fuego en Bengasi. Después de la derrota de los insurgentes en Ijdabiya bajo el bombardeo incesante de la aviación Gadafi, el martes por la noche la antiaérea disparó durante horas en el centro de la ciudad. El cielo se iluminó de día por las ráfagas, mientras cerca del puerto estallaban también cartuchos de dinamita. Pero esta vez no había un objetivo enemigo en los alrededores. Cada disparo era una explosión de alegría. Tal cual. Por absurdo que pueda parecer, Bengasi festejó hasta la madrugada una victoria que no existe. Un verdadero delirio colectivo basado en una serie de noticias no confirmadas según las cuales el ejército de la revolución ahora contaría con tres aviones que habrían hundido dos buques de guerra, bombardeado el aeropuerto de Sirte y la retaguardia de las divisiones de Gadafi en Ijdabiya, recuperando la ciudad. Entre tanto un cuarto avión se habría estrellado contra Bab el Aziziya, cuartel general de Gadafi en Trípoli. Todas ellas eran noticias imposibles de contrastar en el momento y que, sin embargo, enardecieron de nuevo a unas calles que hasta unas horas antes estaba aterrada ante la idea del asedio de Bengasi. Hubo quien no entendió que todo era una broma. Y cuando se oyeron los disparos de la antiaérea durante toda la noche, se cogió un susto de muerte. Se trata de los eritreos, etíopes y somalíes que ha devuelto Italia y que han acabado en medio de la guerra.

Cosa state aspettando?


Viaggio a Benghazi, 15 marzo 2011

I guanti di lattice di Salim sono sporchi di sangue. Non riesco a dimenticare la scena. Uno a uno sceglie i brandelli di carne tra i vetri in frantumi dell'auto, una Daewoo Nubira. Sono il cervello di Wahid Elhasi, spappolato dalla scheggia di una delle centinaia di bombe sganciate oggi dall'esercito di Gheddafi sulla città di Ijdabiya. I ragazzi delle milizie non ci hanno lasciato passare per fotografare i crateri delle bombe sganciate dall'aviazione del regime. E adesso capiamo perché. I bombardamenti sono incessanti. Distinguiamo nitidamente un aereo, gira sopra le nostre teste, a alta quota, indisturbato, e a ogni passaggio sopra la periferia occidentale della città, sgancia un carico di bombe. Il frastuono delle esplosioni si alterna con i botti della contraerea, che però non riesce mai a colpire il bersaglio. A ogni bombardamento, le ambulanze dell'ospedale sgommano verso il fronte, che ormai è alla periferia della città, noncuranti del pericolo.

Grecia: ritrovati i corpi senza vita dei 13 bangladeshi annegati a Creta

Dopo dieci giorni di ricerche, la guardia costiera greca dell'isola di Greca ha recuperato i corpi senza vita di 13 dei 14 bangladeshi annegati in mare dopo che per evitare il rimpatrio si erano gettati in acqua dal traghetto Ionian King che li aveva evacuati dal porto di Bengasi. I dettagli della notizia sulla stampa greca.

15 March 2011

Libia: evacuati in Italia altri 56 eritrei

Seconda evacuazione umanitaria dalla Libia in una settimana. Il 14 marzo sera è atterrato a Crotone un altro aereo italiano che ha portato via da Tripoli e messo in salvo 56 cittadini eritrei e etiopi, tra cui 28 donne, 14 bambini e 14 uomini. L'Italia dei respingimenti per una volta si distingue in positivo, se ogni paese europeo facesse lo stesso, in una settimana sarebbero messi in salvo i circa 2mila eritrei e somali di Tripoli, che si trovano in queste ore bloccati tra due fuochi in un paese ormai in guerra civile.

Se questi sono mercenari


Un gruppo di africani neri, in abiti civili e disarmati, fatti prigionieri dai ribelli e indicati come un gruppo di mercenari. Chi sono in realtà? Che fine hanno fatto?
Durata 00:32
Caricato il 15 marzo 2011

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Dagli al mercenario! Lo sbarco degli eritrei a Tripoli


Dall'interno di un'automobile, l'autista riprende un gruppo di neri nelle strade di Tripoli e dice: "Sono eritrei, guarda, una grande barca di eritrei è arrivata oggi nel porto, sono sicuramente mercenari. Sono eritrei, sono scesi oggi, guarda". Ma le persone inquadrate sono vestite con abiti civili e sono disarmate
Durata 00:24
Caricato 15 marzo 2011

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¿Qué estáis esperando? Crónica desde Ijdabiya

Traducción para Rebelión de Alma Allende

Los guantes de látex de Salim están sucios de sangre. No puedo olvidar la escena. Uno a uno escoge los trocitos de carne entre los cristales pulverizados del auto, una Daewoo Nubira. Es el cerebro de Wahid Elhasi, disuelto por la metralla de una de las centenares de bombas lanzadas hoy por el ejército de Gadafi sobre la ciudad de Ijdabiya. Son las 11:30 del quince de marzo y acabamos de llegar a la línea del frente en Ijdabiya. Los muchachos de las milicias no nos han dejado pasar para fotografiar los cráteres de las bombas arrojadas por la aviación del régimen. Y ahora comprendemos por qué. Los bombardeos son incesantes. Distinguimos claramente un avión, gira sobre nuestras cabezas, a mucha altura, impasible, y cada vez que pasa sobre la periferia occidental de la ciudad, lanza una descarga de bombas. El estruendo de la explosión se alterna con las detonaciones de la antiaérea, que sin embargo no logra nunca alcanzar el blanco. A cada bombardeo, las ambulancias del hospital derrapan hacia el frente, que ahora está en la periferia de la ciudad, indiferentes al peligro.

Tunisia: naufragio sulla rotta per Lampedusa, 35 dispersi

A raccontarlo sono i cinque superstiti. Gli unici rimasti in vita dopo che la barca si è rovesciata buttando a mare tutti e 40 i passeggeri. Tutti ragazzi tunisini. I dispersi sarebbero 35. Il naufragio, confermato dalle autorità tunisine, è avvenuto la sera di lunedì 14 marzo intorno alle 23,00 al largo delle coste di Zarzis, sulla rotta per Lampedusa. Di seguito i dettagli della notizia.

14 March 2011

Mashreq va alla guerra


Viaggio a Benghazi, lunedì 14 marzo 2011

Mashreq ha 20 anni e non ha mai stretto prima un fucile tra le mani. Ma non c'è problema. È venuto qui apposta per imparare, insieme agli altri “volontari”, come li chiamano. Arrivano a Benghazi ogni giorno, da tutte le città della Cirenaica, per arruolarsi e difendere la popolazione dalla violenta repressione scatenata dalla famiglia Gheddafi. Funziona che chi ha un'arma e sa usarla va direttamente al fronte in macchina, per gli altri c'è una specie di centro di addestramento in città, dove imparare i rudimenti delle armi da fuoco. Perché i militari in servizio sono troppo pochi. I corsi si tengono all'aperto, nel piazzale della caserma “7 aprile”, rinominata per l'occasione “base dei martiri”. Stamattina c'erano almeno 500 ragazzi. C'è il gruppo della contraerea, quello dei lanciarazzi, ma anche quello più elementare dove si insegna a sparare con i vecchi kalashnikov del malridotto esercito libico della Cirenaica. Perché si parte proprio dall'abc. Ragazzi come Mashreq infatti non hanno la più pallida idea di cosa li aspetti al fronte.

Mashreq va a la guerra

Mashreq tiene veinte años y nunca antes había cogido un fusil entre las manos. Pero no es un problema. Ha venido aquí precisamente para aprender, junto a los otros “voluntarios”, como los llaman. Llegan a Benghazi cada día, desde todas las ciudades de la Cirenaica, para enrolarse y defender la población de la violenta represión desencadenada por la familia Gadafi. Quien tiene un arma y sabe usarla va directamente al frente en coche; para los otros hay una especie de centro de adiestramiento en la ciudad, donde aprenden los rudimentos de las armas de fuego. Porque los militares en servicio son muy pocos. Los cursos se imparten al aire libre, en el patio del cuartel “7 de abril”, renombrado para la ocasión “Base de los Mártires”. Esta mañana había al menos 500 jóvenes. Está el grupo de los antiaéreos, el de los lanza-obuses, pero también el más elemental donde se enseña a disparar con viejos kalashnikov del maltrecho ejército libio de la Cirenaica. Pues se trata solo del ABC. Los jóvenes como Mashreq no tienen la más pálida idea, en efecto, de lo que les aguarda en el frente.

13 March 2011

A Siracusa il primo radar anti sbarchi

Senza che nessuno se ne accorgesse, è già stato installato a tempo di record il primo radar anti-immigrati della Guardia di finanza. Un traliccio di 36 metri nel bel mezzo dell'area protetta del Plemmirio, a Siracusa. Ma il progetto è più ambizioso e prevede altri 17 siti dove saranno installati altrettanti radar. Finanzia tutto l'Unione europea, e Finmeccanica pensa al resto. I nuovi potentissimi radar serviranno a rafforzare la militarizzazione della frontiera sud della Fortezza Europa. Per capirci qualcosa di più, rilancio in rete un articolo comparso sul blog di Antonio Mazzeo, che sulla militarizzazione del territorio siciliano è uno dei massimi esperti in Italia.


I nipoti di Mukhtar


Viaggio a Benghazi, domenica 13 marzo 2011

Aytam ha 26 anni e sulla maglia ha ancora spillato il cartellino dei volontari del campo di addestramento di Benghazi. Sopra c’è scritto in arabo: “Base dei martiri del 17 febbraio. Noi non ci arrendiamo, vinciamo o ci sacrifichiamo”. È appena uscito dal campo militare a bordo di una Mazda rossa e ci fa segno dal finestrino di salire, che ci dà volentieri uno strappo fino al tribunale. Lui nelle brigate è entrato dopo la morte del fratello Mohamed, che di anni ne aveva appena compiuti 28. L'hanno ucciso durante il funerale di alcuni ragazzi ammazzati nei primi giorni della rivolta qui a Benghazi. La folla stava andando al cimitero, quando i cecchini sui tetti hanno aperto il fuoco. Era il 19 febbraio, quel giorno sono morti 15 ragazzi. Mohamed l'hanno colpito alla testa i cecchini appostati sul palazzo di là dalla strada.

Los nietos de Mujtar. Crónica desde Benghazi

Aytam tiene 26 años y sobre la camiseta tiene aún estampado el rótulo de los voluntarios del campo de entrenamiento de Benghazi. Encima se puede leer en árabe: “Base de los mártires del 17 de febrero. No nos rendimos, venceremos o nos sacrificaremos”. Acaba de salir del campo militar a bordo de un Mazda rojo y nos hace una señal por la ventana para que subamos, que nos lleva de buen grado al tribunal. Aytam entró en las brigadas tras la muerte de su hermano Mohamed, que había cumplido 28 años. Lo mataron durante el funeral de algunos de los jóvenes asesinados en los primeros días de la revuelta aquí en Benghazi. La multitud se dirigía al cementerio cuando los francotiradores desde los tejados abrieron fuego. Era el 19 de febrero; ese día murieron 15 muchachos. A Mohamed le dieron en la cabeza los francotiradores apostados sobre el edificio del otro lado de la carretera.

La carica dei volontari


Viaggio a Benghazi, domenica 13 marzo 2011

La signora Dhahiba è tornata in piazza anche oggi per chiedere l'istituzione di una No Fly Zone. Lei lavora come impiegata in una compagnia petrolifera di Benghazi, la Oil Ageco. Ma è per il figlio che è venuta a manifestare. Si chiama Aytam, ha 20 anni e non lo vede da tre giorni. È partito venerdì per il fronte, insieme agli altri “volontari”, così li chiamano. Arrivano a Benghazi ogni giorno, da tutte le città della Cirenaica, per arruolarsi e difendere la popolazione dalla violenta repressione scatenata dalla famiglia Gheddafi. Funziona che chi ha un'arma e sa usarla va direttamente al fronte in macchina, per gli altri c'è una specie di centro di addestramento in città, dove imparare i rudimenti delle armi da fuoco. La formazione si tiene nella vecchia caserma detta del “7 aprile”, ribattezzata “base dei martiri” dall'inizio della rivoluzione.

12 March 2011

Le ragazze di Benghazi


Viaggio a Benghazi, 12 marzo 2011

Ghalia Buzakuk ha 17 anni e va ancora al liceo. Ha il viso truccato, un filo di matita e un po' di lucidalabbra, come per le occasioni importanti. Perché per lei oggi è la prima volta che partecipa a una manifestazione di piazza. Bengasi, 12 marzo 2011. Da venti giorni la Cirenaica è libera. E questo è il quarto giorno che le ragazze di Benghazi scendono in piazza per chiedere alla comunità internazionale di imporre una No Fly Zone e fermare il gioco al massacro del colonnello Gheddafi. Ghalia in piazza non è da sola. È venuta con la sorella più grande, Ghada, laureanda in architettura all'università di Benghazi, e con la cugina Fatma, disoccupata dai tempi della laurea in geografia nel 2002. “Se tutti i ragazzi muoiono, andiamo noi al fronte!” dice eccitata mentre mi scrive su un foglio del taccuino il suo indirizzo su facebook. Siamo davanti al tribunale di Benghazi, dove ogni giorno si riunisce il consiglio transitorio degli insorti. Il corteo di circa duemila ragazze si è fermato qui. Dalla finestra affacciata sulla piazza, si alternano gli interventi al microfono. Un rappresentante dell'assemblea transitoria annuncia l'appoggio ufficiale della Lega Araba alla no fly zone. La piazza esplode in un grido di gioia. Dalla comunità internazionale non vogliono altro. Niente guerra umanitaria, né invasione del paese via terra. Soltanto un appoggio aereo. Per il resto sono tutti pronti a combattere. La folla ripete lo slogan: “Namutu shuhada' al-rijal wa al-nisa'”. Ovvero: moriremo martiri, uomini e donne.

11 March 2011

Spagna: un morto a Torremolinos

Il luogo di villeggiatura più grande della Spagna, un punto centrale della Costa del Sol, un mix di sole, mare e sabbia, particolarmente apprezzata dalla comunità omosessuale e snowbird, ricco di alloggi a prezzi estremamente convenienti. Così i siti turistici sponsorizzano la città di Torremolinos. Quello che nessuno dice però è che anche a Torremolinos i bagnanti ogni tanto fanno qualche macabra scoperta. L'ultima volta è successo ieri, 10 marzo, quando il corpo senza vita di un ragazzo è stato trovato nella spiaggetta di La Carihuela con ancora il giubbettino di salvataggio indosso. L'ultima vittima della fortezza Europa. Succede soltanto nel mare Mediterraneo. Che i luoghi del turismo di massa coincidano con le frontiere simbolo delle politiche più repressive della libertà di movimento. E che le spiagge più belle si affaccino su quel grande cimitero che è diventato il Mediterraneo. I dettagli della notizia sulla stampa spagnola.

Diario da Tripoli. Le voci dei somali bloccati in Libia

La paura di uscire di casa, le voci sui linciaggi dei neri scambiati per i mercenari di Gheddafi, l'occupazione dell'ambasciata a Tripoli e gli appelli alla comunità internazionale perché apra un corridoio umanitario per evacuarli. Filo diretto con la comunità somala a Tripoli. Per la prima volta riusciamo ad avere il polso della situazione dei rifugiati somali bloccati nella capitale libica, da tre settimane teatro di scontri tra le truppe di Gheddafi e la piazza dei ribelli. Si tratta di una sorta di diario da Tripoli, scritto da Asha Sabrie, che dal 17 febbraio tiene i contatti con i somali oltremare. Finora l'unica testata che se ne era occupata in Europa era stata l'edizione somala della radio della Bbc, sul cui sito si può scaricare l'audio di una telefonata a Tripoli, ovviamente in lingua somala.

10 March 2011

Io non respingo. Proiezione speciale di Come un uomo sulla terra

Gli autori e produttori di “Come un uomo sulla terra” e la Sezione Italiana di Amnesty International organizzano venerdì 11 marzo a Roma una proiezione speciale a ingresso gratuito del film di Andrea Segre, Dagmawi Yimer e Riccardo Biadene (prod. Asinitas-ZaLab 2008), che oltre due anni fa contribuì a rompere il silenzio sul Trattato Italia - Libia, raccontando le violenze perpetrate dalle forze di sicurezza di Gheddafi su centinaia di donne e uomini migranti ed evidenziando le responsabilità del governo italiano. Durante la serata, che si svolgerà alla Casa del Cinema (Largo Marcello Mastroianni 1, Sala Deluxe, dalle 20.30), interverranno tra gli altri Gabriele del Grande (Fortress Europe) in collegamento da Tunisi, Gino Barsella (Consiglio Italiano Rifugiati a Tripoli), don Mussie Zerai (Agenzia Habeshia) e Riccardo Noury (Amnesty International). Si tenterà inoltre di mettersi in collegamento con dei rifugiati eritrei a Tripoli e saranno presenti gli autori e i protagonisti del film.

09 March 2011

L'Italia evacua 58 eritrei dalla Libia. Atterrati ieri a Crotone

Sono atterrati ieri sera a Crotone a bordo di un C130 dell'aeronautica militare. Sono 58 eritrei di Tripoli. L'Italia ha finalmente accettato di evacuarli dalla Libia e di offrire loro asilo politico. Il gruppo è stato scelto sulla base della vulnerabilità dei casi. In tutto sono 21 famiglie: 17 uomini, 14 donne e 27 bambini. Si tratta di un precedente importantissimo. Se ognuno dei 27 Stati Membri dell'Unione europea facesse lo stesso, potrebbero essere evacuati in pochi giorni i 2.000 eritrei che si stima si trovino ancora bloccati a Tripoli. E con loro i somali, sulle cui presenze a Tripoli non ci sono stime certe. Entrambe le comunità infatti sono le più a rischio in questo momento di violenze nel paese libico. Mentre tutti gli altri possono infatti contare sulle proprie rappresentanze consolari, eritrei e somali non hanno nessuno che possa tutelarli in questo momento. I primi perché rifugiati politici perseguitati dal regime in patria. I secondi perché cittadini di uno stato al collasso dopo vent'anni di guerra civile, che semplicemente non ha istituzioni in grado di tutelarli. Per i dettagli dell'operazione, riportiamo di seguito il comunicato della Agenzia Habeshia, che ha collaborato al resettlement. Segnaliamo inoltre che domani mattina a Roma in piazza dei Santi Apostoli alle 10,00 gli eritrei della capitale organizzano una manifestazione per chiedere di evacuare tutti gli eritrei a rischio a Tripoli.

Class action contro il cie di Bari

Per la prima volta in Italia un tribunale civile nomina un perito per accertare le condizioni di detenzione in un centro di identificazione e espulsione. Succede in Puglia, grazie a una class action popolare contro il centro di identificazione e espulsione di Bari. A promuovere l'iniziativa è l'associazione Class Action Procedimentale, che ha presentato un ricorso davanti al tribunale civile di Bari riuscendo a ottenere un'importante ordinanza. Il presidente del tribunale civile di Bari, Vito Savino, ha infatti disposto un accertamento tecnico preventivo e ha ordinato l’ingresso nel centro di identificazione e espulsione di Bari dell’ingegnere Francesco Saverio Campanale, già provveditore alle opere pubbliche per il Lazio, Abruzzo e Sardegna, al fine di verificare se "lo stato, la condizione, l’organizzazione del centro di identificazione e di espulsione di Bari, puntualizzando se in base ai parametri propri della funzione a cui è adibito sia in grado di assicurare ai trattenuti necessaria assistenza e pieno rispetto della loro dignità; in caso di constatazione di negatività, evidenzi gli interventi necessari per eliminarle". Il perito presterà il giuramento all’Udienza del 28 marzo 2011.

08 March 2011

Telefonata a Zawiyah. Libici pronti a resistere. No alla guerra umanitaria!

Ho appena riagganciato il telefono con un amico libico di Tripoli, che nonostante gli scontri a fuoco quest'oggi è riuscito a entrare nella città di Zawiyah, dove da giorni si registrano scontri tra i mezzi dell'artiglieria pesante dell'esercito libico e la popolazione insorta, e a uscirne indenne. Mi ha descritto scene di devastazione. Le piazze, i muri, le strade, tutta la città è segnata dai colpi delle granate e dei proiettili. I feriti sarebbero molti, ma non è stato in grado di darmi delle cifre certe e ci sarebbero anche dei morti. Tuttavia la città sarebbe ancora in mano agli insorti.

Hanno espulso il papà di Tareq

CIAO SN MIRIAM... APENA CIANO KIAMATO. CIANO DT KE KABBOUR L'ANNO MANDATO AL MAROCCO. Hanno espulso il papà di Tareq, di cui avevo scritto ieri. La notizia me l'ha data sua sorella con questo sms. A lei l'hanno riferito i compagni di sezione di Kabbour al centro di identificazione e espulsione di Modena. L'hanno chiamata oggi pomeriggio, quando la polizia l'ha portato via. Gli agenti sono entrati dopo pranzo, senza nessun preavviso, gli hanno detto di prendere la sua roba e l'hanno scortato all'aeroporto, probabilmente a Bologna. Ad aspettarlo a Casablanca non ci sarà nessuno. Perché tutta la sua famiglia vive in Italia. I genitori, le sorelle, la moglie, l'ex compagna e suo figlio. Il ricorso che aveva tentato per lui l'avvocato Calisto Terra, di Gioia dei Marsi, è stato completamente inutile. Kabbour viveva in Italia da vent'anni, in un altro paese europeo avrebbe già avuto la cittadinanza. In Italia la legge gli vieta di vivere con la propria famiglia. Ma dove stiamo andando a finire?

قاموا بترحيل والد طارق

مرحباً أنا مريم.. بمجرد أن اتصلوا بنا، أخبرونا أن كابور قد قاموا بترحيله إلى المغرب. قاموا بترحيل والد طارق، الذي كتبت عنه بالأمس. من أخبرني بذلك هي أخته في هذه الرسالة القصيرة. ومن أخبرها هم زملاء كابور المحتجزين في مركز تحتد الهوية والترحيل في مودينا. اتصلوا بها عصر اليوم، عندما اقتادته الشرطة بعيداً. دخل رجال الشرطة بعد الغداء - دون سابق إنذار – وطلبوا منه أن يأخذ أغراضه، ثم اقتادوه إلى المطار، تقريباً في بولونيا. لن يكون هناك أحد في انتظاره في الدار البيضاء. فكل عائلته تعيش في إيطاليا. الوالدان، الأخوات، الزوجة، رفيقته السابقة وابنها. باتت كافة المحاولات التي قام بها المحامي كاليستو تيرا، من جويا دي مارسي، بالفشل. عاش كابور في إيطاليا لمدة عشرين عاماً، ولديه جنسية في بلدٍ أوروبي آخر. في إيطاليا يمنعه القانون من أن يعيش مع عائلته. ولكن أين سينتهي بنا المطاف؟

ترجمة: محمد نجيب سالم

Le père de Tarek est expulsé

BONJOUR SN MIRIAM ... APEN ON NOUS A APLE’, Y ZON DIT QUE KABBOUR A ETE RENVOYE AU MAROC. J’ai appris la nouvelle par ce message que sa sœur vient d’envoyer sur mon portable. Kabbour a été expulsé du centre d'identification et d’expulsion de Modène, en Italie. Les camarades de Kabbour le lui ont appris cet après-midi, lorsque la police l'emportait. Les agents sont arrivés après le déjeuner, sans aucun préavis, ils lui ont dit de prendre ses affaires et l’ont escorté jusqu'à l'aéroport, probablement à Bologne. A Casablanca il n’y aura personne pour l’attendre parce que toute sa famille vit en Italie. Ses parents, ses sœurs, son épouse, son ancienne petite amie et son fils. L'appel qu’avait tenté l'avocat Calisto Terre, de Gioia dei Marsi, a été complètement inutile. Kabbour vivait en Italie depuis vingt ans. Dans un autre pays européen il aurait déjà eu la naturalisation. En Italie, la loi lui interdit de vivre avec sa famille. Mais où allons-nous?

traduit par Veronic Algeri

They’ve expelled Tareq’s father

HI ITS MIRIAM…THEY JUST CALLD AND SAY THEY SEND KABBOUR TO MOROCCO… They’ve expelled Tareq’s father, who I wrote about yesterday. I received the news from his sister with this text message. She got the news from Kabbour’s fellow inmates at the Centre for Identification and Expulsion in Modena, Italy. They called her this afternoon, when the police took him away. The agents came in after lunch with no notice, told him to get his stuff and escorted him to the airport, probably in Bologna. There, waiting for him in Casablanca, was no one. Because his entire family lives in Italy. His parents, sisters, wife, ex partner and son. The appeal attempted by his attorney, Calisto Terra of Gioia de Marsi, was in utter vain. Kabbour had been living in Italy for twenty years; in any other European country he would already have gotten his citizenship. In Italy the law prohibits him from living with his family. Where are we headed?

translated by Camilla Gamba

07 March 2011

Il compleanno di Tareq

Il 15 marzo Tareq compie cinque anni. E spera tanto che per il suo compleanno papà torni a casa. Ormai non lo vede più da due mesi. “Ma dov’è andato papà, Tareq?”, gli chiedo. “A Avezzano”, mi risponde timidamente, per poi correre a nascondersi dietro le scale, inseguito dalla cuginetta Sara che lo corregge con il tono di una che la sa lunga: “Non è vero! È andato in Marocco!”. Dopo le iniziali risate, nel salotto della famiglia Abaziad scende un attimo di imbarazzo. Nessuno ha ancora spiegato ai bambini cosa è successo davvero. È che certe cose è difficile spiegarle ai più piccoli. Come si fa per esempio a dire a un bambino che nel 2011 esiste una legge in Italia che impedisce a un padre di vivere accanto al proprio figlio se non ha un foglio di carta che si chiama “permesso di soggiorno”. E che senza quel foglio di carta, i carabinieri vengono a casa, bussano forte alla porta, gridano e ti caricano sulla macchina come nei film per portarti in una specie di prigione lontano dalla tua famiglia e dalla tua città. No, meglio non far preoccupare i bambini, e lasciarli giocare come se niente fosse, nei prati di questo paesino abruzzese.

06 March 2011

Grecia: 3 morti e 16 dispersi tra i bangladeshi evacuati da Benghazi

Erano a bordo del Ionian King, insieme a altri 1.200 stranieri evacuati dalla città di Benghazi, in fuga dalle violenze, e pronti a riparare sull'isola greca di Creta in attesa di un volo con cui rimpatriare. Ma a differenza dei passeggeri cinesi, il gruppo di 46 bangladeshi ha avuto paura dell'espulsione, e allora si sono buttati in mare per tentare di fuggire ai controlli, una volta che la nave era entrata nel porto di Souda. Un gesto disperato che ha causato la morte per annegamento di 3 persone, altre 16 invece sono date per disperse. I dettagli della notizia sulla stampa greca.


Lungo i fiumi della frontiera

Sono almeno 398 le persone che hanno perso la vita tentando di attraversare i fiumi frontalieri di mezza Europa. Negli ultimi anni, la maggior parte delle vittime si registra nelle acque del fiume Evros, tra Turchia e Grecia, dove sono annegate almeno 205 persone. Ma in passato i fiumi più pericolosi sono stati l'Oder e il suo affluente Neisse, lungo i 470 km di confine tra Polonia e Germania, dove in 70 sono annegati. E poi i 33 morti nel Sava, al confine tra Bosnia e Croazia, e i 21 nel Morava, tra Slovacchia, Repubblica Ceca e Austria. Vittime anche lungo il Tisza, tra Ucraina e Ungheria, nel Danubio, tra Slovacchia e Austria, nell'Isonzo, tra Slovenia e Italia, e nel Reno in Svizzera. Un morto anche sulle rotte del mar Baltico verso l'isola di Gotland, in Svezia.

عيد ميلاد طارق


في الخامس عشر من مارس، سيتم طارق خمسة سنوات. ويأمل كثيراً أن يعود والده ليحضر عيد ميلادده. فهو لا يراه منذ أكثر من شهرين. "ولكن أين ذهب بابا يا طارق؟"، سألته. "إلى أفيتسانو"، أجابني بخجل، ثم أسرع ليختبيء وراء السلالم، فتبعته ابنة عمه سارة لتصحح – بنبرة العارف بالحقيقة - : "ليس صحيحاً! لقد ذهب إلى المغرب". وجد أبو زيد نفسه – بعد أن ابتسم في البداية – في موقف محرج. لم يقم أحد حتى الآن بإخبار الأطفال بما حدث حقيقةً. فبعض الأشياء يصعب شرحها للأطفال. فمثلاً كيف لي أن أخبر طفلاً بأن إيطاليا لديها في عام 2011 قانون يمنع الأب من العيش بجوار ابنه إذا لم يكن لديه ورقة تسمى "تصريح إقامة"، وأنه بدون هذه الورقة يأتي رجال الشرطة إلى المنزل، ويطرقون على الباب بقوة، وتعلوا أصواتهم، ثم يزجوا بك داخل سيارتهم - تماماً كما يحدث في الأفلام – ويحملونك إلى ما يشبه بالسجن بعيداً عن عائلتك ومدينتك. لا، من الأفضل ألا نقلق الأطفال، فلنتركهم يلهوا ويلعبوا - وكأن شيئاً لم يكن - في مراعي هذه القرية بأبروتسو.

L’Anniversaire de Tareq

Le 15 mars c’est le cinquième anniversaire de Tareq. Il faut espérer que pour son anniversaire son papa rentre à la maison, à Gioia dei Marsi, un village italien des Abruzzes. Maintenant cela fait deux mois qu’il ne l’a pas vu. « Mais où est-il ton père, Tareq? », je lui demande. «A Avezzano,» dit-il timidement, puis il court se cacher derrière l’escalier, poursuivi par sa cousine Sarah qui le corrige avec le ton de celle qui a tout compris: «Ce n'est pas vrai! Il est allé au Maroc.» Après le premier moment de fous rires, l’embarras tombe sur le salon de la famille Abaziad. Personne n'a encore expliqué aux enfants ce qui s'est réellement passé. C’est parce qu’il est difficile d'expliquer ce genre de choses aux enfants. Comment expliquer notamment à un enfant qu’en 2011 en Italie il y a une loi qui empêche à un père de vivre à côté de son fils s'il n'a pas un bout de papier qui s’appelle «permis de séjour » ?. Et que sans ce papier, la police vient à la maison, frapper fort à ta porte, te charger sur une voiture comme dans les films pour t’emmener dans une prison loin de ta famille et de ta ville. Non, il vaut mieux ne pas inquiéter les enfants et les laisser jouer comme si de rien n'était dans les parcs de ce village des Abruzzes.

Tareq’s birthday


On 15 March, Tareq turns five. And he’s really hoping that for his birthday daddy will come home. He’s not seen him for two months now. ‘But where is daddy, Tareq?’ I ask him. ‘In Avezzano’ (a city not far form Rome), he answers timidly, only to run and hide behind the stairs, chased by his little cousin Sara who corrects him with a tone of a little know-it-all. ‘That’s not true! He’s gone to Morocco!’ After the initial laughs, in the sitting room of the Abaziad family, there is a moment of awkwardness. No one has told the children what has really happened yet. It’s just that some things are difficult to explain to small children. How do you, for example, tell a child that in 2011 there is a law in Italy which prohibits a father from living with his own son if he does not have a paper called ‘residency permit’. And that without that piece of paper the police will come to your house, beat on the door, yell and load you in their car like in the movies to take you to a sort of prison far away from your family and your city. No, better not to upset the children, and let them play as if nothing were out of order, on the lawns of this small town in Abruzzo.

Il reportage di Fabrizio Gatti da Evros

Riproponiamo ai nostri lettori il reportage di Fabrizio Gatti, uscito per l'Espresso, sulla frontiera tra Turchia e Grecia, lungo il fiume Evros. Fabrizio ha raccolto anche delle informazioni importanti sulle vittime in frontiera, che sarebbero almeno 135 sul lato greco del fiume, seppelliti nel bosco di Sidirò, e altri 70 dal lato turco dell'Evros.

05 March 2011

Due dispersi al largo di Marsala. Strage evitata grazie ai pescatori

Ancora una tragica notizia dal Canale di Sicilia. Ieri il mare era grosso e quattro ragazzi sono finiti in mare durante il salvataggio di un'imbarcazione con 22 di tunisini a bordo. Per fortuna che sul posto si trovavano i pescatori mazaresi del motopesca Alcapa, che hanno prestato immediatamente soccorso e sono riusciti a salvare la vita a due dei quattro ragazzi. Gli altri due invece non ce l'hanno fatta e sono scomparsi tra le onde. Il mare è brutto e dopo 24 ore di ricerche a cui stanno partecipando i mezzi della Guardia di Finanza e della Guardia Costiera, non si è riusciti nemmeno a ritrovare i loro corpi. Ma siamo sicuri che a ucciderli sia stato il mare grosso? O piuttosto le nostre leggi di inospitalità? Di seguito i dettagli della notizia.

Torino: i tunisini sospendono lo sciopero della fame al Cie

Aggiornamento dal centro espulsioni di Torino. I trenta tunisini della sezione verde hanno sospeso oggi lo sciopero della fame, durato cinque giorni. La decisione è stata presa dopo che un ragazzo di Redeyef si è sentito molto male e ha vomitato sangue. Il bilancio della protesta è comunque positivo visto che ha portato alla pubblicazione di vari articoli sulla stampa, soprattutto su l'Unità. Ho inoltre informato personalmente due parlamentari sulla situazione, pur non riponendo troppe aspettative visto il momento politico, ma stiamo a vedere. Intanto i ragazzi tunisini del centro pur avendo ripreso a mangiare, continuano a chiedere di porre fine alla loro detenzione, che ritengono illegittima dal momento che la maggioranza dei seimila sbarcati a Lampedusa, sono di fatto lasciati liberi di viaggiare senza documenti verso la Francia, mentre solo una minoranza è rinchiusa nei centri di espulsione e ci rimarrà presumibilmente per i prossimi sei mesi, fra l'altro sapendo che molto probabilmente non saranno espulsi. Sia perché sono troppi per essere identificati in tempo utile dall'ambasciata tunisina, sia perché il governo transitorio tunisino non è abbastanza forte per giocarsi il consenso popolare accettando il diktat italiano di un'espulsione di massa.

04 March 2011

Guantanamo Italie. Sur Facebook la révolte des Tunisiens du centre d’expulsion de Turin

Ils sont arrivés à Lampedusa, sans bagages, mais ils ont apporté avec eux un peu de ce vent révolutionnaire qui secoue la Tunisie depuis le mois de décembre. Les ingrédients sont les mêmes: les mobilisations pacifiques et la communication sur les réseaux sociaux et sur la presse internationale. Ils sont à trente, des six mille Tunisiens arrivés à Lampedusa depuis le début de l'année. Ce sont des travailleurs directs en France où leurs familles les attendent pour les prendre en charge. Depuis bientôt trois semaines, ils sont renfermés dans le centre d'identification et d'expulsion (Cie) de Turin. Maintenant qu'ils ont compris qu’ils devront rester dans cette cage pendant encore six mois, et avec le risque d'être expulsés, ils ont organisé une manifestation. Dans le centre, ils ont déclaré une grève de la faim. Ils ont commencé à refuser leur nourriture mardi et aujourd'hui ils en sont à leur cinquième jour de jeun. Jeudi dernier, trois garçons se sont évanouis et deux autres ont eu un malaise. Ils sont tous très fatigués, mais ils se disent prêts à poursuivre leur protestation jusqu'au jour de leur libération. Et pendant ce temps, ils se sont organisés sur Internet.

Turin: grêve de la faim au centre d’expulsion


La tension monte au centre d'identification et d'expulsion de Turin. Après l'incendie qui a démoli toute une session, dimanche dernier, mettant hors service 30 places de la structure sur 180, maintenant c’est la fois d'une grève de la faim déclarée à outrance. Ici aussi, les protagonistes des émeutes, comme à Gradisca et à Modène, ce sont les Tunisiens qui ont été transférés de Lampedusa. Il s’agit de 104 personnes, tous des hommes, sur un total de 144 détenus. Ils arrivent de la ville de Zarzis, Gabès, Ben Guerdane, Djerba, les sites les plus touchés par la crise du tourisme qui a suivi la chute de Ben Ali. Ils ont commencé à refuser leur nourriture mardi et aujourd’hui ils entament leur quatrième journé de grève de la faim. Toute une section du centre expulsions adhère à l’initiative, une trentaine de personnes en tout. Déjà la nuit dernière, 3 personnes se sont évanouies, assistées par le personnel médical de la Croix-Rouge. Et ce matin, deux autres ont eu un malaise. Ils sont tous très fatigués, mais se disent prêts à poursuivre la grêve jusqu'au jour de leur libération.

On facebook the Tunisians’ protest from the Cie of Turin

They arrived at Lampedusa without suitcases, but they brought with them a bit of the revolutionary wind that has been shaking Tunisia since December. The ingredients are the same: peaceful mobilization and communication through social networks and international press. They are thirty of the six thousand Tunisians who arrived in Lampedusa since the beginning of the year. Workers heading towards France where the relatives are waiting and ready to take care of them. They have been detained for three weeks in the centre of identification and expulsion in Turin, and now that they’ve found out that they’ll have to stay locked up for other six months risking to be expelled, they’ve organised the protest. Inside the centre they proclaimed the hunger strike. They began refusing food last Tuesday and today it is the fifth day they’ve stopped eating. Thursday three of them fainted and two more felt unwell. They are all very tired, but they are determined to continue their protest until the day of their liberation. In the meantime they organised themselves on the internet.

Guantanamo Italia. Su facebook la protesta dei tunisini del Cie di Torino

Sono arrivati a Lampedusa senza valigie, ma si sono portati appresso un po' del vento rivoluzionario che da dicembre scuote la Tunisia. Gli ingredienti sono gli stessi: mobilitazioni pacifiche e comunicazione sui social network e sulla stampa internazionale. Loro sono trenta dei seimila tunisini arrivati a Lampedusa dall'inizio dell'anno. Lavoratori diretti in Francia dove i familiari li stanno aspettando pronti a farsene carico. Da ormai tre settimane sono reclusi nel centro di identificazione e espulsione di Torino, e adesso che hanno capito che dovranno restare in gabbia per altri sei mesi e con il rischio di essere espulsi, hanno organizzato la protesta. Dentro il centro hanno proclamato lo sciopero della fame. Hanno iniziato a rifiutare il cibo martedì e oggi è il quinto giorno che non mangiano. Giovedì sono svenuti tre ragazzi e altri due si sono sentiti male. Sono tutti molto stanchi, ma si dicono pronti a portare avanti la protesta fino al giorno della loro liberazione. E intanto si sono organizzati su internet.

Turin: hunger strike at the detention centre


The tension is very high at the centre of identification and expulsion of Turin. After the fire that broke out last Sunday devastating a whole section and rendering unusable 30 of the 180 places available at the facility, now there’s a hunger strike on an indefinite basis. Once again the protagonists of the riots, just like in Gradisca and in Modena, are the Tunisians who were transferred from Lampedusa. We’re talking about 104 people, all men, over a total of 144 detainees. They come from towns such as Zarzis, Gabes, Ben Guerdane, Djerba, which were the areas mostly struck by the crisis of tourism following the fall of Ben Ali.

Torino: sciopero della fame al centro espulsioni


TORINO - Tensione alle stelle al centro di identificazione e espulsione di Torino. Dopo l’incendio che domenica scorsa ha devastato un’intera sessione rendendo inagibili 30 dei 180 posti della struttura, adesso è la volta di uno sciopero della fame a oltranza. Anche qui i protagonisti delle rivolte, come a Gradisca e a Modena, sono i tunisini trasferiti da Lampedusa. Si tratta di 104 persone, tutti uomini, su un totale di 144 trattenuti. Arrivano dalle città di Zarzis, Gabes, Ben Guerdane, Djerba, le zone più colpite dalla crisi del turismo seguita alla caduta di Ben Ali. Hanno iniziato a rifiutare il cibo martedì e oggi entrano nel quarto giorno di sciopero della fame. Alla protesta aderisce un’intera sezione del centro espulsioni, ovvero una trentina di ragazzi. Già ieri sera sono svenute 3 persone, assistite dal personale medico della croce rossa. E questa mattina altri due si sono sentiti male. Sono tutti molto stanchi, ma si dicono pronti a portare avanti la protesta fino al giorno della loro liberazione.

03 March 2011

La chose la plus belle au monde c’est la liberté


«Ce n'est pas pour les conditions du centre, c’est pour la liberté. Je m’en fous de la façon dont on mange, tu vois? Ici c’est pas mal, mais pourquoi on doit rester enfermé comme des animaux?». Ali est un électricien de Zarzis, son oncle l’attendait à Paris. Mais maintenant, il ne sait plus si ni quand il y arrivera. «Je n’y comprends plus rien. Certains disent qu’on va rester ici pendant six mois, d’autres disent qu’on nous renvoie en Tunisie ". Centre d'identification et d'expulsion de Modène. Vendredi matin, le 25 février. Il manque encore deux jours avant les émeutes de dimanche. Et la préfecture m'a autorisé à visiter le centre. En insistant un peu, j'ai finalement obtenu le feu vert pour l'entrée dans les modules où sont enfermés les Tunisiens qui ont été tranférés de Lampedusa ces dernières semaines.

Freedom is the most beautiful thing in the world


“It’s not so much for the conditions at the centre, it’s for freedom. What do I care about how we eat, you see here everything is fine, but why do they have to keep us locked up like animals?” Ali is an electrician from Zarzis; his uncle was waiting for him in Paris. But at this point, not even he knows if and when he will get there. “Nobody understands anything. Some say they keep you in for six months, others that they send you back to Tunisia”. Detention centre of Modena. It is Friday morning, 25th February. There are still two days to go until Sunday’s riot. And the Prefecture authorized me to visit the centre. By insisting a little I finally managed to get access to the sections where the Tunisians have been transferred to and from Lampedusa in the past weeks.

La cosa più bella al mondo è la libertà


“Non è per le condizioni del centro, è per la libertà. Che me ne importa di come si mangia, lo vedi qui è a posto, ma perché ci devono tenere rinchiusi come animali?”. Ali è un elettricista di Zarzis, suo zio l'aspettava a Parigi. Ma a questo punto non sa più neanche lui se e quando arriverà. “Non si capisce niente. C'è chi dice che ti tengono dentro sei mesi, chi dice che ti rimandano in Tunisia”. Centro di identificazione e espulsione di Modena. È la mattina di venerdì 25 febbraio. Mancano ancora due giorni alla rivolta di domenica. E la prefettura mi ha autorizzato a visitare il centro. Con un po’ di insistenza ho finalmente ottenuto l’ok per l’ingresso nei moduli dove sono reclusi i tunisini trasferiti da Lampedusa nelle settimane scorse.

02 March 2011

La révolte des Tunisiens dans les centres d’expulsion. Les photos exclusives de Gradisca


Après deux jours de révolte, jeudi et vendredi dernier, le Cie (centre d’identification et d’expulsion) de Gradisca est littéralement démoli. Il ne reste plus qu’une cellule pour 100 détenus, et de nombreuses personnes sont obligées de manger et dormir par terre au froid, renversées dans les couloirs et dans les locaux de la cantine, où elles restent enfermées toute la journée avec une seule toilette à disposition. Aujourd’hui nous sommes en état de vous montrer les images exclusives de cette dégradation. Ce sont des photographies prises avec un téléphone portable par quelqu’un qui se trouvait au bon moment au bon endroit et qui a pensé à nous les envoyer. Il s’agit d’une toute première fuite d’informations qui confirme à quel point la situation soit grave. Les révoltes ont démoli la structure, mais les autres centres d’expulsion sont au complet et tout transfert est donc impossible. Le choix le plus logique serait de libérer les détenus de Gradisca. Et en effet dimanche les départs auraient dû commencer, mais par la suite un contreordre a dû arriver des hautes sphères parce que tout a été bloqué à la dernière minute et finalement six personnes seulement sur 13 à qui on avait dit de se prépararer sont parties.

Tunisians’ revolt at the deportation centres. Exclusive photos


After two days of riots, last Thursday and Friday, the identification and deportation centre of Gradisca is literally out of service. There’s only one cell left for 100 detainees, and many are forced to eat and sleep rough on the floor, cramped in the corridors and in the dining hall, where they are all locked up the entire day, with just one toilet available. Today we are able to show you the exclusive images of this degradation.

I mercenari in borghese


Un gruppo di 12 maliani, in abiti civili e disarmati, catturati dai ribelli a Zintan vengono interrogati in inglese davanti a una telecamera. Chi sono per davvero? E che fine hanno fatto?
Durata 02:18
Caricato il 2 marzo 2011

Guarda gli altri video

Tunisini in rivolta nei centri di espulsione. Le foto esclusive del cie di Gradisca


Dopo due giorni di rivolte, giovedì e venerdì scorsi, il centro di identificazione e espulsione di Gradisca è letteralmente fuori uso. Resta una sola cella a disposizione per 100 reclusi, e molti sono costretti a mangiare e a dormire per terra e all’addiaccio, ammassati nei corridoi e nei locali della mensa, dove sono tenuti rinchiusi tutti il giorno, e con un unico bagno a disposizione. Oggi in esclusiva siamo in grado di mostrarvi le immagini di questo degrado. Sono fotografie scattate con un telefonino da qualcuno che si trovava nel posto giusto al momento giusto e che ha pensato bene di spedircele. Una prima fuga di notizie che conferma quanto grave sia la situazione. Le rivolte hanno devastato la struttura, ma gli altri centri di espulsione sono pieni e quindi ogni trasferimento è impossibile. La scelta più logica sarebbe di rilasciare i detenuti di Gradisca. E infatti domenica dovevano iniziare le partenze, ma poi deve essere arrivato un contrordine dai vertici perché hanno bloccato tutto all’ultimo minuto e alla fine ne sono usciti solo sei su 13 a cui era stato detto di prepararsi. E che non si respiri una buona aria tra forze di polizia e ministero lo dice il fatto che per il 3 marzo il sindacato Ugl polizia ha indetto un sit in sotto la questura di Gorizia proprio per discutere del cie di Gradisca. Ma in Friuli i problemi al centro espulsioni non sono cosa nuova. Ormai è almeno da un anno e mezzo che le cose vanno molto male. Per chi se l'è perso, riguardatevi il video del pestaggio della polizia contro i detenuti in rivolta. La data è del 21 settembre 2009. Ma ricordare fa bene. Soprattutto quando sono fatti così gravi. anche perché, come purtroppo possiamo immaginare, nessuno ha pagato per quelle violenze. Stavolta però le proteste dei tunisini sono uscite da Gradisca, e ormai le prime avvisaglie di rivolte sono scoppiate in tutta Italia, fino in Sicilia.

Ceuta: muore annegato un 16enne alla frontiera d'Europa

Ancora una vita finita anzitempo. Ancora una morte di quelle che lasciano senza parole. Anche perché questa volta si tratta di un ragazzino. Pare avesse sui sedici anni. Un adolescente. Che anziché andare a scuola e uscire con gli amici stava tentando di bruciare la frontiera. E' morto annegato la notte tra venerdì e sabato scorso, tentando di raggiungere a nuoto, via mare, la città di Ceuta, una delle due enclave spagnole sul territorio marocchino. Di lui non si conosce il nome né l'origine. Un altra vittima senza nome di questa sporca frontiera. E adesso chi spiegherà a sua madre come si muore a 16 anni alle porte d'Europa?
Di seguito i dettagli della notizia sulla stampa spagnola.

01 March 2011

Le voyage des Tunisiens continue. De Bari à Vintimille, poursuivant l’aventure

Ils voyagent sans valises et avec des vêtements trop légers pour l’hiver du Nord. Ils quittent l’Italie. Ce sont les Tunisiens qui ont débarqué ces dernières semaines à Lampedusa. En deux seulement semaines, 1.400 personnes au moins seraient partis, sans trop se faire remarquer. À la gare de Bari ça n’arrête pas. Tous les trains sont bons. Mais la destination est une seulement: la France. Il y en a qui préfèrent prendre un tgv, il paraît que sur les trains des riches il y a moins de contrôles. Il y en a d’autres qui attendent les trains nocturnes de ceux qui font la navette. Je pars avec eux. Wagon 19. Dès que le train commence à bouger sur les rails, j’entends qu’on m’appelle par mon prénom, dans le couloir: “Gabriele!”. C’est Walid, un des jeunes de Zarzis que j’ai rencontré à Lampedusa. Il m’invite à m’asseoir dans son compartiment.

In tempi non sospetti. Quando della Libia parlavamo in solitario

Nei giorni in cui ormai anche il governo italiano ha scaricato il vecchio amico Gheddafi, vale la pena ricordare con quanta premura il ministro La Russa spedì a Tripoli le frecce tricolori, poco più di un anno fa, per festeggiare il patto d'amicizia col dittatore libico. E vale la pena ricordare con quanto ardore il ministro Maroni abbia difeso i respingimenti in Libia, già a suo tempo negoziati dal governo Prodi e dal ministro Amato e in seguito difesi a spada tratta dai vari Fassino e Chiamparino... Facile oggi scaricare il regime di Gheddafi come criminale. Ma negli annali di storia resterà traccia della politica dei governi passati. Questo blog denuncia da ormai quattro anni i crimini della polizia di Gheddafi commessi sulla pelle dei tanti viaggiatori che dalle sabbie del Sahara raggiungevano la Libia per poi proseguire via mare verso Lampedusa. Arrestati, vessati e torturati dagli uomini del regime che l'Italia aveva promosso a fidati cani da guardia del cortile europeo. Non abbiamo avuto molto ascolto in questi anni. Adesso che tutti i riflettori sono puntati su Tripoli, proviamo a rilanciare quelle notizie. Di seguito trovate tutte le nostre pubblicazioni sulla Libia. Il primo rapporto del 2007, il viaggio a Tripoli nel 2008, l'audiodocumentario di Herzog, il film "Come un uomo sulla terra", le telefonate nei campi di detenzione, tutte le inchieste fatte al tempo dei respingimenti e la campagna "Io non respingo". Aiutateci a diffonderle in rete. E che nessuno dei nostri politici adesso giochi al nonlosapevo.

The Tunisians’ journey continues. From Bari to Ventimiglia, looking for adventure

They travel without luggage and wearing clothes far too light for the northern winter. They leave Italy. They are the Tunisians who landed in the past weeks at Lampedusa. In two weeks over 1400 of them have left without attracting too much attention. It is non-stop at the station of Bari. Every train is the right one. There is only one destination: France. Some prefer to catch the eurostar trains, they say that on the trains for the rich people there are fewer controls. Others wait for the night trains of the commuters. I travel with me. Car number 19. As soon as the train starts moving, I hear somebody calling my name in the corridor: “Gabriele!” It is Walid, one of the young men from Zarzis whom I have met at Lampedusa. He invites me to sit in their compartment. I introduce myself to Ridha and to Ahmed, they too are from Zarzis. A fourth young man sleeps with his mouth wide open and his face glued to the window. They have a long journey ahead of them.

رحلة التونسيين مستمرة. من باري إلى ڤانتيمي، يتابعون مغامرتهم

إنهم يسافرون دون حقائب و بملابس أخف من أن تستحمل شتاء الشمال. إنهم يغادرون إيطاليا. إنهم التونسيون الذين بلغوا لامبدوسا خلال الأسابيع الأخيرة. في غضون أسبوعين فقط، 1400 شخص على الأقل غادروا دون أن يتم الإنتباه إليهم. فلولهم لا تنتهي في محطة باري. جميع القطارات تفي بالغرض، و الوجهة واحدة: فرنسا. منهم من يفضل استقلال القطار فائق السرعة، حيث يبدو أن دوريات المراقبة تكون أقل صرامة في قطارات الأغنياء. و منهم من ينتظر القطارات الليلية المخصصة للمسافرين الٳعتياديين. سوف أرافقهم. العربة 19. ما أن شرع القطار في التحرك على سكته، حتى سمعت أحدهم يناديني باسمي، في الرواق. "ڭابرييلي!". كان هذا وليد، أحد شباب جرجيس الذين التقيت بهم في لامبدوسا. ثم عرض علي الجلوس في مقصورته.


Il negozio bruciato dei sudanesi


"Black Africans in Libya live in fear", servizio televisivo di Al Jazeera English sulla storia di un gruppo di sudanesi di Benghazi il cui negozio è stato dato alle fiamme dai ribelli come ritorsione contro la comunità nera della città.
Durata 2:09
Caricato l'1 marzo 2011

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Bologna: il video dell'invasione pacifica del Cie


Il primo marzo 2011 un corteo pacifico invade il centro di identificazione e espulsione di Bologna, portando solidarietà ai reclusi.

Il viaggio dei tunisini continua. Da Bari a Ventimiglia, inseguendo l'avventura

Viaggiano senza valigie e con vestiti troppo leggeri per l'inverno del nord. Vanno via dall'Italia. Sono i tunisini sbarcati nelle settimane scorse a Lampedusa. In due settimane se ne sono andati almeno 1.400, senza dare troppo nell'occhio. Alla stazione di Bari è un continuo. Ogni treno è quello buono. La destinazione è una sola: la Francia. Alcuni preferiscono prendere gli eurostar, dicono che sui treni dei ricchi ci sono meno controlli. Altri aspettano i treni notturni dei pendolari. Io viaggio con loro. Carrozza 19. Non appena il treno si muove sui binari, mi sento chiamare per nome dal corridoio: “Gabriele!”. È Walid, uno dei ragazzi di Zarzis che ho conosciuto a Lampedusa. Mi invita a sedere nel loro scompartimento. Mi prensento a Ridha e a Ahmed, anche loro di Zarzis. Un quarto ragazzo dorme con la bocca spalancata e la faccia stampata al finestrino. Li aspetta un lungo viaggio. Arriveranno a Ventimiglia all'una del pomeriggio, dopo un cambio a Tortona. E da lì continueranno in automobile con un contrabbandiere tunisino fino a Toulon, da dove ognuno poi prenderà la sua strada. Il prezzo per il passaggio senza documenti della frontiera francese è di 400 euro a testa. Un po' caro, ma meglio non correre rischi visto che la polizia francese ha intensificato i controlli sui treni e nelle stazioni di Cannes e Nice. Le autorità italiane lasciano fare.