Per la prima volta in Italia un tribunale civile nomina un perito per accertare le condizioni di detenzione in un centro di identificazione e espulsione. Succede in Puglia, grazie a una class action popolare contro il centro di identificazione e espulsione di Bari. A promuovere l'iniziativa è l'associazione Class Action Procedimentale, che ha presentato un ricorso davanti al tribunale civile di Bari riuscendo a ottenere un'importante ordinanza. Il presidente del tribunale civile di Bari, Vito Savino, ha infatti disposto un accertamento tecnico preventivo e ha ordinato l’ingresso nel centro di identificazione e espulsione di Bari dell’ingegnere Francesco Saverio Campanale, già provveditore alle opere pubbliche per il Lazio, Abruzzo e Sardegna, al fine di verificare se "lo stato, la condizione, l’organizzazione del centro di identificazione e di espulsione di Bari, puntualizzando se in base ai parametri propri della funzione a cui è adibito sia in grado di assicurare ai trattenuti necessaria assistenza e pieno rispetto della loro dignità; in caso di constatazione di negatività, evidenzi gli interventi necessari per eliminarle". Il perito presterà il giuramento all’Udienza del 28 marzo 2011.
Su internet si trova il testo dell'ordinanza del Tribunale di Bari e un'intervista a Luigi Paccione, uno dei promotori che spiega come è nata l'iniziativa. Sulla questione è già stata presentata una interrogazione parlamentare di Ginefra. Segnaliamo infine che il Comune di Bari e la Regione Puglia si sono costituiti parte civile nel processo, aderendo alle posizioni di Class Action Procedimentale.
A sostegno delle tesi della denuncia, vale la pena rileggere le nostre inchieste sui pestaggi nel cie di Bari degli anni passati, li potete rileggere navigando l'etichetta Cie Bari. Allo stesso tempo però attenzione a non dimenticare l'aspetto più importante della questione cie, che non è tanto quello delle condizioni di detenzione quanto quello della violenza istituzionale. Arriverà un giorno in cui avremo i centri di identificazione e espulsione a cinque stelle, i soldi non mancano. Già in alcuni cie, come a Modena, c'è il menu personalizzato, le pulizie in camera, lo shampoo antiforfora, una struttura progettata su misura. Ma rimane la violenza istituzionale. Come quella che ha appena decretato l'espulsione del papà di Tareq, espulso in Marocco nonostante vivesse da una vita in Italia.