Aeroporto di Lampedusa. Ore sedici. Arrivano a gruppetti di dieci, in fila indiana, non hanno valigie e sono scortati dalla polizia. Camminano fieri e a testa alta, ma sul volto trapela l'emozione. Per molti infatti è la prima volta che salgono su un aereo. Sono i ragazzi tunisini sbarcati sull'isola. Sono a Lampedusa da due settimane. E finalmente hanno ottenuto il trasferimento nei centri di accoglienza di Bari e Crotone. Dalla parete a vetri si vede l'aereo della Eurofly che effettuerà il volo. In mezzo a loro ci sono dei ragazzini che non dimostrano più di quindici o sedici anni. Hanno diritto a essere accolti in un centro per minori. Ma al diritto preferiscono l'avventura. Anche perché è più sicura. Per la legge sono minori non accompagnati. Ma sulle barche con cui sono arrivati non erano da soli. C'è chi è venuto col fratello, chi con lo zio, e chi con gli amici del quartiere. Gente di cui si fidano ciecamente, e con cui continueranno il viaggio, verso la Francia. Hanno facce emozionate. E fissano il metal detector come se fosse l'ennesima sfida. Neanche fosse un rito di iniziazione. Una volta passati di là dai controlli e saliti sull'aereo, si diventa uomini. Si diventa stranieri, la vita sarà dura, tutti lo sanno, ma è per lottare che sono partiti.
E fa sorridere che faccia quasi più timore l'aereo del viaggio in mare. Neanche Reda sa bene che effetto gli farà volare. Eppure di esperienze ne ha fatte nella vita. Tre anni in Libia, tra Khums e Misratah a lavorare come pescatore. Poi il ritorno in Tunisia a Zarzis con un lavoro a tempo pieno come portiere nell'agenzia italiana del Blu Club Diana, con i turisti. E infine la decisione di partire. Improvvisa e avventurosa. Dalla prima volta che ne hanno parlato in un bar del quartiere al giorno in cui hanno preso il largo, sono passate 72 ore. E hanno fatto tutto da soli. Niente samsara, niente intermediari. E lui lo sa bene perché la barca l'ha guidata. Era l'unico pescatore e l'unico quindi in grado di farlo. Me lo ha raccontato insieme agli altri passeggeri dell'imbarcazione. Tutti amici e vicini di casa. Hanno fatto una colletta per le spese, hanno comprato una barca con un motore 45 cavalli e ci sono saliti in 29. Per il viaggio, scherza oggi Reda, le scorte indispensabili sono tre: il carburante per il motore, l'acqua per bere e un po' di hashish per rilassarsi. E lui ne avrà avuto parecchio bisogno, visto che sono rimasti in mare 40 ore, senza bussola e con il gps scarico di batterie dopo i primi due giorni. Dice che per non far preoccupare gli altri, abbia fatto finta di niente, e abbia raccontato la verità solo dopo aver raggiunto con grande fortuna il porto di Lampedusa.
E viene da dirgli grazie. Grazie di essere partiti lo stesso, grazie di aver violato le leggi. Perchè nel mondo contemporaneo, fatto di centinaia di milioni di persone che ogni giorno viaggiano da un angolo all'altro del pianeta per lavoro, studio, famiglia, piacere o amore, è così antistorica l'idea di impedire alla gente di potersi spostare. In un mondo dove ognuno di noi ha relazioni affettive, lavorative o identitarie con qualcuno o qualcosa dall'altra parte del mondo, è antistorico che qualcuno possa spostarsi e altri no. E allora benvenuti ragazzi e buona fortuna. Perché il viaggio continua.
Reda, il portiere pescatore di Zarzis, è diretto in Francia. Si è appena fatto spedire 200 euro dal fratello che sta a Parigi alla posta di Lampedusa con un prestanome italiano. Serviranno per il biglietto del treno fino a Ventimiglia. Yassin invece si ferma a Milano e lì lo viene a prendere la sua fidanzata francese, Marie. Si sono conosciuti a Zarzis, quando lei era in vacanza. Mi mostra un sms, in francese, dice: “Amore meglio che mi aspetti a Milano, mi manchi, baci”. E poi c'è Mohamed che la ragazza l'ha lasciata in Olanda. Sì perché lui in Europa c'è già stato, si è fatto due anni a Parigi prima di essere espulso. E poi c'è Amr, che è un altro dell'equipaggio di Zarzis di Reda. Lui però è l'unico che rimarrà in Sicilia. A Palermo vive il fratello. E lo ospiterà lui appena arrivato. Intanto si arrangia con i risparmi che si è portato dietro. Duecento dinari, più o meno cento euro, in banconote di piccolo taglio, stropicciate dai troppi giorni tenute in tasca.
Altri Reda, altri Mohamed, altri Yassin e altri Amr arriveranno nei prossimi giorni, quando il mare tornerà bello. Perché oggi mette mare molto mosso, con vento di 40 nodi e onde di tre o quattro metri. Le ultime due barche le hanno soccorse ieri al largo dell'isola. Una con 197 persone, tra cui tre donne incinte, e l'altra con 36 uomini, salvati da un peschereccio di Mazara del Vallo poche ore prima che il mare si facesse davvero pericoloso.
E fa sorridere che faccia quasi più timore l'aereo del viaggio in mare. Neanche Reda sa bene che effetto gli farà volare. Eppure di esperienze ne ha fatte nella vita. Tre anni in Libia, tra Khums e Misratah a lavorare come pescatore. Poi il ritorno in Tunisia a Zarzis con un lavoro a tempo pieno come portiere nell'agenzia italiana del Blu Club Diana, con i turisti. E infine la decisione di partire. Improvvisa e avventurosa. Dalla prima volta che ne hanno parlato in un bar del quartiere al giorno in cui hanno preso il largo, sono passate 72 ore. E hanno fatto tutto da soli. Niente samsara, niente intermediari. E lui lo sa bene perché la barca l'ha guidata. Era l'unico pescatore e l'unico quindi in grado di farlo. Me lo ha raccontato insieme agli altri passeggeri dell'imbarcazione. Tutti amici e vicini di casa. Hanno fatto una colletta per le spese, hanno comprato una barca con un motore 45 cavalli e ci sono saliti in 29. Per il viaggio, scherza oggi Reda, le scorte indispensabili sono tre: il carburante per il motore, l'acqua per bere e un po' di hashish per rilassarsi. E lui ne avrà avuto parecchio bisogno, visto che sono rimasti in mare 40 ore, senza bussola e con il gps scarico di batterie dopo i primi due giorni. Dice che per non far preoccupare gli altri, abbia fatto finta di niente, e abbia raccontato la verità solo dopo aver raggiunto con grande fortuna il porto di Lampedusa.
E viene da dirgli grazie. Grazie di essere partiti lo stesso, grazie di aver violato le leggi. Perchè nel mondo contemporaneo, fatto di centinaia di milioni di persone che ogni giorno viaggiano da un angolo all'altro del pianeta per lavoro, studio, famiglia, piacere o amore, è così antistorica l'idea di impedire alla gente di potersi spostare. In un mondo dove ognuno di noi ha relazioni affettive, lavorative o identitarie con qualcuno o qualcosa dall'altra parte del mondo, è antistorico che qualcuno possa spostarsi e altri no. E allora benvenuti ragazzi e buona fortuna. Perché il viaggio continua.
Reda, il portiere pescatore di Zarzis, è diretto in Francia. Si è appena fatto spedire 200 euro dal fratello che sta a Parigi alla posta di Lampedusa con un prestanome italiano. Serviranno per il biglietto del treno fino a Ventimiglia. Yassin invece si ferma a Milano e lì lo viene a prendere la sua fidanzata francese, Marie. Si sono conosciuti a Zarzis, quando lei era in vacanza. Mi mostra un sms, in francese, dice: “Amore meglio che mi aspetti a Milano, mi manchi, baci”. E poi c'è Mohamed che la ragazza l'ha lasciata in Olanda. Sì perché lui in Europa c'è già stato, si è fatto due anni a Parigi prima di essere espulso. E poi c'è Amr, che è un altro dell'equipaggio di Zarzis di Reda. Lui però è l'unico che rimarrà in Sicilia. A Palermo vive il fratello. E lo ospiterà lui appena arrivato. Intanto si arrangia con i risparmi che si è portato dietro. Duecento dinari, più o meno cento euro, in banconote di piccolo taglio, stropicciate dai troppi giorni tenute in tasca.
Altri Reda, altri Mohamed, altri Yassin e altri Amr arriveranno nei prossimi giorni, quando il mare tornerà bello. Perché oggi mette mare molto mosso, con vento di 40 nodi e onde di tre o quattro metri. Le ultime due barche le hanno soccorse ieri al largo dell'isola. Una con 197 persone, tra cui tre donne incinte, e l'altra con 36 uomini, salvati da un peschereccio di Mazara del Vallo poche ore prima che il mare si facesse davvero pericoloso.