31 August 2008

Israele: nuove deportazioni di rifugiati in Egitto

CAIRO, 31 agosto 2008 - Israle ha deportato, nell'ultimo mese, decine di rifugiati africani in Egitto, dove rischiano di passare mesi in condizioni inumane di detenzione per poi essere rimpatriati. I migranti erano stati fermati dall'esercito israeliano lungo il confine con l'Egitto sulla penisola del Sinai. Lo sostiene un articolo dell'agenzia stampa Reuters, che cita fonti delle forze dell'ordine egiziane. I deportati sarebbero 48, di nazionalità eritrea, sudanese e senegalese. L'Egitto è accusato da Amnesty International di aver rimpatriato 1.200 richiedenti asilo politico eritrei nel mese di giugno 2008. Fonti dell'esercito israeliano hanno confermato la notizia e aggiunto che altri 27 migranti fermati lungo il confine con l'Egitto saranno presto deportati.

Israel deports African migrants to Egypt in crackdown

By Cynthia Johnston, Reuters

CAIRO, Aug 31 2008 (Reuters) - Israel has forcibly returned to Egypt dozens of African migrants who had slipped into the Jewish state, and rights activists say they fear some are refugees who risk torture if Egypt sends them home as expected. Egyptian security sources said Israel had returned 48 migrants of Eritrean, Sudanese and Senegalese nationality to Egypt this month, and that Cairo planned to deport them all. The Israeli returns come as Egypt is under scrutiny by rights groups over its deportations of up to 1,200 Eritrean asylum seekers in June. The United Nations objected to the deportations, saying the Eritreans could face torture at home. "It's clearly a flagrant violation of international law," Hossam Bahgat, head of the Egyptian Initiative for Personal Rights, said of the Israeli move. He said the returns meant the migrants were now certain to be deported by Egypt "to countries where they face a serious threat of detention, torture and even the death penalty".

22 August 2008

Canale di Sicilia: tornano i respingimenti in Libia

MODICA, 22/08/08 – Di nuovo respingimenti in Libia. 48 migranti, soccorsi da un peschereccio spagnolo nelle acque del Canale di Sicilia, sono stati riportati nel porto di Tripoli la notte del 20 agosto 2008. Alle 11:45 del mattino il Centro di coordinamento per il soccorso in mare (Mrcc) italiano avrebbe informato l’Mrcc maltese che un peschereccio italiano, il Marve, aveva incrociato una imbarcazione carica di migranti alla deriva. Subito dopo, il peschereccio spagnolo Punta Aljibe, ha preso a bordo i 50 passeggeri, tra i quali si trovava un neonato. Alle 18:15 il peschereccio spagnolo ha chiesto l’intervento di un medico perché due dei passeggeri erano in cattive condizioni di salute. L’Mrcc ha quindi chiesto al peschereccio di avvicinarsi a Malta, mentre le unità italiane di base a Malta con la missione Frontex, inviavano un elicottero AB212, che prendeva a bordo i due passeggeri e li trasportava d’urgenza all’ospedale Mater Dei, a Malta, atterrando alle 22:10 all’aeroporto di Luqa. Dopodichè veniva dato l’ordine al peschereccio di invertire la rotta e scortare al porto di Tripoli gli altri passeggeri.

21 August 2008

Egitto: Amnesty chiede un'indagine sui morti del Sinai

IL CAIRO, 21 agosto 2008- Migranti e rifugiati politici uccisi, arrestati e deportati in paesi dove rischiano abusi e torture. Queste le durissime accuse di Amnesty International all'Egitto, in un rapporto appena pubblicato. Amnesty chiede al governo egiziano di fermare gli omicidi lungo la frontiera israeliana con il Sinai, dove almeno 20 migranti sono stati uccisi dall'inizio del 2008 sotto gli spari della polizia egiziana. L'ultima vittima il 19 agosto. Un sudanese di 27 anni. All'Egitto, Amnesty chiede anche di bloccare le deportazioni verso l'Eritrea, in linea con le raccomandazioni dell'Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite (Unhcr).

Torino e Milano: ancora rivolte nei Cie

TORINO, 21 agosto 2008 - Nella notte tra il 17 e il 18 agosto, una breve sommossa fa di nuovo tremare le gabbie del Centro di identificazione e espulsione di corso Brunelleschi a Torino: è la prima volta, da quando, esattamente due settimane fa, oltre ai cancelli è arrivato l’esercito. Questa la cronaca, raccolta in diretta da alcuni antirazzisti solidali e pubblicata dal sito Macerie, ricchissimo di materiale sul cpt di Torino. Lo scorso 25 maggio, il cittadino marocchino Hassan Nejl era morto all'interno del Cie, per la mancata assistenza medica.

Sempre più minori non accompagnati a Lampedusa e Canarie

ROMA – Non hanno ancora 18 anni e attraversano da soli il Mediterraneo alla volta dell’Europa. Sono alcune migliaia i minori non accompagnati che ogni anno rischiano la vita sulle rotte dell'immigrazione. Ragazzi poco più che adolescenti: afgani e iraqeni in Grecia; eritrei, somali e tunisini in Italia; marocchini, senegalesi e nigeriani in Spagna. Il loro numero aumenta di anno in anno. A Lampedusa, nei soli mesi di maggio, giugno e luglio, ne sono arrivati 635, il 7% del totale di 8.954 migranti giunti in Sicilia nello stesso periodo. I dati sono stati diffusi dalla ong Save the Children, presente al centro di prima accoglienza di Lampedusa dal maggio 2008, insieme a UNHCR, IOM e Croce Rossa. La maggior parte proviene da Eritrea(19%); Somalia (17,1%); Nigeria (16,8%), Ghana (12,5%), Togo (3,5%), e Sudan (1, 3%). Un 12, 6% infine si dichiara palestinese, sebbene spesso si tratti di ragazzi dei paesi del Maghreb. Con la bella stagione, gli arrivi di minori sono aumentati, passando dai 174 di maggio, ai 228 di giugno, e ai 373 di luglio. Numeri che il sistema di seconda accoglienza fatica ad assorbire. Altrove il problema l’hanno risolto alla radice. In Spagna ad esempio. Dove i centri per minori non accompagnati alle isole Canarie sono al collasso, e i minori si è cominciato a rimpatriarli.

18 August 2008

Bari: reportage dal centro d'accoglienza richiedenti asilo

Fa tappa a Bari il viaggio di Fortress Europe nei centri di identificazione e espulsione (Cie) e nei centri di accoglienza per richiedenti asilo (Cara). Il Cara di Bari Palese sorge in una base dell'Aeronautica militare. Costruito per accogliere 744 persone, ospita già 978 richiedenti asilo. Tra loro anche due dei superstiti del terribile naufragio di Teboulbah, nel maggio scorso. Solo 70 degli ospiti però saranno accolti nello Sprar alla fine dell'anno. Gli altri torneranno in strada, con o senza documenti. Oppure saranno rimandati in Grecia in base al regolamento Dublino II.


Bari capolinea della diaspora afgana. Ma il viaggio comincia dall'Iran

Immagine ai raggi x di un camion con dei rifugiati nascosti al suo internoBARI - Da un lato la Grecia, dall"altro la Puglia. Nel mezzo l’Adriatico e la diaspora afgana. Una diaspora che non fa parlare di sé, perché non fa il clamore di uno sbarco a Lampedusa. Ma a Bari, come negli altri porti italiani dell’Adriatico, arrivano a decine ogni giorno, da anni. Nascosti dentro i camion che a centinaia, ogni notte, si imbarcano sui traghetti di linea che collegano Patrasso e Igoumenitsa all’Italia. Lasciano la Grecia perché in quel Paese nemmeno agli afgani – che nel mondo contano 3,1 milioni di rifugiati, soprattutto in Pakistan e Iran – viene garantito l’asilo politico. Il tasso di riconoscimento è fermo allo 0,3%. E così scelgono l’Italia, spesso solo come via di transito verso il nord Europa: l'Inghilterra o i Paesi scandinavi.

Tar boccia Dublino II. Bloccata riammissione in Grecia

ROMA - Per la prima volta in Italia una sentenza del Tar ha annullato il trasferimento in Grecia, ai sensi del Regolamento Dublino II, di un richiedente asilo politico. La terza sezione del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, a Lecce, ha infatti accolto il ricorso 656/2008 presentato dal cittadino afgano Mohamadi Jan, difeso dall"avvocato D’Antonio Marco, in quanto la Grecia non è può considerarsi un paese sicuro. La sentenza è stata depositata lo scorso 24 giugno 2008 e rappresenta un importante precedente. Mohamadi era entrato in Italia dopo essere transitato per la Grecia.

Al Cara di Bari uno dei superstiti del naufragio di Teboulbah

Interno tendone Bari PaleseBARI - Era la notte dell’undici maggio del 2008, e una motovedetta della guardia costiera tunisina intercettava un gommone di migranti finiti alla deriva al largo delle coste di Teboulbah, vicino Monastir. A bordo c’erano 16 uomini sfiniti e disidratati, unici superstiti di una settimana passata in balia delle onde, senza acqua né viveri. Una settimana di stenti che aveva visto morire 47 dei passeggeri. Godpower non conosceva nessuna delle vittime, ma ricorda tutti i dettagli di quella traversata. Viene da Benin City, in Nigeria, ed è uno dei superstiti. È ospite del Centro di accoglienza per richiedenti asilo (Cara) di Bari Palese.


Pestato dalla polizia greca, rifugiato afgano rischia di tornare ad Atene

Foto di guerriglieri talibanBARI - La foto è un po' sbiadita, ma si distinguono chiaramente quattro uomini e il vecchio carro armato. S. indica con l’indice suo fratello. Combatteva nell’esercito dei taliban. Per questo l’hanno ammazzato, dice. S. è nato e cresciuto nella città di Jalalabad, in Afghanistan. Parla pashtun, ha da poco compiuto 20 anni. Da tre anni è in esilio. Oggi si trova al Centro di accoglienza per richiedenti asilo (Cara) di Bari. Il passato del fratello maggiore ha condannato tutta la famiglia. S. dice di non avere più nessuno. Si rimbocca i pantaloni fino a farmi vedere una brutta cicatrice larga otto centimetri, sulla gamba destra, sopra il ginocchio. È una scheggia della bomba con cui hanno fatto saltare la casa, dice. Sotto il ginocchio ci sono altre cicatrici. Macchie marroni, su entrambe le caviglie e le tibie. Souvenir della Grecia. Indicano i punti dove il manganello ha colpito con più forza. È successo lo scorso febbraio, sull’isola greca di Simi, nel mar Egeo.


Bari: reportage dal centro di accoglienza per richiedenti asilo

BARI - Sulla vecchia pista dell’aeroporto militare di Bari Palese è cresciuta l’erba. Le 250 roulotte che dal 1991 ogni estate erano destinate alla prima accoglienza dei migranti che sbarcavano in Puglia, Calabria e Sicilia, non ci sono più. Al loro posto sorge un nuovo centro. Sempre all’interno della base dell’aeronautica militare. Un piccolo villaggio di 124 moduli prefabbricati montati su un grande piazzale di cemento, intorno ad una grande cupola di tela, usata come mensa e sala comune. Ci sono campi da calcio e da pallavolo. C’è l’ufficio immigrazione della polizia. Ogni modulo ha l’aria condizionata, c’è un infermeria, i bagni sono puliti e gli spazi comuni ben curati. C’è una ludoteca, una scuola di italiano. E tuttavia si respira una certa tensione.


12 August 2008

No border holidays in Hamburg, Patras and Dikili

For those who want to combine vacations and political commitment, we inform that three antiracist camp are going to be organized in Germany, Turkey and Greece.

Hamburg, from 16 to 24 August 2008
Hamburg organizes deportation charter flights for the European Union, since 2004. Frontex, the European Border Agency, participates in such mass deportations since some time. Frontex also carries out training programs for its staff at Federal Police Academy in Lübeck near Hamburg. The camp will take place in Hamburg. Lectures and seminars are previewed. The focus shall be the big airport-occupation-demo.
For more info http://camp08.antira.info/.
You can also write to the organizers

10 August 2008

Vacances antiracistes à Hamburg, Patras et Dikili

Pour ceux qui veulent combiner vacances et engagement politique, nous proposons trois camps antiracistes qui vont être organisés en Allemagne, Turquie et Grèce

08 August 2008

Tendopoli, container e... braccianti. Reportage da Borgo Mezzanone

Interno di una tenda del Cpa di FoggiaReportage da Borgo Mezzanone: continua il viaggio nei Cpa. Sulla pista del vecchio aeroporto militare di Ortanova sono ospitate 1.020 persone in 91 tende e 41 container. Donne e nuclei familiari sono invece alloggiati nei locali destinati al Centro di identificazione e espulsione mai aperto. L'ente gestore è la Croce rossa italiana. Carente l'assistenza legale. Con o senza documenti i richiedenti asilo lasceranno il centro. Alcuni, i casi più vulnerabili, saranno accolti nello Sprar, come abbiamo verificato per un rifugiato somalo disabile. Tutti gli altri torneranno in mezzo alla strada. E la prima tappa della loro clandestinità sarà il lavoro nero e lo sfruttamento, magari nelle campagne foggiane.


Foggia, Msf avvia la distribuzione del kit sanitario ai braccianti immigrati

FOGGIA – Spazzolino, dentifricio e sapone, una bacinella e una tanica di plastica. Medici senza frontiere ha recentemente distribuito questi kit igienico sanitari a circa un migliaio di braccianti immigrati impiegati nella sola provincia di Foggia per la raccolta del pomodoro, tra agosto e settembre. Servirà a fare prevenzione, dopo l'installazione di cisterne e bagni chimici. Adesso l'impegno è potenziare i 20 ambulatori per stranieri temporaneamente presenti (stp) della provincia foggiana, attraverso la distribuzione di materiale informativo multilingue. I pomodori iniziano a tingersi di rosso, e come ogni estate, migliaia di lavoratori stranieri raggiungono la piana del Tavoliere in cerca di un lavoro nella raccolta di uno dei prodotti più importanti dell'industria agroalimentare italiana. Da Cerignola a Stornara, da Lucera a San Severo. C'è chi è sbarcato a Lampedusa tre mesi fa. C'è chi ha i documenti e approfitta della chiusura delle fabbriche del nord. Ma la maggior parte è senza permesso di soggiorno e si sposta nelle campagne del sud tutto l'anno, seguendo il calendario delle stagioni del pomodoro, delle fragole, delle patate, dell'oliva e dell'uva. Da Caserta al foggiano, da Rosarno (in Calabria) ad Avola e Cassibile in Sicilia.

Viaggio tra i braccianti immigrati nelle campagne di Foggia

Taniche d'acqua davanti a un campo di pomodoriFOGGIA - A Verona lavorava come addetta alle pulizie, in una libreria. Poi l'incidente in auto, il femore rotto, la lunga degenza. E l'inizio di quella lenta discesa che dal ricco nord l'ha portata nelle campagne foggiane, in mezzo a quell'umanità precaria, che ogni mattino alle prime luci dell'alba va a cercare lavoro nei campi per 20-25 euro al giorno. Nella masseria occupata dove vivono una trentina di nigeriani, in mezzo a una distesa piatta di piantagioni di pomodori e campi appena arati, la chiamano mommy, mamma. Avrà una cinquantina d'anni. Nel femore ha ancora i ferri dell'operazione. Vive in Italia da diciassette anni. L'incidente le ha fatto perdere il lavoro. E senza lavoro non ha potuto rinnovare il permesso di soggiorno. Adesso, con un decreto di espulsione alle spalle, è tagliata fuori dai giochi.

Quando lo Sprar funziona: rifugiato disabile accolto a Ferrara

Cortile del Cara di FoggiaFOGGIA – A volte funziona. Sebbene il Servizio di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar) conti un numero insufficiente di posti (3.000 per il 2009, a fronte di 14.050 richieste d'asilo presentate in Italia nel 2007), sono molti i rifugiati che grazie al Servizio centrale accedono ad una seconda accoglienza, una volta rilasciati dai centri di prima accoglienza. M. è uno di loro. Viene dalla Somalia. Classe 1967. La commissione territoriale di Foggia gli ha riconosciuto un permesso di soggiorno di protezione internazionale un mese fa. Lunedì partirà per la città di Ferrara, dove sarà ospitato da un progetto Sprar.

Reportage da Borgo Mezzanone: continua il viaggio nei Cpa

FOGGIA - Le ultime cinquanta tende le hanno montate la settimana scorsa. Adesso la tendopoli occupa un paio dei sette chilometri della pista d'atterraggio del vecchio aeroporto militare di Ortanova. Le tende, di sei metri per sei, sono 91. E ospitano metà dei richiedenti asilo presenti al Centro di prima accoglienza di Borgo Mezzanone, a Foggia. Ma al momento della nostra visita, alle undici di questa mattina, le tende erano semivuote. Nonostante il telo ombreggiante infatti, il sole di agosto rende impossibile rimanere sotto le tende quando il sole è alto.


05 August 2008

Vite sospese. Migranti e rifugiati sull'isola di Cipro

Vista panoramica di Nicosia
panoramica di Nicosia
NICOSIA, giugno 2008 - La guerra civile in Sierra Leone, tra il 1991 e il 2001, si lasciò alle spalle almeno 50.000 morti e centinaia di migliaia di sfollati e rifugiati. Outhman era uno di loro. Fuggì nel 2000, verso il Senegal, dove riuscì a comprare un passaporto con un visto per il Libano. Un anno dopo approdava con altre 23 persone sulle coste nord dell’isola di Cipro. Outhman è uno dei circa 11.000 richiedenti asilo politico che vivono a Cipro. In trappola. Lo aveva intervistato nel 2006 Sergio Serraino, riuscendo ad entrare nel braccio della prigione centrale di Nicosia dedicata alla detenzione amministrativa dei migranti senza documenti, il famigerato Block 10. A due anni di distanza, siamo riusciti a incontrato nel cortile dell’associazione per i rifugiati Kisa, nella zona greca della capitale cipriota. Dal Block 10 è uscito a maggio 2008. Dopo 39 mesi di detenzione e tre tentativi di rimpatrio non riusciti. La sua domanda d’asilo ha avuto una prima risposta negativa. Il caso pende adesso davanti alla Corte europea dei diritti umani. Lo hanno rimesso in libertà una settimana prima della visita al carcere del Comitato per la prevenzione della tortura (Cpt) del Consiglio europeo. Con lui sono usciti tutti quelli che erano dentro il Block 10 da oltre sei mesi. Potrebbe essere il segnale di un cambiamento in uno Stato dove la detenzione amministrativa dei migranti non ha limiti di tempo. Ma intanto Outhman non è più lo stesso.

Reportage dal Sant'Anna. Il cpa più grande d'Europa

Dopo Gradisca e Caltanissetta, la nuova inchiesta di Fortress Europe sui centri di prima accoglienza e i centri di identificazione e espulsione (ex cpt) fa tappa a Sant'Anna, in provincia di Crotone. Qui si trova il centro d'accoglienza più grande d'Europa. Ospita 1.677 persone su una capienza ufficiale di 1.698 posti. Dormono in container e tende. Un ospite su quattro viene dall'Afghanistan. Fuggono dalla guerra ma non hanno fatto i conti con la burocrazia. E per chi è transitato in altri Stati Ue, il Regolamento Dublino II blocca l'iter della domanda d'asilo.


Cpa di Crotone, presto un’interrogazione al Senato

CROTONE – Le senatrici Daniela Mazzucconi (Pd) e Dorina Bianchi (Pd) lavorano ad un'interrogazione parlamentare sulle condizioni del centro di accoglienza Sant'Anna di Crotone. Accompagnate da rappresentanti delle associazioni locali impegnate nella promozione dei diritti dei migranti – raccolte nel Coordinamento Baobab – le parlamentari hanno visitato il centro lo scorso 18 luglio. Il rapporto della visita, diffuso dal Coordinamento Baobab, giudica “preoccupanti” le condizioni di accoglienza nei container e nella tendopoli. Critiche sono state espresse anche sull'accoglienza delle donne e sull'assistenza sanitaria.


Investire di più nello Sprar: la richiesta delle associazioni

No cpt, scritto a spray su un muro di fronte all'ingresso del Sant'AnnaCROTONE – Proporre la richiesta di radicamento della competenza dello Stato Italiano sui casi Dublino presenti sul territorio ormai da diversi mesi, e sollecitare la Commissione Nazionale a dare indicazioni affinché le Commissioni Territoriali competenti garantiscano misure di protezione a tutti i richiedenti asilo afgani presenti in Italia in quanto non esistono aree di questo Paese che possano essere ritenute sicure. Queste le richieste del Coordinamento Baobab, dopo la visita, con le senatrici Mazzucconi e Bianchi, del centro di accoglienza Sant'Anna a Crotone e del centro di identificazione e espulsione di Lamezia Terme, lo scorso 18 luglio.


Cpa di Crotone, afgano un richiedente asilo su quattro

CROTONE – Nel più grande centro di accoglienza d'Europa, gli afgani sono gli ospiti più numerosi. Dei 1.677 presenti al 4 agosto 2008 nel campo di Sant'Anna, a Crotone, ben 424 provengono dall'Afganistan. Uno su quattro. Arrivano in Italia nascosti nei camion che da Patrasso, in Grecia, si imbarcano sui ferry diretti nei porti italiani dell'Adriatico, a Venezia, Ancona, Bari e Brindisi. Fino a Crotone invece li porta il passaparola. Per loro i tempi di attesa sono più lunghi degli altri richiedenti asilo. C'è chi è al Sant'Anna da cinque o sei mesi. Per lasciarsi la guerra alle spalle hanno attraversato l'Iran, scalato a piedi le montagne innevate della provincia di Van per entrare in Turchia, hanno viaggiato stipati nei camion fino a Istanbul, sfidato il mar Egeo sui gommoni diretti alle isole greche e infine rischiato la vita appesi sotto i telai dei tir imbarcati a Patrasso.


Sprar saturo, rifugiati abbandonati a se stessi

Ingresso del cpa Sant'Anna, presidiato dai militariCROTONE - Sono arrivati i militari. Annunciati dal pacchetto sicurezza, cento uomini in mimetica, distribuiti su tre turni, da ieri presidiano il centro di prima accoglienza per immigrati di Sant’Anna, a Crotone. Stanno di piantone lungo la rete all’ingresso, sotto il sole, appoggiati alle portiere dei fuoristrada dell’esercito. A vigilare la struttura ci sono anche polizia, carabinieri e guardia di ginanza. La situazione è la stessa negli altri centri di prima accoglienza. Ma a Crotone non è l’unica novità. Da un anno è quotidianamente presente all’interno della struttura anche un rappresentante dell’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati. Ciononostante i tempi di attesa per il riconoscimento dello status di rifugiato continuano a superare i tre mesi. E i tempi raddoppiano per i casi Dublino. La commissione territoriale ha sede all’interno del campo, come pure l’Ufficio immigrazione della polizia, ma ciò non abbrevia le lungaggini burocratiche. E intanto gli ospiti sono costretti a aspettare, senza la possibilità di lavorare né di mantenersi. Sono costretti a essere assistiti.


Tende e container per i richiedenti asilo al Cpa di Crotone

Interno di una delle tende del campo, con i tre darfuriani ospitiCROTONE – Alle dieci del mattino il caldo sotto le tende è già insopportabile. Non c’è un filo d’aria. Il telo grigio è macchiato del sangue di dozzine di zanzare schiacciate nella notte da Ahmed e dai suoi due compagni. Vengono dal Sudan. Sono sopravvissuti al genocidio del Darfur. E dopo cinque mesi in Libia sono riusciti a imbarcarsi per Lampedusa. Da 40 giorni l’Italia li accoglie così, su materassini gialli di gommapiuma senza lenzuola. Sotto tende senza acqua corrente né elettricità. I bagni a trecento metri di distanza. La tendopoli è l’ultima novità del campo di accoglienza per richiedenti asilo più grande d’Europa. Siamo in provincia di Crotone, il centro Sant’Anna si trova di fronte all’omonimo aeroporto, sull’altro lato della Statale 106, a metà strada tra Crotone e Isola di Capo Rizzuto. Dalla sua apertura, all’epoca degli sbarchi in Puglia dei kosovari nel 1999, da questa vecchia base dell’Aeronautica militare sono transitate circa 70.000 persone, di cui 7.000 solo nel 2007.


02 August 2008

Juli 2008

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ROMA - Ofre for et kort. Forestil dig et spædbarn, blot nogle få måneder gammelt, i sin mors arme. Forestil dig så det samme barn fuldstændig dehydreret efter flere dage i solen, skyllet i havet af en bølge. Spørg dig selv: hvorfor? Gentag det samme spørgsmål 13 gange. 13 er antallet af babyer, der druknede i løbet af juli på migrationsruterne i Middelhavet. De er børn af forældre, der rejser mod Europa; rejser, der ofte tager flere år. De er børn af et håb, der får deres mødre, til at rissikere livet ved at krydse havet. De har intet valg. De er somaliere, nigerianere og eritreanske kvinder, og de kan ikke efterlade deres børn alene i fremmede lande som Marokko og Libyen - især ikke flygtninge-kvinderne – så de tager afsted med deres børn og bringer bleer med i bagagen ombord på båden. Men de usynlige grænse-mure kan ikke redde de små. Tværtimod – når de er døde, vil deres uskyld vise deres forældres eneste forbrydelse: at være født det forkerte sted. De er ofre for et kort.


Rapport juillet 2008 et reportage depuis Istanbul

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ROME – Victimes d’une carte. Depuis la naissance. Pensez à un enfant de quelques mois, serré contre la poitrine de sa mère. Et ensuite pensez à une vague qui l’emporte, épuisé, après des jours passés sous le soleil en haute mer. Demandez-vous pourquoi. Et reposez-vous la question 13 fois. Treize c’est le nombre de nouveau-nés morts noyés sur les routes de l’immigration en Méditerranée pour le seul mois de juillet. Onze au large des côtes andalouses, deux dans le Canal de Sicile, où se sont aussi noyées deux femmes enceintes. Ce sont les enfants de voyages qui durent des années que leurs mères – somaliennes, nigérianes, érythréennes – accomplissent pour rejoindre l’Europe. Ce sont les enfants de l’espoir que charge de tant d’attentes leur arrivée sur le Vieux continent. Les mères n’ont pas le choix. Elles ne peuvent les laisser tous seuls dans des pays étrangers comme le Maroc ou la Libye. Surtout les femmes réfugiées. Et ainsi elles les emmènent avec elles, elles montent sur les zodiacs avec les couches-culottes et elles s’accrochent à une prière. Toutefois les murs invisibles des frontières n’épargnent pas non plus les tous petits. Au contraire, leur innocence indique avec certitude la faute de leurs parents: être né au mauvais endroit. Ce qui les tue, bien plus que la mer, ce sont les cartes.

Istanbul, on the way of African migrations

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Navi della marina militare turca nel porto di CeçmeIZMIR - “So when are you leaving, today or tomorrow?” John is joking with Hammady in the square in front of the mosque. They start laughing. A few days ago, they risked their lives. That night John had shouted: "Nina! Nina!”. Nina - his wife - was the only woman on board. Now she’s safe. Everybody was rescued. But it could have been a massacre. Hammady and John are two of the 25 survivors of the umpteenth shipwreck in the Aegean sea. But this time the boat was not sank by the waves, neither by the Greek coastguard, but by the Turkish authorities. It happened on June 4th 2008, in an undefined point of the Turkish coast, a couple of hours drive from Izmir. Hammady, from Ivory Coast, is a young professional footballer. I met him in Izmir, in the Basmane neighbourhood, behind the great bazaar in the centre. Somalis and Sudaneses, Eritreans and Senegaleses, Nigerians and Ivorians sit in the bar along the narrow alleys. And also many Algerians and Moroccans. Everybody has already paid the kaçakçi (the smugglers) in Istanbul and came here to wait for the departure.

Luglio 2008

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ROMA – Vittime di una mappa. Dalla nascita. Pensate a un bambino di pochi mesi, stretto al petto della madre. E poi pensate a un'onda che se lo porta via, sfinito, dopo giorni passati sotto il sole in alto mare. Chiedetevi perché. E fatevi la stessa domanda per 13 volte. Tredici è il numero dei neonati morti annegati sulle rotte dell'immigrazione nel Mediterraneo nel solo mese di luglio. Undici al largo delle coste andaluse, due nel Canale di Sicilia, dove sono annegate anche due donne incinte. Sono i figli dei viaggi lunghi anni che le loro madri – somale, nigeriane, eritree - percorrono alla volta dell'Europa. Sono i figli della speranza che carica di tante aspettative il loro arrivo nel Vecchio continente. Le madri non hanno scelta. Non possono lasciarli da soli in Paesi stranieri come il Marocco o la Libia. Soprattutto le donne rifugiate. E allora li portano con sé, salgono sugli zodiac coi pannolini e si tengono strette a una preghiera. Tuttavia i muri invisibili delle frontiere non risparmiano nemmeno i più piccoli. Al contrario, la loro innocenza indica con ogni certezza la colpa dei genitori: essere nati nel posto sbagliato. Ad ucciderli, prima ancora del mare, sono state le mappe.