CROTONE – Alle dieci del mattino il caldo sotto le tende è già insopportabile. Non c’è un filo d’aria. Il telo grigio è macchiato del sangue di dozzine di zanzare schiacciate nella notte da Ahmed e dai suoi due compagni. Vengono dal Sudan. Sono sopravvissuti al genocidio del Darfur. E dopo cinque mesi in Libia sono riusciti a imbarcarsi per Lampedusa. Da 40 giorni l’Italia li accoglie così, su materassini gialli di gommapiuma senza lenzuola. Sotto tende senza acqua corrente né elettricità. I bagni a trecento metri di distanza. La tendopoli è l’ultima novità del campo di accoglienza per richiedenti asilo più grande d’Europa. Siamo in provincia di Crotone, il centro Sant’Anna si trova di fronte all’omonimo aeroporto, sull’altro lato della Statale 106, a metà strada tra Crotone e Isola di Capo Rizzuto. Dalla sua apertura, all’epoca degli sbarchi in Puglia dei kosovari nel 1999, da questa vecchia base dell’Aeronautica militare sono transitate circa 70.000 persone, di cui 7.000 solo nel 2007.
Al 4 agosto 2008 i presenti sono 1.677 su un totale di 1.698 posti disponibili. Circa 1.200 vengono ospitati nei 160 container gialli, verdi e blu delle quattro sezioni A, B, C e D del campo. Otto per container. Poi ci sono i 240 posti nelle 30 tende blu montate questa estate dal Ministero dell’Interno per fronteggiare l’aumento degli sbarchi in Sicilia. E quindi i 256 posti negli appartamenti del Cara (Centro accoglienza richiedenti asilo), la nuova sezione, tutta in muratura, inaugurata a maggio 2008 e dedicata in particolare alle famiglie e alle donne, sole o con figli. Poco distante, un muro in cemento armato alto circa cinque metri, circonda l’ex centro di permanenza temporanea (Cpt), chiuso nel maggio del 2007. Dal 24 aprile del 2007, per decreto ministeriale, i cancelli del Sant’Anna sono aperti dalle 8 alle 22. Per uscire basta esibire il tesserino di riconoscimento.
Due terzi degli ospiti sono stati trasferiti al Sant’Anna direttamente da Lampedusa, in aereo. Gli altri invece, essenzialmente afghani e iracheni, sono arrivati in Italia dalla Grecia, nascosti sui traghetti che partono ogni giorno da Patrasso verso i porti dell’Adriatico. Un ospite su quattro è afghano (424 sui 1.677 presenti al 4 agosto 2008). Seguono nigeriani (259 persone), somali (229), ghanesi (158), iracheni (147), eritrei (144), ivoriani (79) e togolesi (65). Ma le nazionalità presenti sono oltre 40. Rispetto allo scorso anno, sono del tutto scomparsi i nordafricani. Solo due algerini e una donna marocchina. Le donne presenti sono 130 e i minori 43. Per loro ci sono servizi ad hoc: un laboratorio per le donne, una ludoteca e una scuola di italiano per bambini.
Tuttavia non tutte le donne sono accolte negli spazi più protetti del Cara. E nemmeno i bambini. Addirittura 52 donne, 19 minori e 2 neonati sono ospitati dentro i container. L’ente gestore – Caritas e Misericordia – cerca di fare del suo meglio per la gestione di un centro che ha i numeri di un piccolo paese. Ogni mercoledì vengono fatti incontri con i rappresentanti delle varie comunità nazionali. C’è una scuola che, a gruppi di 20, insegna l’italiano a 400 persone al giorno. Vengono celebrate le varie feste religiose, le feste di indipendenza, il giorno della memoria per il Darfur. C’è una piccola cappella per la preghiera e una stanza adibita a moschea. Ci sono campi da gioco. Il centro è stato addirittura visitato da oltre 300 studenti delle scuole medie e superiori della provincia. E tuttavia non c’è nemmeno una mensa. Le persone ritirano la colazione e i pasti sotto il sole, nel cortile, mantenuti in fila dagli agenti della polizia che con i manganelli indicano loro l’ordine da tenere. Si mangia nel piazzale oppure dentro i container. Comprese donne e bambini. Nei container c’è almeno l’aria condizionata, ma molti dicono di non avere lenzuola pulite né sufficiente sapone per lavarsi.
Al 4 agosto 2008 i presenti sono 1.677 su un totale di 1.698 posti disponibili. Circa 1.200 vengono ospitati nei 160 container gialli, verdi e blu delle quattro sezioni A, B, C e D del campo. Otto per container. Poi ci sono i 240 posti nelle 30 tende blu montate questa estate dal Ministero dell’Interno per fronteggiare l’aumento degli sbarchi in Sicilia. E quindi i 256 posti negli appartamenti del Cara (Centro accoglienza richiedenti asilo), la nuova sezione, tutta in muratura, inaugurata a maggio 2008 e dedicata in particolare alle famiglie e alle donne, sole o con figli. Poco distante, un muro in cemento armato alto circa cinque metri, circonda l’ex centro di permanenza temporanea (Cpt), chiuso nel maggio del 2007. Dal 24 aprile del 2007, per decreto ministeriale, i cancelli del Sant’Anna sono aperti dalle 8 alle 22. Per uscire basta esibire il tesserino di riconoscimento.
Due terzi degli ospiti sono stati trasferiti al Sant’Anna direttamente da Lampedusa, in aereo. Gli altri invece, essenzialmente afghani e iracheni, sono arrivati in Italia dalla Grecia, nascosti sui traghetti che partono ogni giorno da Patrasso verso i porti dell’Adriatico. Un ospite su quattro è afghano (424 sui 1.677 presenti al 4 agosto 2008). Seguono nigeriani (259 persone), somali (229), ghanesi (158), iracheni (147), eritrei (144), ivoriani (79) e togolesi (65). Ma le nazionalità presenti sono oltre 40. Rispetto allo scorso anno, sono del tutto scomparsi i nordafricani. Solo due algerini e una donna marocchina. Le donne presenti sono 130 e i minori 43. Per loro ci sono servizi ad hoc: un laboratorio per le donne, una ludoteca e una scuola di italiano per bambini.
Tuttavia non tutte le donne sono accolte negli spazi più protetti del Cara. E nemmeno i bambini. Addirittura 52 donne, 19 minori e 2 neonati sono ospitati dentro i container. L’ente gestore – Caritas e Misericordia – cerca di fare del suo meglio per la gestione di un centro che ha i numeri di un piccolo paese. Ogni mercoledì vengono fatti incontri con i rappresentanti delle varie comunità nazionali. C’è una scuola che, a gruppi di 20, insegna l’italiano a 400 persone al giorno. Vengono celebrate le varie feste religiose, le feste di indipendenza, il giorno della memoria per il Darfur. C’è una piccola cappella per la preghiera e una stanza adibita a moschea. Ci sono campi da gioco. Il centro è stato addirittura visitato da oltre 300 studenti delle scuole medie e superiori della provincia. E tuttavia non c’è nemmeno una mensa. Le persone ritirano la colazione e i pasti sotto il sole, nel cortile, mantenuti in fila dagli agenti della polizia che con i manganelli indicano loro l’ordine da tenere. Si mangia nel piazzale oppure dentro i container. Comprese donne e bambini. Nei container c’è almeno l’aria condizionata, ma molti dicono di non avere lenzuola pulite né sufficiente sapone per lavarsi.
Gabriele Del Grande, pubblicato il 5/8/08 da Redattore Sociale