18 August 2008

Al Cara di Bari uno dei superstiti del naufragio di Teboulbah

Interno tendone Bari PaleseBARI - Era la notte dell’undici maggio del 2008, e una motovedetta della guardia costiera tunisina intercettava un gommone di migranti finiti alla deriva al largo delle coste di Teboulbah, vicino Monastir. A bordo c’erano 16 uomini sfiniti e disidratati, unici superstiti di una settimana passata in balia delle onde, senza acqua né viveri. Una settimana di stenti che aveva visto morire 47 dei passeggeri. Godpower non conosceva nessuna delle vittime, ma ricorda tutti i dettagli di quella traversata. Viene da Benin City, in Nigeria, ed è uno dei superstiti. È ospite del Centro di accoglienza per richiedenti asilo (Cara) di Bari Palese.


La sua versione dei fatti coincide con l’articolo pubblicato il 12 maggio 2008 dall’agenzia stampa Reuters. "A bordo eravamo una sessantina. C’erano donne e bambini. Eravamo partiti da Zuwarah, ma non avevamo la bussola, né il navigatore e nemmeno un telefono satellitare. Dopo poco il capitano ha perso la rotta, il carburante non era sufficiente e siamo rimasti a secco”. Godpower ha visto morire i suoi compagni di viaggio uno a uno. “Non posso trovare le parole. Sono morti sotto i miei occhi. Siamo rimasti una settimana in mare. Eravamo ustionati. Bevevamo le nostre urine. Io dalla fame mangiavo pezzi di plastica delle mie ciabatte”. Poi finalmente i soccorsi dei tunisini e il ricovero in ospedale, a Monastir. Godpower non ricorda la visita di nessun funzionario dell’Unhcr. Dopo una settimana di ricovero la polizia li ha espulsi, riaccompagnandoli alla frontiera libica a Ras Jdayr.

“Non ci hanno consegnato alle autorità libiche – ricorda Godpower –, ci hanno mostrato un passaggio non pattugliato e abbiamo proseguito a piedi”. Dieci giorni dopo Godpower partiva di nuovo. Con un gesto di ambigua generosità i loro connection men li avevano piazzati gratuitamente su un altro gommone. Il 26 maggio Godpower sbarcava a Lampedusa, dopo tre giorni in mare. Oggi, a tre mesi di distanza, Godpower ha paura. Paura che essere sopravvissuto a quel naufragio non sia servito a niente. La commissione per il riconoscimento dello status di rifugiato ha iniziato a rilasciare i primi dinieghi alle richieste d’asilo politico dei cittadini nigeriani ospiti del Cara barese. Godpower ha paura di essere rimpatriato. “Non è facile rischiare la tua vita per arrivare in Europa e poi vedersi rispedire a casa”

Gabriele Del Grande, pubblicato da Redattore Sociale


(18/08/08)