29 July 2008

Accoglienza e detenzione: le due facce del cpt di Gradisca

GRADISCA, 29 luglio 2008 – Ci sono bambini ed ex detenuti. Donne nigeriane sbarcate a Lampedusa dopo viaggi di mesi in mezzo al deserto e lavoratori albanesi diventati clandestini per un vecchio precedente penale. Ragazzi algerini partiti in barca da Annaba che dicono “questo è un hotel” e tunisini che in arabo alzano la voce: “Iktab! - scrivi! - siamo ostaggi non ospiti”. Il centro di Gradisca d'Isonzo, provincia di Gorizia, dieci chilometri dalla Slovenia, è molte cose insieme. Contiene una sezione di prima accoglienza per i migranti intercettati nel Canale di Sicilia (Cda), un centro di accoglienza per richiedenti asilo (Cara) e un centro di identificazione e espulsione (Cie).

È insieme un luogo di accoglienza e di detenzione. Un alto muro grigio di cemento nasconde completamente la struttura agli abitanti di via Udine e agli automobilisti di passaggio. È tutto imbrattato dagli spray delle tante manifestazioni organizzate dall'Osservatorio sul cpt, contro l'apertura del campo. “Un lager non è mai umanitario”, si legge in giganteschi caratteri rossi. Tuttavia Gradisca è qualcosa di più.

Prima di visitare il centro, faccio colazione in un bar poco distante. Sul ciglio della strada passano con una certa regolarità gruppetti di tre quattro persone, a piedi. La pelle nera tradisce la loro identità straniera. Sono gli ospiti del centro. Per la maggior parte nigeriani e somali. Vanno a fare un giro in centro. La loro presenza ha destato preoccupazione nella cittadinanza, secondo quanto riportato dalla stampa locale. La città conta 6.451 abitanti. I richiedenti asilo ospiti del Cda e del Cara sono 250. Altri 20 sono ospitati a spese della prefettura nell'Hotel Pellegrino, a Gradisca. Altri 120 in un albergo ad Aviano. Sono autorizzati a lasciare il centro dalle 8 del mattino alle 20. È sufficiente registrare la propria uscita alla polizia, in portineria. La maggior parte sono arrivati in Italia dalla Libia, sulle barche intercettate al largo di Lampedusa. Gli algerini invece sono approdati in Sardegna, salpando dalla città di Annaba. Li hanno trasferiti a Gradisca perché non c'era più posto nei centri in Sicilia, Calabria e Puglia. Aspettano l'esito della propria richiesta d'asilo politico, analizzata dalla Commissione per il riconoscimento dello status di rifugiato di Gorizia. Alcuni sono qua da cinque mesi. Le famiglie e le donne con bambini sono stati spostati negli appartamenti disponibili del sistema nazionale di accoglienza Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo). Gli altri alla fine dell'iter dovranno lasciare il centro e arrangiarsi. Perché di posti liberi nello Sprar ce ne sono davvero pochi.

Entrando nel centro, il Cara si trova sul lato destro. É un terra tetto con ampie camere a otto letti, disposto sui quattro lati intorno a un cortile di cemento e di fronte a un grande giardino. Per le donne ci sono camere a parte. Dal lato opposto si trovano invece le gabbie. Oltre il corridoio degli uffici del personale, un corridoio a ferro di cavallo intorno a un cortile grigio chiuso da reti di ferro dà accesso sulle camerate, sempre a otto letti. I cancelli sono aperti e gli ospiti possono uscire. È il centro di prima accoglienza. Dietro una porta di ferro si accede invece alla sezione del centro di identificazione e espulsione. Lì la gabbia è chiusa per davvero. Impossibile evadere. I detenuti sono 63 su una capienza di 136 posti letto. Soprattutto tunisini e marocchini. Aspettano lo scadere dei 60 giorni di detenzione. Sperando di non essere rimpatriati.

Le condizioni del centro sono buone. Tutto è pulito è ordinato. É la seconda fase della storia dei Cpt, istituiti dalla legge Turco Napolitano nel 1998 adesso rinominati Cie. Adesso è tutto più organizzato. Anche perché i soldi non mancano. Il centro di Gradisca, come gli altri centri, è anche e soprattutto un grande affare. Intorno alla sua gestione girano cifre a sei zero. Dalla sua apertura, nel marzo 2006, fino al marzo 2008, il centro era gestito dalla cooperativa sociale Minerva, appartenente a Legacoop. Ma l'ultimo bando ha assegnato il campo al consorzio trapanese Connecting People. Una realtà che raggruppa 69 cooperative sociali in Italia e che ha fatto della gestione dei Centri di identificazione e espulsione e dei Centri di prima accoglienza uno dei suoi punti di forza. Sono infatti gestiti da Connecting People i centri di prima accoglienza di Cagliari, di Brindisi, di Trapani (Serraino Vulpitta e Saline), oltre che una serie di progetti Sprar in Sicilia, a Catania, Acireale, Marsala e Mazara. Un giro d'affari di decine di milioni di euro. Soltanto il centro di Gradisca frutta tra i cinque e sei milioni di euro l'anno. L'indennità con cui il consorzio si è aggiudicato la gara d'appalto, è infatti di 42 euro al giorno per ogni ospite. Il che significa 13.146 euro al giorno per i 63 migranti attualmente detenuti al Cie (su una capienza di 136 posti), i 135 ospiti del Cara (su 138 posti) e i 112 del Cda (al completo).

Connecting People ha nominato direttore del centro un militare in pensione. Si chiama Vittorio Isoldi, ed è stato vice comandante della brigata cavalleria di Pozzuolo del Friuli e, fino allo scorso anno, vice comandante della missione italiana di pace in Libano. Nel settore dell'immigrazione è alla prima esperienza. Tra poco arriveranno a dargli manforte 100 militari, recentemente assegnati al centro dal pacchetto sicurezza.

Gabriele Del Grande, pubblicato da Redattore Sociale


Il reportage continua con i seguenti articoli

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