30 July 2011

تفاصيل انتفاضةٍ اندلعت في مركز بونتيه جاليريا لتحديد الهوية والترحيل


منذ قليلٍ، مر منتصف الليل بمركز روما لتحديد الهوية والترحيل. يحاول ثلاثة من المحتجزين الهرب. يجدهم رجال الشرطة. ويوسعونهم ضرباً بأمرٍ من إحدى المفتشات التي تقرر ممارسة القسوة معهم. لكن البعض تمكن من مشاهدة ما يحدث. وبعد أن ملأه الغضب، سارع في إبلاغ كافة المحتجزين في المنطقة المخصصة للرجال. تندلع الانتفاضة. يرفض المحتجزون الدخول إلى غرفهم، وشرطة مكافحة الشغب خارج القفص تهدد بالرد. بالداخل، يتسلح المحتجزون بالحجارة، ويشعلون النيران في بعض الفُرُش. وأثناء ذلك، نحن – من الخارج - وبفضل مصادر موثوق بها داخل مركز تحديد الهوية والترحيل، نتابع طوال الليل تطورات الانتفاضة. اقرأوا كيف انتهت هذه الانتفاضة. وحتى إذا بدى لكم أنه ليس أمراً عادياًّ، يمكنكم الاتصال بسنترال بونتيه جاليريا على رقم 06.65854224. دعونا نخبركم بما رأته أعيننا

Rivolta in diretta al Cie di Ponte Galeria


È da poco passata la mezzanotte al centro di identificazione e espulsione (Cie) di Roma. Tre detenuti tentano la fuga. La polizia li trova. E li massacra di botte agli ordini di una ispettrice che ha deciso di fare la dura. Qualcuno però assiste alla scena. E indignato, sparge la voce tra i reclusi dell'area maschile. Scoppia la rivolta. I detenuti rifiutano di rientrare nelle camerate, la polizia in tenuta antisommossa fuori dalla gabbia minaccia di sfondare. Dentro si armano di pietre per difendersi e danno alle fiamme alcuni materassi. Intanto noi, da fuori, grazie a fonti fidate all'interno del Cie, seguiamo per tutta la notte gli sviluppi della rivolta. Leggete come è andata a finire. E se anche a voi sembra che non sia una roba normale, chiamate il centralino di Ponte Galeria allo 06.65854224. Facciamogli sentire che hanno gli occhi addosso.

Révolte en direct au Cie de Ponte Galeria


Minuit est passé depuis quelques minutes seulement au centre d'identification et d'expulsion (CIE) de Rome. Trois condamnés tentent de s'échapper. La police les retrouve et commence à les tabasser suivant l’ordre d’une femme inspecteur qui a décidé de ne pas être tendre ce jour-là. Pourtant quelqu’un a vu la scène et en est outragé, il répand l’information parmi les détenus de la section homme. La révolte explose. Les détenus refusent de retourner dans les dortoirs, la police antiémeute depuis l’extérieur de la cage menace de la défoncer. A l'intérieur on s'arme de pierres pour se défendre et on met le feu à quelques matelas. En attendant, nous, de l'extérieur, grâce à des sources fiables au sein du Cie, nous suivons pendant toute la nuit l’évolution de la révolte. Lisez comment ça s'est passé. Et si vous aussi vous ne trouvez pas ça normal, appelez le standard du centre d’identification et d’expulsion de Rome, à Ponte Galeria. Qu'ils sachent qu’on les contrôle.

Rivolta anche a Lampedusa, minorenni picchiati

La base Loran dove sono reclusi i minori non accompagnati a Lampedusa

Notte di proteste anche al centro di accoglienza di Lampedusa, a Contrada Imbriacola, dove sono detenuti da settimane, senza nessuna convalida giudiziaria, senza colpe e senza reati, 206 prigionieri, tra i quali 34 minori non accompagnati. La rivolta è esplosa proprio tra i minorenni. Un gruppo di una decina di adolescenti tunisini sono saliti sui tetti per protesta. Si tratta degli stessi adolescenti che erano stati picchiati dalle forze dell'ordine due giorni fa. Quel giorno, i ragazzi si erano allontanati dal centro di accoglienza per fare un giro a Lampedusa e non appena rintracciati dalla polizia sono stati caricati malamente su una camionetta, all'interno della quale è avvenuto il primo pestaggio. Il secondo giro di botte invece gliele hanno date nei bagni del centro di accoglienza. Prima però li hanno fatti spogliare nudi per una perquisizione. E quindi li hanno picchiati. Uno di loro ha un labbro rotto, un altro ha una caviglia gonfia e un po' tutti sono ricoperti di lividi. L'associazione Save The Children, che a Lampedusa lavora con il ministero dell'Interno per il progetto Presidium proprio per la tutela dei minori, ha chiesto di fare visitare i ragazzi dal poliambulatorio dell'isola. Ma il medico dell'ente gestore Lampedusa Accoglienza, ha ritenuto che non fosse necessario. Quanto al direttore del centro d'accoglienza Cono Galipò, c'è da immaginarsi che in quel momento fosse impegnato in altre faccende, visto che nel frattempo risulta indagato per truffa aggravata continuata. Ad ogni modo, al contrario di tanti operatori presenti nel centro d'accoglienza, ieri sera i ragazzi hanno preferito rompere il silenzio e protestare. Perchè non serve una laurea in pedagogia per capire che degli adolescenti non possono essere denudati e picchiati dalle forze dell'ordine. Ma dove siamo finiti?
Intanto un altro centinaio di minori continuano a essere reclusi, contro ogni legge, nella ex base Loran dell'isola. Sui tetti non sono ancora saliti, ma per farsi sentire hanno scritto una lettera al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

Play-by-play of the revolt in the CIE of Ponte Galeria, Rome


It's just past midnight at the Center for Identification and Expulsion (CIE) in Rome, Italy. Three convicts try to escape. The police find them. And the police cruelly beat them following the orders of an inspector who has decided to be tough. Someone witnesses the scene, however. And outraged, spreads the word among the inmates of the men’s area. A revolt breaks out. The inmates refuse to return to the dormitories; the police in riot gear outside the cage threaten to break through. Inside, they arm themselves with stones for defense and light some mattresses on fire. Meanwhile, thanks to reliable sources within the CIE, on the outside we follow the developments of the revolt throughout the night. Read about how it turned out. And if you, too, think that this is not normal stuff, call the switchboard at Ponte Galeria +39.06.65854224. Let’s make sure they know they’re being watched.

29 July 2011

رمزي الذي أمضى في إحدى مراكز تحديد الهوية والترحيل 14 شهراً خلال السنتين الأخيرتين


كم هو بعيدٌ صيف عام 1996. وتلك الإجازة تنقلاً بين أرجاء البحر المتوسط. كان رمزي يبلغ من العمر 20 عاماً. رحلوا من مدينة تونس وكان عددهم سبعة. طلاب جامعيون، في المرحلة المتوسطة، ليس لديهم أدنى نية في خرق الحدود والخوض في مشاكل مع الجمارك. خوض مغامرات مع بعض الفتيات على متن السفينة كانت فكرةً أكثر من مغرية. ولكن ذلك المساء في برشلونة – وبعد أن بالغوا في شرب البيرا وأصبحوا ثملين – قرروا عدم العودة إلى السفينة. كانت أوروبا هناك، أوروبا برمتها بين يديهم، جاهزةً كي يداعبوها ويفوزوا بها. وعندما استيقظوا – ورأسهم كان ثملاً لما تناولوه في اليوم السابق – كانت السفينة قد رحلت. ذكريات ذلك التصرف الصبياني – الذي غير مجرى حياته – ترجع إلى 15 سنة. هذه المرة، لا يوجد لدى رمزي أي زجاجة بيرا كي يشرب اندفاعاً وراء جنون الشباب. ذلك لأن مركز روما لتحديد الهوية والترحيل يحظر تناول الكحول. ها قد مرت تسعة أشهر على آخر زجاجة بيرا تناولها، وعلى آخر نزهة قام بها على سواحل سان ريمو. تسعة أشهر خلف قضبان مراكز تحديد الهوية والترحيل. بدايةً في تورينو، ثم في روما، لأنه صحيح أن الحد الأقصى لمدة الاحتجاز في مراكز تحديد الهوية والترحيل هي 6 أشهر. ولكن إذا قاموا بترحيلك إلى بلدٍ خاطيءٍ، فإن هذا يكون أسوأ مما قد يحدث لك في لعبة بنك الحظ. تذهب إلى السجن، تأخذ قطاراً، ثم تعود لتنطلق من نقطة البداية

Egitto: strage in mare sulla rotta per la Sicilia

È di almeno 30 morti il bilancio dell'ultima strage nel Mediterraneo lungo la rotta per l'Europa. Si tratta dell'equipaggio di un vecchio peschereccio egiziano partito dalla città di Alessandria alla volta della Sicilia, lo scorso 21 luglio, e finito alla deriva con il motore in avaria. L'allarme è arrivato alla Guardia costiera egiziana soltanto lunedì 25 luglio, ma quando sono arrivati i soccorsi era già troppo tardi. E i soccorritori non hanno potuto fare altro che recuperare i corpi senza vita dei ragazzi. I dettagli, su un lancio di agenzia.

Ramzi: 14 mois dans un Centre d’expulsion


L'été 1996 est désormais bien trop loin. Et cette croisière sur la Méditerranée. Ramzi avait vingt ans. Ils étaient partis à sept de Tunis. Des étudiants à l'Université, classe moyenne, aucune envie de brûler la frontière et d’avoir des soucis à la douane. Quelques aventures avec les filles à bord. Il s’agissait d’un programme plus que tentant. Mais cette nuit-là à Barcelone, après avoir déjà bu plusieurs bières, ils avaient décidé de ne plus remonter sur le paquebot. L'Europe était là, juste pour eux, prête à se faire séduire et conquérir. Et lors qu’ils s’étaient réveillés la tête lourde et la gueule de bois pour la cuite de la veille, le paquebot était déjà parti, pour de bon. Les souvenirs de cette bravade qui a changé leur vie reviennent à la surface 15 ans plus tard. Cette fois, cependant, pour Ramzi il n’y a pas de bière froide pour trinquer aux folies de sa jeunesse. Parce que, au centre d'identification et d'expulsion de Rome, l'alcool est interdit. Sa dernière bière remonte maintenant à il y a neuf mois. Et sa promenade sur la marine de Sanremo aussi. Neuf mois derrière le grillage des cages du centre d'identification et d’expulsion de Turin puis de Rome. Parce qu'il est vrai que la limite de détention dans les Cie est de 6 mois. Mais si on te rapatrie dans le mauvais pays, c’est pire que le Monopoly. Tu va direct en prison, tu saute un tour et tu retourne à la case départ.

Ramzi che passò in un Cie 14 mesi degli ultimi 2 anni


Com'è lontana l'estate del 1996. E quella vacanza in crociera sul Mediterraneo. Ramzi aveva vent'anni. Da Tunisi erano partiti in sette. Studenti universitari, classe media, nessuna voglia di bruciare la frontiera e passare guai con la dogana. Qualche avventura con le ragazze a bordo era un programma più che allettante. E invece quella sera a Barcellona, ormai ubriachi dopo l'ennesima birra, decisero che sulla nave non sarebbero tornati. L'Europa era lì, tutta per loro, pronta a farsi corteggiare e conquistare. E quando si risvegliarono con un cerchio alla testa per la sbornia del giorno prima, la nave era partita davvero. I ricordi di quella ragazzata che gli ha cambiato la vita, riaffiorano a 15 anni di distanza. Stavolta però per Ramzi non c'è nessuna birra fresca con cui brindare alle follie della gioventù. Perché al centro di identificazione e espulsione di Roma, l'alcol è proibito. Ormai sono passati nove mesi dall'ultima birra. E dall'ultima passeggiata sul lungomare di Sanremo. Nove mesi dietro le gabbie dei centri di identificazione e espulsione. Prima Torino, poi Roma. Perché è vero che il limite massimo della detenzione nei Cie è di 6 mesi. Ma se ti rimpatriano nel paese sbagliato, è peggio che al Monopoli. Vai in prigione, salti un turno e ricominci dal via.

Ramzi who spent 14 months of the last 2 years in a CIE


How long ago the summer of 1996 seems. And that holiday spent cruising the Mediterranean. Ramzi was twenty. From Tunis they left in seven. University students, middle class, no desire to ‘burn the border’ and get into trouble with customs. A few adventures with the girls on board was a more than tempting program. But instead that night in Barcelona, ​​already drunk after yet another beer, they decided they would not return to the ship. Europe was there, all for them, ready to be courted and won over. And when they woke up hung-over from too much drinking the night before, the ship had actually left. The memory of that foolish night that changed their lives resurfaces 15 years later. This time, however, for Ramzi there is no cold beer with which to toast the follies of youth. Because in the center of identification and expulsion of Rome, alcohol is prohibited. It's been nine months since his last beer. And since the stroll down the promenade of San Remo. Nine months behind the cages of identification and expulsion centers. First Turin, then Rome. Because it is true that the maximum limit of detention in CIEs is 6 months. But if they deport you to the wrong country, it’s worse than Monopoly. Go to jail, miss a turn and start again from ‘Go’.

28 July 2011

Daddy hung himself at the CIE of Milan


In a small town near Brescia, in northern Italy, along the shores of Lake Garda is a little five-year-old girl who has lost her desire to play. In her head is a single, insistent question: "When will daddy be here?" Because Dad is gone. Of course every now and then she talks to him. When he calls, her mother hands the phone over to her. He asks her how she is, and tells her not to worry, that he’s in Morocco and he will be back next week. Every time it’s the same story, but he never comes home. Only last time he said something different. It was July 12. ‘Honey, tomorrow I’m taking the plane and I’ll be home, are you happy?’ That night, however, they found him hanging from a rope in the bathroom of Section D in the Center for Identification and Expulsion (CIE) in Milan.

أبي شنق نفسه في مركز ميلانو لتحديد الهوية والترحيل

صور سيمونا جراناتي

في بلدةٍ صغيرةٍ بالقرب من مقاطعة بريشَّا على طول شواطئ بحيرة جاردا، توجد طفلة تبلغ من العمر خمس سنوات فقدت الرغبة في اللعب. في رأسها يلح سؤالٌ واحدٌ: "أبي متي سيأتي؟". لماذا لم يعد أبي وسطنا. من حينٍ لآخر يتصل الأب. عند اتصاله، تمرر الأم السماعة لطفلتها. يسألها كيف حالها، ويطلب منها ألا تقلق، فهو في المغرب وسيعود الأسبوع المقبل. كل مرة تتكرر نفس القصة، لكنه لا يعود للبيت أبداً. لكنه في آخر اتصال له قال شيئاً مختلفاً. كان ذلك في 12 تموز/يوليو. "حبيبتي، غداً سآخذ القطار وسأعود للبيت، هل أنت سعيدة؟". لكن في تلك الليلة، وجدوه مشنوقاً بحبلٍ في حمام القسم د في مركز ميلانو لتحديد الهوية والترحيل

Papa s'est pendu dans le Cie de Milan

Photo de Simona Granati

Dans une petite ville près de Brescia le long des rives du lac de Garde il y a une petite fille de cinq ans qui n’a plus envi de jouer. Dans sa tête il n’y a qu’une seule question insistante: «Mais quand est-ce qu’il revient mon papa?". Parce que son papa est parti. Bien sûr, de temps en temps il appelle. Alors sa mère lui passe le téléphone. Il lui demande comment ça va et lui dit de ne pas s'inquiéter, qu’il est au Maroc et qu’il est de retour la semaine prochaine. A chaque fois la même histoire, mais il n’est toujours pas rentré à la maison. Seulement la dernière fois il avait dit quelque chose de différent. C’était le 12 juillet. « Chérie, je prends l'avion demain et rentre à la maison, tu es contente? ». Cette nuit-là, cependant, il a été retrouvé pendu à une corde dans la salle de bain de la section D du centre d'identification et d'expulsion (CIE) de Milan.

Papà si è impiccato al Cie di Milano


In un paesino della provincia di Brescia lungo le rive del lago di Garda c'è una bambina di cinque anni che ha perso la voglia di giocare. Nella sua testa ha una sola e insistente domanda: “Ma papà quando viene?”. Perché papà non c'è più. Certo ogni tanto si fa sentire. Quando chiama, la mamma glielo passa al telefono. Lui le chiede come sta, e le dice di stare tranquilla, che tanto lui è in Marocco e ritorna la settimana prossima. Ogni volta la stessa storia, a casa però non ci torna mai. Soltanto l'ultima volta aveva detto qualcosa di diverso. Era il 12 luglio. “Tesoro, domani prendo l'aereo e vengo a casa, sei contenta?”. Quella notte però lo trovarono appeso a una corda, nel bagno della sezione D del centro di identificazione e espulsione (Cie) di Milano.

27 July 2011

LasciateCIEntrare: ricorso al Tar contro la censura

E adesso si procede per tribunali. Dopo la mobilitazione di giornalisti e parlamentari, è arrivato il turno degli avvocati. L'Unione Forense per la tutela dei diritti umani, ha appena comunicato di avere impugnato dinanzi al TAR del Lazio la circolare 1305 del Ministro dell’Interno, che dal primo aprile vieta in modo assoluto e senza possibilità di deroghe, l’accesso da parte dei giornalisti ai centri di identificazione e espulsione, nonché ai centri di accoglienza per richiedenti asilo. Gli avvocati Anton Giulio Lana e Andrea Saccucci difendono i giornalisti Raffaella Cosentino (free lance, collaboratrice di Repubblica e Redattore Sociale) e Stefano Liberti (Il Manifesto), che alla loro richiesta di visita ai centri si sono visti opporre un diniego da parte delle prefetture di Crotone, Roma e Catania. Tali limitazioni della libertà di stampa costituiscono, secondo i legali, "un’indebita restrizione all’esercizio della libertà di stampa ed informazione, garantita dalla Costituzione e dalle norme internazionali in materia di diritti umani. Una restrizione fondata su motivazioni del tutto arbitrarie e discriminatorie". Il ricorso è sostenuto dalla Open Society Justice Initiative.

26 July 2011

LasciateCIEntrare: rassegna stampa del 25 luglio

lasciateCIEntrare Roma, Tg3 delle 19:00 del 25 luglio

LasciateCIEntrare il giorno dopo. Come è andata la mobilitazione nazionale del sindacato e dell'ordine dei giornalisti contro la censura sui Cie? Da un punto di vista mediatico, segnaliamo in questa provvisoria rassegna stampa i servizi del Tg3 nazionale, di diversi quotidiani nazionali e locali e le decine di lanci delle principali agenzie stampa. Sulle radio e sulle tv locali, al momento non siamo in grado di fornirvi la lista dei presenti. Comunque sia, milioni di italiani hanno sentito parlare, forse per la prima volta, dei Cie. Dal punto di vista politico invece, segnaliamo le situazioni più disparate. Si va dalle denunce della delegazione di Bologna alle imbarazzanti omissioni di chi ha visitato il Cie di Trapani, dalle richieste di chiudere il Cie di Bari ma solo "per motivi di sicurezza", alla "fuga" dei parlamentari dal Cie di Torino per evitare di farsi riprendere dalle telecamere davanti a una improvvisata contestazione. Il tutto passando per le performance di Livia Turco che a Ponte Galeria proponeva di tornare ai cpt perché erano "tutta un'altra cosa".
Cosa dire? Che un po' ce l'aspettavamo ma che non abbiamo tempo da perdere in polemiche. Al Senato sta per passare la legge che estende a 18 mesi la detenzione nei Cie. Una legge che avrà effetti devastanti. Che porterà repressione, violenza e sangue per chi si ribellerà. E porterà invece abissi di emarginazione per chi se ne starà buono ad aspettare la scadenza dei 18 mesi, salvo poi uscire dal Cie con forti dipendenze da psicofarmaci e senza più una casa dove dormire e un lavoro con cui mantenersi. Per questo non abbiamo tempo da perdere in polemiche. I parlamentari andranno al mare subito dopo il voto al Senato. Noi restiamo qui. Chiediamo di entrare nei Cie. Sperando che le nostre parole e le storie che tiriamo fuori da dentro servano a liberare il nostro immaginario dai mostri della caccia all'invasore, dell'espulsione del disagio, della criminalizzazione della povertà e della violenza istituzionale. E di questo 25 luglio ci teniamo le cose positive. Tanti giornalisti interessati a parlare dei Cie e alcuni parlamentari disponibili a fare interrogazioni e nuove ispezioni. Ce ne sarà bisogno finchè questi posti saranno aperti.

25 July 2011

Italian journalists ask a Court to remove restrictions to the exercise of freedom of information over the CIE

And now we proceed to the courts. After the mobilization of journalists and members of Parliament of July 25th (called lasciateCIEntrare, let us enter), it’s now the lawyers’ turn. The Italian association Unione Forense per i diritti umani (Human rights lawyers association) has just communicated that they have stood in front of the TAR (the Italian Regional Administrative Court of Law) of Lazio (the Region of Rome) to challenge the circular letter 1305 from the Italian Ministry of Internal Affairs, which from April 1st forbids outright and without the possibility of waiver, access by journalists to the centres for identification and expulsion, as well as reception centres for asylum seekers.

Des agents qui frappent les femmes dans les Cie


Rien à dire. Parce que la violence contre les femmes fait encore plus mal. D'autant plus si celui qui frappe est un homme qui porte un uniforme. Regardez ces photos. Elles ont été prises dans les centres d'identification et d'expulsion (CIE) de Ponte Galeria, à Rome. On y découvre une jeune femme tunisienne qui porte les marques évidentes de chocs et de coups de matraque sur le dos et les bras. Deux hommes de la Guardia di Finanza (la police des douanes) en sont responsables. Comme elle l’explique: «Nous jouions au football, j’ai frappé la balle et j'ai blessé une fille nigériane au visage, nous avons commencé à nous insulter et à la fin nous nous sommes attrapées par les cheveux. On ne cessait pas et en entendant les cris trois hommes, deux de la Guardia di Finanza et un civil se sont présentés. Ils ont commencé à nous tabasser pour nous séparer, devant toutes les filles qui ont assisté à la scène. J'ai été frappé dans le dos, sur le bras et sur l'épaule. Je me suis plaint à plusieurs reprises avec les infirmières du Cie de la douleur sévère pour demander d'être accompagnée à l'hôpital. Mais j'ai eu toujours et uniquement des tranquillisants.»

Finanzieri che picchiano le donne nei Cie


Senza parole. Perché la violenza sulle donne fa ancora più male. A maggior ragione se a picchiare è un uomo che indossa la divisa. Guardate queste foto. Sono state scattate nel centro di identificazione e espulsione (Cie) di Ponte Galeria, a Roma. Si vede una giovane reclusa, tunisina. Mostra evidenti segni di percosse e manganellate sulla schiena e sul braccio. A picchiarla sono stati due uomini della Guardia di Finanza. Come racconta lei stessa: "Stavamo giocando a calcio, io ho colpito la palla e ho preso una ragazza nigeriana sul viso, abbiamo iniziato ad insultarci e alla fine ci siamo prese per i capelli. Nessuna mollava la presa e sentendo le grida sono entrati tre uomini, due della Guardia di Finanza e uno in borghese. Hanno iniziato a manganellarmi per separarci, davanti a tutte le ragazze che assistevano alla scena. Sono stata picchiata dietro la schiena, sul braccio e alla spalla. Mi sono lamentata più volte con gli infermieri del Cie per i forti dolori chiedendo di poter essere accompagnata in ospedale. Ma mi hanno dato sempre e solo dei tranquillanti."

رجال الشرطة الذين يضربون النساء في مراكز تحديد الهوية والترحيل


لا داعي للكلمات. لأن العنف ضد المرأة أكثر قسوةً، ولاسيما إذا كان من قبل رجل يرتدي الزي العسكري. شاهدوا هذه الصور، والتي تم إلتقاطها بمركز لتحديد الهوية والترحيل الواقع بـ "بونتي جاليريا" في روما. إنها شابة تونسية معتقلة، تظهر عليها بوضوح علامات الضرب والأغلال على ظهرها وذراعها. ومَن قام بضربها رجلان من قوات الشرطة. وكما تحكي:"كنا نلعب كرة القدم، وركلت الكرة فأصابت وجه فتاة نيجيرية، وبدأنا نَسُبَّ بعضنا، وفي النهاية تشاجرنا من شعرنا، لم يُحسَم الأمر لإحدانا، وعند سماع الصرخات جاء ثلاثة رجال: إثنان من قوات الشرطة والثالث يرتدي زياًّ مدنياًّ. وأخذوا يضربوننا - ليفصلوا بيننا - أمام جميع الفتيات اللاتي حَضَرْنَ المشهد. ضُرِبْتُ على ظهري وذراعي وكتفي. شكوتُ عدة مرات لممرضات المركز من آلامٍ قويةٍ كي يحملونني إلى المستشفى، ولكن كانوا يعوطونني دائماً مجرد مهدئات"

Corelli: si impicca un altro detenuto, subito soccorso

Ieri sera, un altro recluso del centro di identificazione e espulsione di Milano si è fatto la corda. Si tratta di un tunisino arrivato al Cie dopo una pena scontata in carcere. Secondo i suoi compagni di cella, avrebbe tentato il suicidio dopo che nei giorni scorsi aveva consegnato il proprio passaporto alle autorità e chiesto insistentemente di essere rimpatriato prima possibile, per non passare altro tempo in gabbia. Fortunatamente i soccorsi sono stati immediati. E la sua situazione di salute non sarebbe grave. Sul suo caso e sul caso del recluso marocchino che tentò il suicidio due settimane fa nello stesso Cie, in via Corelli, avranno modo di indagare i parlamentari che questa mattina visiteranno il Cie di Milano per la campagna LasciateCIEntrare, a cui hanno aderito 36 parlamentari in tutta Italia, decine di testate giornalistiche (da Internazionale a Famiglia Cristiana, da l'Unità al Manifesto...), decine di firme del giornalismo italiano (da Iacona a Santoro, dalla Gabanelli a Ruotolo, da Lerner a Stella...) e centinaia di comuni cittadini.  

23 July 2011

LasciateCIEntrare, il programma del 25 luglio

L'appuntamento è per le 11,00 davanti ai Cie della vostra città, insieme a parlamentari e giornalisti, per dire no alla censura imposta per circolare ministeriale da Maroni. E per parlare delle condizioni dei detenuti con i 36 parlamentari che visiteranno le strutture. Perchè gli obiettivi sono due. LasciateCIEntrare, ma anche lasciateliuscire! Di seguito il programma delle visite con orario, adesioni e referenti. Per leggere l'appello e il motivo per cui Fortress Europe aderisce alla campagna, cliccate qui.

Cie Roma: tre reclusi in sciopero della fame


Sciopero della fame al centro di identificazione e espulsione di Roma. Lo hanno indetto i tre reclusi che si trovano in isolamento da oltre un mese. Chiedono di poter incontrare la delegazione di parlamentari che visiterà il Cie di Ponte Galeria il prossimo lunedì 25 luglio. Questa mattina hanno rifiutato colazione e pranzo e si sono detti pronti a proseguire la protesta finché non potranno esporre ai parlamentari le proprie ragioni. Choukri, Ramzi e Ahmed sono tenuti in isolamento dallo scorso 18 giugno, quando il Cie di Ponte Galeria venne devastato da una rivolta esplosa nella sezione maschile con tanto di incendio.

LasciateCIEntrare, report visita del Cie di Bologna


Venerdì 22 luglio, la deputata Sandra Zampa e l'avvocato Alessandra Ballerini, hanno visitato il centro di identificazione e espulsione di Bologna. Sara Biscioni ha filmato il loro racconto a caldo all'uscita dal Cie.
Si tratta della prima visita della campagna nazionale lasciateCIEntrare, che lunedì 25 luglio porterà 33 parlamentari e decine di giornalisti a visitare i Cie e i Cara di Torino, Milano, Modena, Gradisca, Roma, Cagliari, Bari, Trapani, Lampedusa, Mineo e Crotone. Scarica il programma della giornata.
Di seguito due articoli sulla visita di Sandra Zampa e Alessandra Ballerini al Cie di Bologna.
Il fatto quotidiano - Bologna, cie "lager" vietato ai giornalisti
Repubblica - Bologna, nell'inferno del Cie tra paure e proteste

22 July 2011

سكوتش وحُقَن وشفرات. إرشادات حول كيفية الاستخدام داخل مراكز تحديد الهوية والترحيل

تُستَخدَم أشرطة سكوتش اللاصقة لشل حركة المحتجزين. يكفي لفه عدة مرات ثم إحكامه حول المعصمين والساقين. وعندما يصرخون، توضع أيضاً هذه الأشرطة على أفواههم. أما الحقن، فيتم استخدامها مع الفتيات؛ لأنهن أحياناً لا يتصرفن كما يجب. لكن ينبغي التعامل معهن بأخلاق الفرسان، لذلك من الأفضل إعطائهن مهدءاً يجعلهن يعدن إلى رشدهن. وأخيراً، الشفرات، تلك التي تستخدم في الحلاقة. يستخدمها الرجال والنساء. ولكنهم بحاجة للكثير من اليأس والشجاعة معاً حتى يتمكنوا من الإقدام على استخدام تلك الشفرات. فإما تقطع بها أوردتك، وإما تقوم بابتلاعها. وإذا كنت محظوظاً للبقاء على قيد الحياة، ينتهي بك الأمر في غرفة الطواريء حيث يمكن أن تعتبر نفسك محظوظاً – حتى وإن لم تتمكن من الهرب – لأنهم لم يقوموا بترحيلك. ولكن هل يستحق الأمر التعرض لأي شيء إلا الترحيل؟ لسنا نحن من يقرر هذا. لا يهمنا هنا تصنيف الآلام حتى نقرر لمن نمنح حق السفر. ولكن ما يهمنا هنا هو قص ما تُقْدِم عليه الآن أوروبا المحصنة. أحدث القصص تأتينا من مركز بونتيه جاليرا لتحديد الهوية والترحيل بروما. هنا، خلال الأسبوع الماضي، وقعت احتجاجات وإصابات ذاتية أدت إلى عشرات عمليات الطرد المنظمة. كان آخر نيجيريين قد صعدا على متن الطائرة المتجهة إلى لاجوس، شابٌّ وفتاةٌ، عندما اندلعت الاحتجاجات

Scotch, piqures et lames. Leur mode d’emploi dans les Cie

Le scotch est utilisé pour immobiliser les prisonniers. Il suffit de le tourner plusieurs fois et bien le serrer autour des poignets et des jambes. Et quand ils hurlent même sur la bouche. La piqure par contre est pour les filles. Parce que parfois elles ne sont pas sages, mais il ne faut pas oublier la courtoisie et alors il vaut mieux un sédatif que des coups. Enfin, les lames, de rasoir. Celles-ci pour les hommes et pour les femmes. Mais il faut une bonne dose de courage autant que de désespoir. Soit on se coupe les veines soit on avale les lames. Et si vous avez la chance de rester en vie, vous vous retrouvez aux urgences où même si vous ne pouvez pas vous échapper, vous pouvez toujours vous considérez chanceux de ne pas avoir été rapatrié. Cela vaut la peine d’avoir été si loin pour ne pas retourner dans son pays? Ce n'est pas à nous d'en décider. Nous ne sommes pas intéressés ici à rédiger un classement de la douleur pour décider à qui accorder le droit de voyager. Ici, nous voulons seulement raconter ce que la forteresse Europe est en train de devenir. Les dernières histoires proviennent encore du centre d'identification et d'expulsion de Ponte Galeria, à Rome. Ici, durant la dernière semaine, des manifestations et des incidents d'automutilation ont fait sauter au moins une douzaine d'expulsions prévues. Les deux dernière concernent des Nigérians, un garçon et une fille. Ils étaient déjà montés sur un avion pour Lagos, lorsque la protestation a éclaté à bord.

Scotch, iniezioni e lamette. Istruzioni per l'uso nei Cie

Lo scotch serve a immobilizzare i reclusi. Basta girarlo più volte e ben stretto intorno ai polsi e alle gambe. E quando strillano pure sulla bocca. L'iniezione invece si fa alle ragazze. Perché anche loro a volte non fanno le brave, ma bisogna pure essere cavalieri e allora meglio un sedativo che le botte. Infine le lamette, da rasoio. Quelle le usano uomini e donne. Ma serve tanta disperazione quanto coraggio. O ti ci tagli le vene o le ingoi. E se ti va bene che resti in vita, finisci al pronto soccorso da dove anche se non riesci a scappare, puoi comunque considerarti fortunato che non ti hanno rimpatriato. Vale la pena arrivare a tanto pur di non rientrare nel proprio paese? Non sta a noi deciderlo. Non ci interessa qui stilare una classifica del dolore per decidere a chi concedere il diritto di viaggiare. Qui ci interessa raccontare che cosa sta diventando la Fortezza Europa. Le ultime storie arrivano ancora dal centro di identificazione e espulsione di Ponte Galeria, a Roma. Qui, nell'ultima settimana, proteste e episodi di autolesionismo hanno fatto saltare almeno una decina di espulsioni programmate. Gli ultimi due nigeriani, un ragazzo e una ragazza, erano già saliti sull'aereo per Lagos, quando a bordo è scoppiata la protesta.

21 July 2011

Sequestrati nel Cie di Brindisi gli ultimi 8 di SMCV

l'ingresso del Cie di Brindisi a Restinco

"Papà quando torni?". Vi ricordate la storia di T.? Cominciava così, con un bambino di sette anni che ogni giorno chiamava al telefono suo padre e gli chiedeva se gli voleva ancora bene. Perché la mamma non gli aveva detto che papà era finito in gabbia. Come gli animali allo zoo. E che ci sarebbe rimasto un anno e mezzo. E invece c’è un cambio programma. T. è stato liberato. Ed è subito corso a Padova a riabbracciare suo figlio. Tutto merito di quattro avvocati – Eliana Accetta, Antonio Coppola, Christian Valle e Francesca Viviani – che hanno presentato ricorso avverso il diniego della domanda di protezione internazionale per tutti i 98 reclusi del centro di identificazione e espulsione di Santa Maria Capua Vetere (Cs). Il cie, lo ricorderete, era stato chiuso e posto sotto sequestro dopo l’incendio dello scorso 8 giugno. Nei giorni successivi, 63 dei 98 reclusi erano riusciti a fuggire dai centri di accoglienza di Crotone e Foggia dove erano stati trasferiti nella notte tra l’8 e il 9 giugno. Gli altri 35 invece furono smistati nei Cie di Bologna, Bari, Brindisi e Lamezia Terme. Nel frattempo però, gli avvocati hanno proseguito con i ricorsi contro il diniego della domanda di protezione internazionale e hanno ottenuto dal Tribunale di Napoli la sospensione dell’ordine d’espulsione e il rilascio di tutti i ricorrenti ancora nei Cie. Tutti tranne otto, che la questura di Brindisi insiste illegalmente a mantenere in detenzione nel Cie di Restinco.

20 July 2011

Cie Bologna: detenute in rivolta appiccano il fuoco

Cie Bologna

L'ennesima protesta al centro di identificazione e espulsione si è conclusa stavolta con l'incendio di materassi, coperte e suppellettili. Tutto è nato nella tarda mattinata di oggi nel settore femminile, ma la rivolta si sarebbe presto estesa anche al maschile. L'incendio è stato prontamente domato dai vigili del fuoco. Secondo la ricostruzione della Questura di Bologna, non ci sarebbero stati scontri fisici tra reclusi e forze dell'ordine, nè ci sarebbero stati feriti per l'incendio.

Trapani: rivolta al cie di Milo, in fuga 20 reclusi


Inaugurazione con rivolta e evasione. Una ventina dei detenuti - in gran parte tunisini - sono riusciti a fuggire nelle ultime 48 ore dal nuovo centro di identificazione e espulsione di Trapani. Quello aperto in contrada Milo due settimane fa. Tutto sarebbe nato dalle insistenti voci di un imminente rimpatrio collettivo in Tunisia, aggravate dalle notizie di nuovi scontri di piazza a Tunisi e Sidi Bouzid, che rischiano di riportare il paese nel caos. Per protestare contro il rimpatrio forzato, in un padiglione i reclusi hanno tentato il suicidio, alcuni tagliandosi le vene e altri sbattendo la testa contro il muro. Quando le forze dell'ordine si sono concentrate nel padiglione insorto, quelli degli altri padiglioni hanno approfittato del caos e si sono arrampicati sulla gabbia di ferro e poi sul muro di cinta. Ad aver fatto perdere le proprie tracce sarebbero una ventina di reclusi in tutto. Oggi in buona parte hanno anche lasciato la città di Trapani, diretti al nord. Prima di partire però, ci hanno raccontato di altri che non sono riusciti a fuggire e che sarebbero stati pesantemente picchiati a colpi di manganellate da parte delle forze dell'ordine. Si tratta della prima fuga in assoluto dal Cie di Milo, una struttura di massima sicurezza, di cui dall'esterno si vedono soltanto le gabbie gialle di ferro e il muro di cinta in cemento armato. La notizia dell'evasione è confermata anche dal sindacato di polizia Siulp, da mesi in trattativa con il ministero dell'Interno per un aumento dell'organico nella città di Trapani, dove si concentrano ormai tre campi di identificazione e espulsione (Vulpitta, Milo e Chinisia) e il centro d'accoglienza per richiedenti asilo di Salinagrande. Tutti e quattro gestiti da Connecting People.

Zenga zenga


Ricevo e volentieri pubblico questo racconto per immagini della guerra in Libia. Le foto sono di Alfredo Bini, con cui ho trascorso tre intense settimane insieme anche a Stefano Liberti, tra marzo e aprile a Benghazi, Ijdabiya e Misrata, di cui ho ampiamente scritto nei miei reportage. Nelle foto si vedono le manifestazioni sotto il tribunale di Benghazi, il fronte di Ijdabiya il giorno dei bombardamenti degli aerei di Gheddafi, i volontari ai corsi di addestramento nelle caserme di Benghazi, le foto dei martiri, i chadiani fuggiti dalla guerra alla frontiera con l'Egitto, il viaggio in peschereccio da Malta a Misrata e la città sotto assedio. Sullo sfondo, due pezzi della improvvisata colonna sonora del movimento del 17 febbraio che in quei giorni andavano per la maggiore sulle frequenze delle prime radio libere della Cirenaica. Intanto dalla Libia continuano a arrivare notizie di morti. Morti sotto le mine antiuomo disseminate dai miliziani di Gheddafi a Brega, prima di battere in ritirata. Morti sotto i missili dei mercenari al soldo del regime a Yafran, a Zlitan e a Misrata, ma anche sotto i bombardamenti della Nato a Tripoli e sul fronte di battaglia. È la guerra. Se non ci fossero stati gli aerei della Nato, i ribelli sarebbero stati spazzati via militarmente e annientati politicamente nel giro di poche settimane. Con l'appoggio degli alleati la partita si allunga, ma rischia di trascinare l'intero paese in una folle spirale di violenza. Ancora è presto per dire come andrà a finire. Ci limitiamo a raccontarvi come è iniziata, con le foto di Alfredo Bini. Solo per ricordare che l'entusiasmo della piazza non era dettato da nessun complotto internazionale, ma piuttosto da un genuino delirio di libertà, maturato nell'anno delle rivoluzioni arabe.

Sellotape, injections, razorblades and deportations

The tape is needed to immobilize the prisoners. All you have to do is wind it several times and very tightly around wrists and legs. And when they scream, to cover the mouth as well. The injection is used for the young women. Because they too misbehave sometimes. But one must be a gentleman so better to use a sedative than a beating. And finally the razorblades. Those are used by the men and women. Though one needs desperation as much as courage. You either slit your writs or you swallow them. And if you’re lucky and survive, you end up in the emergency room where, even if you don’t manage to escape, you can still consider yourself lucky because they did not repatriate you. Is it really worth it to go through all this just to avoid being sent back to your own country? It’s not up to us to decide. We’re not interested in formulating a classification of pain to decide to whom we should grant the right to travel. What we’re interested in is to tell what is now becoming Fortress Europe. The last stories come to us from the Centre for Identification and Expulsion of Ponte Galeria, in Rome. Here, in the last week, protests and episodes of self-harm have caused the cancellation of at least a dozen programmed expulsions. The last two Nigerians, a young man and a young woman, had already boarded the plane for Lagos, when a protest erupted on board.

19 July 2011

ريفوتريل، حالات انتحار، وانتفاضات. ماذا يجري في شارع كوريلِّي؟


في عام 2010 هزته سبعة انتفاضات وسبعة عمليات هروب. بعد ذلك لم نسمع عنه شيئاً. فلقد منعوا المحتجزين من استخدام الهواتف المحمولة، وبالتالي لم يتمكنوا من الاتصال بأحدٍ خارج المركز، ولا الاتصال بالصحافة وإخبارهم بما يجري داخل المركز. هذا من ناحية. من ناحيةٍ أخرى، قام مسئولوا الهيئة التي تدير المركز (الصليب الأحمر) بتطبيق سياسة التعتيم، وتخصيص مكاناً ثابتاً لإبداء القليل من الإنسانية. والآن، يبدو أنه تم إحداث ثغرة في جدار الصمت الذي – منذ سنةٍ - يكتنف مركز ميلانو لتحديد الهوية والترحيل. خرج أحدهم وتحدث إلينا. واحدة من قصص أرباب الأسر التي لا تنتهي. هو رب أسرة، نشأ في إيطاليا، سبق أن قام بجرح بطنه. إنها الأفعال اليائسة لثلاثة تونسيين حاولوا – بين نيسان/أبريل وآيار/مايو – الانتحار، وسبعة آخرين قاموا بحرق قسماً بأكمله. أفعالٌ تنم عن احتجاج يائس تذكرنا بمحاولة الانتحار التي قام بها يوم الثلاثاء الماضي المواطن المغربي الذي كان قد تم إصدار قراراً بتمديد مدة احتجازه لأكثر من ستة أشهر. كم من المآسي يتعين علينا أن نتحملها قبل أن ينتهي كل هذا العنف المؤسسي؟

Rivotril, suicides et émeutes dans le CIE de Milan


En 2010, il a été secoué par au moins sept révoltes et autant d'évasions. Puis, on n’en a plus eu aucune nouvelle. D’une part parce que les détenus n'étaient pas autorisés à utiliser leurs téléphones portables pour appeler à l'extérieur et dire à la presse ce qui se passe. D’autre part parce que les opérateurs de l'organe de gestion, la Croix-Rouge, préfèrent encore le silence et leur poste à un peu d'humanité. Maintenant, cependant, on aperçoit une brèche dans le mur du silence qui entoure le centre d'identification et d'expulsion (CIE) de Milan depuis un an. Quelqu'un est sorti et nous a raconté. L’histoire du énième père de famille qui a grandi en Italie et qui est marqué à vie par un acte criminel. Les gestes désespérés de trois Tunisiens qui entre avril et mai ont essayé de se tuer et de sept autres qui ont brûlé une section entière. Des gestes de protestation désespérée qui rappellent le tentative de suicide, mardi dernier, du Marocain à qui la détention a été prolongée au-delà du sixième mois. Combien de tragédies nous avons encore à endurer avant de voir la fin de toute cette violence institutionnelle?

Italy: guards that beat women in the CIE


Speechless. Because violence against women hurts even more. All the more so if the beating is done by a man in uniform. Look at these photos. They were taken in the Centre for Identification and Expulsion (CIE) of Ponte Galeria, in Rome. You can see a young detainee, from Tunisia. There are evident bruises and signs of beating by truncheons on her back and her arm. As she herself recounts: ‘We were playing football, I kicked the ball and it hit a young Nigerian woman in the face, we started to insult each other and in the end we grabbed each other by the hair. Neither one would let go and after hearing the screams three men entered, two from the Guardia di Finanza and one plain-clothed policeman. They started to beat us with their batons to separate us, in front of all the girls who were watching the scene. I was beaten on my back, my arm and my shoulder. I complained several times with the nurses at the CIE due to the intense pain and asked to be accompanied to hospital. But they just kept giving me tranquilisers.’

Rivotril, suicidi e rivolte. Che succede in via Corelli?


Nel 2010 è stato scosso da almeno sette rivolte e da altrettante evasioni. Poi non se ne è più saputo niente. Da un lato perché ai reclusi è stato proibito l'utilizzo dei telefonini per chiamare all'esterno e raccontare alla stampa quello che succede. Dall'altro perché gli operatori dell'ente gestore, la Croce rossa, continuano a preferire l'omertà e il posto fisso a un briciolo di umanità. Adesso però sembra aprirsi una breccia nel muro di silenzio che da un anno circonda il centro di identificazione e espulsione (Cie) di Milano. Qualcuno è uscito e ci ha raccontato. La storia dell'ennesimo padre di famiglia, cresciuto in Italia e segnato a vita da un precedente penale. I gesti disperati di tre tunisini che tra aprile e maggio hanno provato a togliersi la vita e di altri 7 che hanno incendiato un'intera sezione. Gesti di disperata protesta che ricordano il tentato suicidio di martedì scorso del marocchino a cui è stata prorogata la detenzione oltre il sesto mese. Quante tragedie dobbiamo ancora sopportare prima che tutta questa violenza istituzionale abbia fine? 

18 July 2011

Ribellarsi è giusto? Il caso dei tunisini al cie di Modena

In questi giorni si levano anche autorevoli voci contro la legge sui rimpatri in discussione in Parlamento, che porta a 18 mesi la detenzione nei centri di identificazione e espulsione. In rete circola anche l'appello "No al carcere per gli innocenti", firmato da personalità del mondo della cultura e della politica. E il 25 luglio è in programma una giornata nazionale di mobilitazione indetta da giornalisti e parlamentari per il diritto d'ingresso della stampa nei Cie. Fin qui sembrano essere tutti d'accordo. I toni però cambiano non appena i reclusi nei Cie si ribellano. Prendiamo il caso del Cie di Modena. Lo scorso 27 giugno una violenta rivolta esplosa nel pomeriggio, con porte scardinate, cancelli sfondati e duri scontri con militari, finanzieri e operatori della Misericordia, portò all'evasione di 30 reclusi tunisini. Nelle ore successive otto di loro furono rintracciati e arrestati immediatamente con l'accusa di lesioni, resistenza a pubblico ufficiale e danneggiamento. Il 16 luglio sono stati rimessi in libertà dal tribunale del riesame di Bologna, per un vizio di forma. Nessuno però ha applaudito alla loro liberazione. Nessuna voce di solidarietà, ma al contrario soltanto indignazione come se si trattasse di delinquenti. Eppure sono quelli che dall'interno dei Cie si sono ribellati ai 18 mesi di detenzione. Ovvero alla stessa idea per cui si firmano gli appelli in rete. Con la differenza che quando sei dentro, non basta fare un clic su un sito per dire no. Il rischio di ribellarti te lo prendi sulla tua pelle. Ma vediamo come è andata la storia nel dettaglio.

Rivotril, suicides and revolts in the CIE of Milano


In 2010 it was shaken up by at least seven revolts and by just as many evasions. Then nothing more was heard. On the one hand because detainees are forbidden from using telephones to make outbound calls to the press to talk about what is happening. On the other hand, because the employees of the management organisation, the Red Cross, keep preferring a conspiracy of silence and a permanent position to a shred of humanity. Now, however, a crack in the wall of silence, which has been surrounding the Centre for Identification and Expulsion (CIE) of Milano for over a year, seems to be opening. Someone came out and told all. The story of yet another father, raised in Italy and marked by a criminal record. The desperate acts of three Tunisians who between April and May attempted to take their lives and of seven men who lit fire to a whole section of the Centre. Desperate acts of protest reminiscent of last Tuesday’s attempted suicide by the Moroccan whose detention was extended beyond sixth months. How many more tragedies do we have to bear before all this institutional violence comes to an end?

An Italian judge: false imprisonments in Lampedusa


Personal liberty in an inalienable right. Sometimes somebody remembers. For sure, the justice of the peace of Palermo, Giuseppe Alioto, has never forgotten this, and in a sentence of last July 4th he expressly condemned as illegal and even unconstitutional the practice of arbitrary detention of the Tunisians in the reception centre of Lampedusa. It’s the first sentence of this kind since the reception centre of the island was turned into a prison, for all intents and purposes, last April.

Cie Milano: tenta il suicidio dopo proroga dei 6 mesi


È successo di notte, martedì scorso, 12 luglio. In cella dormivano tutti. Lui si è alzato senza fare rumore ed è andato in bagno a impiccarsi. Fortunatamente qualcuno se ne è accorto e l'ha salvato. Protagonista dell'ennesimo tentativo di suicidio al centro di identificazione e espulsione (Cie) di Milano è un cittadino marocchino di Brescia, che in Italia ha moglie e figli. Il giudice di pace gli aveva appena convalidato la proroga del trattenimento per altri due mesi, dopo che aveva già scontato 6 mesi di detenzione nel Cie di via Corelli. Si tratta della prima proroga oltre i sei mesi di cui abbiamo notizia. Lo stesso giorno a Milano un altro recluso, un argentino, ha avuto la proroga per il settimo e l'ottavo mese di reclusione. Si tratta dell'applicazione del decreto legge sui rimpatri, che prevede l'allungamento del periodo massimo di reclusione nei Cie da 6 a 18 mesi. Il decreto, varato dal Consiglio dei Ministri del 17 giugno scorso, ha una validità di 60 giorni, in attesa che il Parlamento lo converta in legge. La Camera lo ha già approvato, adesso si attende il verdetto del Senato. Nei prossimi giorni scadono i sei mesi di trattenimento di molti reclusi in vari Cie d'Italia. E c'è da aspettarsi rivolte e disperati gesti di autolesionismo se dovessero vedersi prorogare la detenzione, avendo atteso per sei mesi il giorno della propria liberazione.

Un giudice contro il governo: sequestri a Lampedusa


La libertà personale è un diritto inviolabile. A volte qualcuno se lo ricorda. Di sicuro non se l'è mai scordato il giudice di pace di Palermo Giuseppe Alioto, che in una sentenza della scorso 4 luglio ha espressamente condannato come illegali e addirittura incostituzionali le pratiche di detenzione arbitraria dei tunisini nel centro di accoglienza di Lampedusa. Si tratta della prima sentenza del genere da quando il centro di accoglienza dell'isola è stato trasformato, nell'aprile scorso, in un carcere a tutti gli effetti. Ed è un bel colpo per il governo, che sullo stato di eccezione ha costruito tutta la politica sui rimpatri in Tunisia. Ma stavolta le violazioni erano troppo grosse per far finta di niente. Hicham Boughanmi, il ricorrente, difeso dall'avvocato Barbara Cattelan del foro di Torino, era stato recluso 10 giorni, dal 6 maggio al 16 maggio, nel centro d'accoglienza dell'isola, per poi essere trasferito al centro di identificazione e espulsione (Cie) di Torino con un provvedimento di "respingimento differito". Il ricorso nasce da lì. Da quei 10 giorni di reclusione sull'isola, che nessun giudice ha mai convalidato. Secondo la difesa quella fu ingiusta detenzione, e fu una palese violazione dell'articolo 13 della costituzione italiana e dell'articolo 5 della Convenzione europea sui diritti dell'uomo.

16 July 2011

أخبار الوحشية المعتادة بمركز تحديد الهوية والترحيل بروما


كانت المرة الأخيرة التي دخلوا فيها إلى مركز تحديد الهوية والترحيل بروما منذ أسبوع. كان هذا في السادسة صباحاً. كان هناك ما يقرب من عشرين ضابطاً، منهم مَن يرتدي الزي العسكري ويمسك بالهراوات، ومنهم مَن يرتدي الزي المدني. وهناك كان ينام "رضا" تحت تأثير الأدوية النفسية التي كان يتناولها كل مساء ليتخلص من الأفكار السيئة. كان قد وصل إلى لامبيدوزا قبل هذا فقط بشهرين، ومن إيطاليا لم يزر سوى السجون: مركز الاستقبال في لامبيدوزا، ثم مركز الاستقبال في بونتيه جاليريا، ثم مركز تحديد الهوية والطرد بروما. فتح عينيه فقط عندما أنهضوه بالقوة من فراشه، رافعينه من ذراعيه. بدأ في الصراخ. فاستيقظ كل من كانوا بالحجرة، إلا اللبناني الذي يعاني من الحرق. ولكن - وقبل أن ينطق أحدهم بشيء - أمر رجال الشرطة بأن يبقى كل منهم في فراشه. عشرون في مواجه ستة، الهراوات في مواجهة العزل، لم يستطع أحد أن يتفوه بكلمةٍ واحدةٍ، فقط بقوا ليشاهدوا، بينما كان الشرطيون يخرجون "رضا" هكذا مثلما وجدوه في فراشه: في سرواله القصير وبصدره العاري. دون أن يتركوه حتى للذهاب إلى الحمام لغسل وجهه وقضاء حاجته. بقية المشهد شاهده زملائه بالزنزانة من النوافذ، في الفناء. يحكي إبراهيم: "لقد قيدوه مثل الدجاج، بحبلٍ من ساقيه، وآخر من معصميه، وذراعيه مُقَيَّدَان خلف ظهره. ولكي لا يصرخ ربطوا له خرقة على فمه، وحملوه. هكذا يتعاملون بمركز تحديد الهوية والترحيل بروما، وبغيره. الوجهة تقع على بعد أميال قليلة: مطار فيوميتشينو. إنها رحلات خطوط الطيران: يسمحون أولاً للركاب بالصعود، ثم تكدس الشرطة في الدقيقة الأخيرة السجناء الراغبين في ترحيلهم. بلغ عددهم ذلك اليوم عشريناً، وكانوا جميعاً تونسيين. أما الوجهة فكانت باليرمو، للقيام بعمليات تحديد الهوية التي يتم تنفيذها عادةً في القنصلية التونسية، وفي المطار مباشرةً. ومن هناك تبدأ الرحلة إلى تونس. المشهد يتذكره إبراهيم جيداً. ومن وقتٍ لآخر يحلم به أيضاً ليلاً

Chroniques d’une inhumanité ordinaire au Cie de Rome


La dernière fois ils sont entrés il y a une semaine. A six heures du matin. Une dizaine d'agents en tout, certains en uniforme, les matraques à la main, et des civils. Ridha dormait encore, sous l'effet des médicaments psychotropes qu'il prend tous les soirs pour chasser les mauvaises pensées. Il était arrivé à Lampedusa, deux mois avant. Et de l'Italie il n’avait vu que ses cages. D’abord celle du centre d'accueil de Lampedusa, puis celle de Ponte Galeria, le centre d'identification et d'expulsion (CIE) de Rome. Il a ouvert ses yeux qu'après avoir été soulevé de poids du matelas, le tirant par ses bras. Et puis il a commencé à crier. Dans le dortoir tout le monde s’est réveillé, tous sauf le Libanais brûlé. Mais avant que quelqu'un puisse dire quelque chose la police a ordonné de rester au lit. Vingt contre six, matraques contre mains nus, personne n'a eu le courage de parler. Et ils sont restés regarder les agents qui emportaient le pauvre Ridha tel qu’ils l’avaient trouvé dans son lit, en short et torse nu. Sans même le laisser aller à la toilette se laver le visage et faire ses besoins. Ses compagnons de cellule ont assisté au reste de la scène par les fenêtres, dans la cour. «Ils l'ont attaché comme un poulet», affirme Brahim aujourd'hui. Avec une corde : par les jambes et les poignets, les bras pliés derrière le dos. Et pour ne pas qu’il pleure, ils lui ont serré une bande sur la bouche et l'ont emmené. C’est comme ça au Cie de Rome, et ailleurs. La destination est à quelques kilomètres. L'aéroport de Fiumicino. Ce sont des vols réguliers où d’abord montent les passagers et à la dernière minute la police avec les détenus qui doivent être expulsés. Ce jour-là ils étaient à 20. Tous des Tunisiens. Destination Palerme, pour les opérations d'identification qui sont normalement effectuées par le Consulat de Tunisie, directement à l'aéroport. Et de là, le vol à destination de Tunis. Brahim se souvient bien de la scène. Et de temps en temps, il en rêve la nuit.

Cronache di ordinaria disumanità dal Cie di Roma


L'ultima volta sono entrati una settimana fa. Alle sei del mattino. Una ventina di agenti in tutto, tra quelli in divisa coi manganelli in mano e i civili. Ridha dormiva ancora, sotto gli effetti degli psicofarmaci che prendeva ogni sera per scacciare i cattivi pensieri. Era arrivato a Lampedusa un paio di mesi prima. E dell'Italia aveva visto soltanto le gabbie. Prima quella del centro di accoglienza di Lampedusa, poi quella di Ponte Galeria, il centro di identificazione e espulsione (Cie) di Roma. Ha aperto gli occhi soltanto dopo che lo hanno alzato di peso dal materasso, tirandolo su per le braccia. E allora ha cominciato a sbraitare. Nella camerata si sono svegliati tutti, tranne il libanese ustionato. Ma prima che qualcuno dicesse niente la polizia ha ordinato di rimanersene a letto. Venti contro sei, manganelli contro mani nude, nessuno se l'è sentita di dire niente. E sono rimasti a guardare, con gli agenti che portavano via il povero Ridha così come lo avevano trovano a letto: in pantaloncini corti e a torso nudo. Senza lasciarlo nemmeno andare in bagno per sciacquarsi il viso e fare i suoi bisogni. Il resto della scena i suoi compagni di cella l'hanno vista dalle finestre, nel cortile. “L'hanno legato come un pollo”, racconta oggi Brahim. Con una corda: alle gambe e una ai polsi, le braccia piegate dietro la schiena. E per non farlo gridare, gli hanno stretto una fascia sulla bocca e l'hanno portato via. Funziona così al Cie di Roma, e non solo. La destinazione è a pochi chilometri. Aeroporto di Fiumicino. I voli sono quelli di linea, prima fanno salire i passeggeri e poi all'ultimo minuto monta la polizia con i reclusi da espellere. Quel giorno erano in 20. Tutti tunisini. Destinazione Palermo, per le operazioni di identificazione che svolge abitualmente il Consolato tunisino, direttamente in aeroporto. E da lì il volo per Tunisi. Brahim la scena la ricorda bene. E di quando in quando se la sogna pure la notte.

Sbarcati in Tunisia i naufraghi soccorsi da nave Nato

Si è conclusa questa mattina la vicenda della Almirante Juan de Borbón, la nave da guerra spagnola che da domenica scorsa vagava nel Mediterraneo centrale con 111 naufraghi a bordo, soccorsi sulla rotta per Lampedusa mentre fuggivano dalla Libia in guerra. Italia e Malta si erano rifiutate di dare approdo ai passeggeri. Come se il diritto d'asilo e il diritto marittimo non valessero più niente in Europa. Questa mattina i passeggeri della fregata sono stati trasbordati su navi della marina tunisina e sbarcati in Tunisia. Da lì dovrebbero essere inviati nei campi profughi di Choucha, al confine con la Libia, dove già si trovano migliaia di profughi, fuggiti dalle bombe della Nato su Tripoli e dai combattimenti che ancora infuriano in diverse città del paese per la liberazione dal regime di Gheddafi. Una soluzione piuttosto ambigua e che lascia aperti una serie di interrogativi.

15 July 2011

Lettera aperta di cinque detenuti del Cie di Roma


"Vogliamo che tutti i cittadini italiani sentano la nostra voce, che vicino a Roma ci sono 250 persone che soffrono di brutto, tutti giovani, donne e uomini, gente che è venuta qua in Italia perchè sogna la libertà, la democrazia. Perchè non abbiamo vissuto la democrazia, abbiamo sentito quella parola ma non l’abbiamo mai vissuta. Noi chiediamo l’aiuto della gente fuori, aiutateci e dovete capire che qua c’è gente che non ha fatto male a nessuno e che sta soffrendo. Noi soffriamo già 6 mesi, figurati 18 mesi. Se passa la legge qui c’è gente che fa la corda perchè già così, con i sei mesi, c’è gente che si è tagliata le mani, figurati con diciotto mesi, la gente si ammazza, la gente esce fuori di testa. Chiediamo che la gente là fuori, tutti, anche i partiti politici, faccia di tutto per non far passare quella legge. Chiediamo che la gente fuori, ogni giovedì mattina, vada a vedere a Fiumicino le persone portate via con la forza, che vada a fermare il massacro".

Sono cinque detenuti del centro di identificazione e espulsione (Cie) di Roma, a Ponte Galeria. Hanno scritto una lettera aperta agli italiani, perché si conoscano le condizioni in cui sono detenuti. Rainews24 ha dedicato alla loro iniziativa il servizio televisivo che vedete qua sopra. Il testo integrale della lettera si può leggere sul sito di Radio Onda Rossa. Il prossimo 25 luglio, una delegazione di parlamentari visiterà il Cie romano, che come tutti gli altri Cie, dal primo aprile è vietato alla stampa.

14 July 2011

Continua l'odissea dei naufraghi salvati da nave Nato


La storia va avanti ormai da quattro giorni. E non fa onore a nessuno. Domenica scorsa una nave da guerra della marina spagnola, la Almirante Juan de Borbón, impegnata nella missione Nato in Libia, ha soccorso un vecchio peschereccio partito da Zuwara e finito alla deriva con un carico di 111 passeggeri diretti a Lampedusa in fuga dalla guerra in Libia, comprese 17 donne e 8 bambini piccoli. La barca aveva il motore in panne e anche il tentativo dei militari spagnoli di ripararlo si è dimostrato inutile. Così, come prescritto dal diritto marittimo internazionale, è scattato il salvataggio e i 111 naufraghi sono stati presi a bordo sulla nave da guerra. Il soccorso è avvenuto a circa 78 miglia dalla Tunisia, 88 da Lampedusa e 141 da Malta. Da allora è iniziata una frenetica attività diplomatica per convincere qualcuno a prendersi i naufraghi. Tecnicamente, il comando della nave militare ha dichiarato l'evento Sar (Search and Rescue, ovvero ricerca e soccorso) alle capitanerie di porto italiane e maltesi. Nessuno dei due paesi però è disposto ad autorizzare lo sbarco dei cento indesiderati profughi di guerra. Roma si sarebbe giustificata sostenendo che il luogo dei soccorsi era troppo lontano per consentire un utile intervento delle motovedette e che, comunque, il centro di accoglienza di Lampedusa era saturo e non poteva accogliere altri naufraghi. Malta invece si sarebbe rifiutata di intervenire perché la fregata si trovava a oltre dieci ore di navigazione. Alla fine però qualcuno ha deciso di forzare il blocco navale, e la nave da guerra ha mosso i motori in direzione del porto di La Valletta. Malta è stata informata della mossa in ritardo, quando ormai la fregata era a sole 40 miglia dall'isola, e ha reagito bloccando l'accesso al porto di La Valletta e inviando una nota di protesta al comando della Nato. Intanto però le condizioni dei naufraghi a bordo sarebbero critiche. Una donna incinta, il figlio e un uomo con una ferita alla mano sono stati trasferiti a bordo di una motovedetta tunisina. Mentre un'altra donna, un neonato di dieci mesi e un ragazzo sono stati trasferiti in elicottero oggi a Malta per essere ricoverati in ospedale.

Passa il dl rimpatri alla Camera. Ora tocca al Senato

Con 273 voti favorevoli e 257 contrari, la Camera dei deputati ha approvato oggi il decreto legge che recepisce la direttiva europea sui rimpatri e che estende da 6 a 18 mesi il limite della detenzione nei centri di identificazione e espulsione (Cie). La parola adesso passa al Senato che dovrà approvare la legge entro il 17 agosto, data di scadenza del decreto legge varato dal governo il 17 giugno scorso. Nel frattempo però il decreto ha valore di legge e pare che stiano iniziando ad applicarlo. Al Cie di Milano infatti sarebbero state convalidate nei giorni scorsi due proroghe di ulteriori due mesi di detenzione a due reclusi che avevano già scontato sei mesi nel Cie di via Corelli. Il grosso però, deve ancora arrivare. Nei prossimi giorni infatti scadranno i sei mesi di trattenimento per molti tunisini reclusi nei Cie ai tempi degli sbarchi di gennaio e febbraio. E c'è da aspettarsi ulteriori momenti di tensione e di proteste, qualora dovessero vedersi prorogare la detenzione di altri due mesi. Come se i tre mesi appena trascorsi nei Cie fossero stati tranquilli... L'altra notizia è che oggi la Camera ha bocciato un ordine del giorno dell'opposizione che chiedeva di ristabilire l'accesso della stampa nei Cie. Pertanto è confermata per il 25 luglio la giornata nazionale di mobilitazione di parlamentari e giornalisti per ristabilire il diritto di cronaca nei Cie, vietati alla stampa ormai dal primo aprile, come denunciamo da mesi online con il nostro appello Lasciateci entrare!

13 July 2011

Frontex, how much are you costing me?

Flight destination
Operation Joint Return 2010
Number of deported Expenses in Euro
Nigeria-Camerun-Gambia
777
4.111.175 
Kosovo-Albania
530
588.865
Georgia-Armenia
225
986.171
Colombia-Ecuador
215
1.010.329
Iraq
154
945.529
Ucraina
116
210.777
Burundi
21
273.206
Totale
2.038
8.525.782
Three hudred thousand Euros to repatriate 21 Burundi nationals. Four hundred thousand for 56 Iraqis and an astounding half million for 60 Nigerians. The expulsion machine in Europe does not seem to know about crisis. At least, judging from the last annual report by Frontex, the agency for the patrol of the external borders of the European Union, which in one year managed to spend the fantastic sum of 8,525,782 Euros to repatriate 2,038 people. And the amount includes just travel costs, not the cost of detention in the identification centres nor the legal fees for the trials to validate the detention. In other words, in hindsight the much flaunted joint return operations have been a fiasco from the economical point of view as well. And to say that the idea was born precisely to save time and money. Instead of using scheduled flights, Frontex rents airplanes from private companies and makes them stop over in various European countries until they are filled only with passengers to expel and their respective police escort. Of the existence of these operations, no one makes a mystery anymore, all the member States collaborate, including Italy. And they brag about it. No one, however, till now, had told us how much they cost.

Frontex quanto mi costi? 10 milioni per 2.000 rimpatri

Destinazione charter Frontex
OperazioneJoint Return 2010
Numero rimpatriatiSpesa in euro
Nigeria-Camerun-Gambia
777
4.111.175 
Kosovo-Albania
530
588.865
Georgia-Armenia
225
986.171
Colombia-Ecuador
215
1.010.329
Iraq
154
945.529
Ucraina
116
210.777
Burundi
21
273.206
Totale
2.038
8.525.782
Trecentomila euro per rimpatriare 21 burundesi. Quattrocentomila per 56 iraqeni e addirittura mezzo milione per 60 nigeriani. La macchina delle espulsioni in Europa non sembra conoscere crisi. Almeno a giudicare dall'ultimo rapporto annuale di Frontex, l'agenzia per il pattugliamento delle frontiere esterne dell'Unione europea, che in un anno è riuscita a spendere la bellezza di 8.525.782 euro per rimpatriare 2.038 persone. E la cifra include soltanto le spese di viaggio, non le spese di detenzione nei centri di identificazione né le spese giudiziarie per i processi di convalida del trattenimento. Insomma col senno di poi le tanto sbandierate joint return operations sono un fiasco anche dal punto di vista economico. E dire che l'idea era nata proprio per risparmiare tempo e denaro. Anziché usare i voli di linea, Frontex affitta degli aerei da compagnie private e gli fa fare scalo in vari paesi europei fino a riempirli di soli passeggeri da espellere e della relativa scorta di polizia. Sull'esistenza di queste operazioni, ormai nessuno ne fa più un mistero, collaborano tutti gli Stati membri, Italia compresa. E se ne fanno vanto. Nessuno però fino ad oggi ci aveva detto quanto costassero.

كم تبلغ تكلفة فرونتكس؟ 10 ملايين لإعادة 2000 شخص

وجهة رحلة فرونتكس

عمليات الترحيل الجماعي 2010
عدد الركابالتكلفة باليورو
نيجيريا والكاميرون وغامبيا
777
4.111.175 
كوسوفو وألبانيا
530
588.865

جورجيا وأرمينيا
225
986.171
كولومبيا والإكوادور
215
1.010.329

العراق
154
945.529
أوكرانيا
116
210.777
بروندي
21
273.206
الإجمالي
2.038
8.525.782
ثلاثمائة ألف يورو لترحيل 21 بورونديًّا، 400.000 لترحيل 56 عراقيًّا، ونصف مليون لترحيل 60 نيجيرياًّ. يبدو أن ماكينات الطرد لم تعان أي أزمات. هذا ما يمكن تقديره من خلال التقرير السنوي الأخير لفرونتكس، وكالة حماية الحدودرالخارجية للاتحاد الأوروبي، والتي نجحت في عامٍ واحدٍ أن تنفق 8.525.782 يورو لترحيل 2.038 شخصاً. وهذا الرقم لا يشمل سوى نفقات السفر، وليس نفقات الاحتجاز في مراكزتحديد الهوية ولا النفقات القضائية لقضايا شرعية الاحتجاز. باختصار فعمليات الترحيل الجماعية هي تجربة فاشلة من الناحية الاقتصادية. خاصةً أن الفكرة قد نشأت لتوفير الوقت والمال. بدلاً من استخدام الرحلات المجدولة تقوم فرونتكس باستئجار الطائرات من شركات خاصة وتتوقف بها في مختلف البلدان الأوروبية لشحن الركاب فقط، الذين هم في حاجة لطردهم، إضافةً إلى مرافقيهم من الشرطة للحراسة. وعن وجود مثل هذه العمليات فالأمر يكتنفه بعض الغموض، تتعاون جميع الدول الأعضاء معاً، بما فيهم إيطاليا. ولم يخبرنا أحدٌ حتى الآن كم تتكلف هذه الرحلات