Si è conclusa questa mattina la vicenda della Almirante Juan de Borbón, la nave da guerra spagnola che da domenica scorsa vagava nel Mediterraneo centrale con 111 naufraghi a bordo, soccorsi sulla rotta per Lampedusa mentre fuggivano dalla Libia in guerra. Italia e Malta si erano rifiutate di dare approdo ai passeggeri. Come se il diritto d'asilo e il diritto marittimo non valessero più niente in Europa. Questa mattina i passeggeri della fregata sono stati trasbordati su navi della marina tunisina e sbarcati in Tunisia. Da lì dovrebbero essere inviati nei campi profughi di Choucha, al confine con la Libia, dove già si trovano migliaia di profughi, fuggiti dalle bombe della Nato su Tripoli e dai combattimenti che ancora infuriano in diverse città del paese per la liberazione dal regime di Gheddafi. Una soluzione piuttosto ambigua e che lascia aperti una serie di interrogativi.
Da un lato fa onore alla Tunisia, che nonostante abbia visto transitare dalla sua frontiera con la Libia oltre 600.000 persone in fuga dalla guerra, continua a mostrare generosità e disponibilità all'accoglienza. D'altro canto però rappresenta pur sempre un pericoloso precedente di respingimento differito. Perché il punto ancora una volta è che per ragioni di opportunità politica (consenso elettorale interno) tre governi (italiano, spagnolo e maltese) hanno negato a più di cento persone l'accesso alla richiesta d'asilo politico. Con l'aggravante che si sapeva con certezza che quei passeggeri provenivano da un paese in guerra, la Libia, attaccato fra l'altro anche da mezzi italiani e spagnoli. Il timore allora è che questa diventi la prassi. Di naufraghi bloccati in acque internazionali e respinti verso la Tunisia, dove al di là della temporanea accoglienza nelle tendopoli di Choucha, non hanno alcuna seria prospettiva di vita. E da dove quindi c'è da aspettarsi che prima o poi riprendano la via del mare, mettendo di nuovo a rischio la propria vita per espugnare la fortezza Europa, richiusa su se stessa anche quando a poche miglia dai suoi mari si combatte una guerra, che è la sua guerra oltretutto.