30 January 2012

Grecia: 1 morto e 6 dispersi al confine con la Turchia

Dall'Afghanistan era partita con suo nonno. Lei è una bambina di 9 anni, lui un signore di 55. Domenica scorsa si sono perse le loro tracce in una zona di frontiera tra Turchia e Grecia. La barca su cui viaggiavano con altri 9 passeggeri lungo il fiume Evros si è rovesciata nell'acqua gelida e la corrente del fiume se li è portati via. Per sempre. I loro corpi non sono stati ritrovati. Ma la speranza di ritrovarli in vita è sotto zero. Come le temperature che in questi giorni colpiscono tutta la regione. Ieri facevano meno dieci quando un ragazzo arabo è stato ritrovato morto assiderato. E nelle settimane scorse altre quattro persone hanno perso la vita lungo lo stesso fiume, l'Evros, passaggio obbligato per entrare in Grecia viaggiando dalla Turchia. Una rotta sempre più battuta negli ultimi anni dai viaggiatori di mezzo mondo, eritrei, algerini, somali, marocchini, afghani, kurdi, iraniani. Di seguito il dettaglio della notizia sulla stampa francese.

28 January 2012

Grecia: 5 morti sulla rotta per l'Italia

Il progetto era di imbarcarsi per la Puglia salpando dalle coste occidentali della Grecia. L'imbarco era previsto per la notte stessa o nei giorni successivi. Erano partiti apposta da Atene. Nascosti in un camioncino con gli altri compagni di viaggio, almeno una quarantina, tutti afghani. Ma a metà strada il camioncino ha fatto un incidente, si è rovesciato e ha causato la morte sul colpo di cinque di loro. Sono le ultime vittime della Fortezza Europa. Cinque giovani che anziché salire in aereo con un biglietto low cost come facciamo tutti noi, sono stati costretti a spostarsi di nascosto, in clandestinità, come dei criminali, colpevoli di viaggio nei tempi della globalizzazione. Di seguito il dettaglio della notizia.

Libia: ritrovati 15 corpi dopo il naufragio

E' confermata la notizia del naufragio dei 55 somali dispersi sulla rotta per Lampedusa da ormai due settimane. L'ambasciatore somalo a Tripoli, Abdelghani Wais ha informato del ritrovamento di 15 cadaveri nelle acque di Misrata, tra i quali 12 donne e un bambino. Nessuna traccia invece degli altri 40 passeggeri inghiottiti dal mare. Di seguito il dettaglio della notizia.

23 January 2012

Soltanto il mare


Negli ultimi dieci anni a Lampedusa sono approdate decine di migliaia di persone. Nessuno però ci era ancora ritornato. Tantomeno per fare un film. Dagmawi Yimer però sentiva forte questo bisogno. Un po' per conoscere l'isola di cui nel 2006 aveva visto soltanto il molo, il centro d'accoglienza e l'aeroporto. E un po' per dire grazie agli uomini della guardia costiera che gli salvarono la vita, e fare pace con la sua storia, che da quel giorno è cambiata, e con quel mare che tante vite ha inghiottito, e con quella gente, gli isolani, spesso strumentalizzati dai media. E allora questo film (50 minuti) diventa un omaggio all'isola, e un tentativo più unico che raro, di fare dialogare i suoi abitanti con uno che è venuto dal mare, e che ormai quell'isola la sente un po' come una seconda casa. Un film di Dagmawi Yimer (già coautore di Come un uomo sulla terra), Giulio Cederna e Fabrizio Barraco

22 January 2012

الربيع العربي داخل مراكز تحديد الهوية والترحيل في ايطاليا

مركز تحديد الهوية والترحيل في تورينو, 6 نوفمبر 2009

إضرابات عن الطعام، وأشخاص تلحق الضرر بأنفسها، وحرائق، وعمليات هروب، وأعمال شغب أخرى. سيذكر الناس عام 2011 على أنه أكثر الأعوام سخونة في تاريخ مراكز تحديد الهوية والترحيل بإيطاليا. المتمردون هم شباب تونسيون وصلوا إلى لامبيوزا وكان مصير الآلاف منهم هو الاحتجاز داخل مراكز تحديد الهوية والترحيل، بعد الاتفاق الذي أُبرم بين روما وتونس في 5 أبريل 2011. أمام استحالة الاعتراف بحقم في السفر بالطرق القانونية، قرروا أن يتسعيدوا هذا الحق بآخر شيء تبقى لديهم: أجسادهم. نفس الأجساد التي وقفت في وجه أعيرة نظام بن علي النارية أثناء ثورة يناير في تونس. الأجساد التي عبروا بها البحر، والتي يحاولون بها الآن تسلق الأقفاص المحتجزين داخلها، والمخاطرة بأن ينتهى بهم الحال إما داخل إحدى المستشفيات وعظامهم متكسرة إثر تعرضها لضربات الهراوات، أو داخل السجن بتهمة الاعتداء على موظف حكومي أثناء تأدية عمله.

Monti: prematuro dire no ai respingimenti

Mancano ormai poche settimane alla sentenza della Corte Europea dei diritti umani (Cedu) chiamata a giudicare l'Italia per il respingimento in Libia di 24 rifugiati politici eritrei e somali nel maggio 2009. Da due anni in molti si chiedono se una condanna della Cedu sara' sufficiente a far cambiare le politiche italiane ed europee nel Mediterraneo. Una prima risposta c'e' gia' ed e' delle peggiori. Me l'ha data il primo ministro italiano Mario Monti ieri mattina a Tripoli, durante la conferenza stampa con il capo del governo libico Al Kibb. "Mi sembra prematuro ipotizzare qualsiasi tipo di cambiamento delle politiche italiane di contrasto all'immigrazione clandestina, tuttavia il rispetto dei diritti umani rimane una priorita' del governo italiano". Un elegante giro di parole per dire che il nuovo corso delle politiche italiane in frontiera seguira' il solco scavato dai Maroni e dai Berlusconi, e prima di loro dai Prodi e dagli Amato. Finita la guerra in Libia, l'Italia continuera' a respingere in Libia le persone fermate in acque internazionali. E Finmeccanica riprendera' quanto prima la costruzione del sistema elettronico di sorveglianza delle frontiere sud della Libia. Per adesso le traversate del Canale di Sicilia sono ferme da agosto, da quando con la liberazione di Tripoli hanno smesso di operare le milizie di Gheddafi che si occupavano degli imbarchi. Tuttavia la settimana scorsa un gruppo di circa 200 somali ha preso il largo da un tratto di costa tra Khums e Misrata, compresi 55 dispersi in mare in un naufragio. E' il segno che le partenze per l'Italia potrebbero ricominciare. E con esse i respingimenti verso la Libia. Il che desta la massima preoccupazione anche nella Libia del post dittatura.

Egitto: un uomo e una donna uccisi nel Sinai

Ancora 2 vittime sulla frontiera tra Egitto e Israele. Sono un uomo e una donna, colpiti a morte dai proiettili della polizia egiziana di frontiera. Decine di africani sono uccisi ogni anno su questa frontiera da quando, cinque anni fa, si è aperta la rotta dal corno d'Africa verso Israele, complice la chiusura della rotta libica verso l'Italia con i respingimenti.

Le printemps arabe des centres d’expulsion italiens 


Des grèves de la faim, des automutilations, des incendies, des évasions et de véritables émeutes. On se souviendra de l’année 2011 comme de la période la plus chaude dans les centres l'identification et d'expulsion (CIE) italiens. Les rebelles sont les jeunes Tunisiens qui ont débarqué sur l’île de Lampedusa, en Sicile, et qui ont fini par milliers dans les Centres, après l'accord du 5 avril 2011entre Rome et Tunis. N’ayant pas réussi à obtenir la reconnaissance de leur droit de voyager à travers la loi, ils ont décidé de reprendre leurs droits par la seule chose qui ne leur a pas été enlevée: leurs corps. Leurs corps qui étaient exposés aux balles de la police du régime de Ben Ali pendant la révolution de janvier en Tunisie. Leurs corps qui ont traversé la mer et qui tentent maintenant de sauter par-dessus le grillage des cages où ils ont été enfermés, le risque de se retrouver à l'hôpital, les os fracturés par les coups, ou en prison accusés d’agression contre les forces de sécurité.

20 January 2012

Marocco: 4 ragazzi annegati tra Nador e Melilla

Si continua a morire lungo la frontiera con l'Europa, tra Marocco e Spagna. Stavolta però la dinamica è nuova. Niente barche e niente naufragi. Ma un inseguimento delle forze dell'ordine marocchine. Succede a Nador, alle porte dell'enclave spagnola di Melilla, a sud dello stretto di Gibilterra. Lo scorso 9 gennaio qui sono stati ritrovati i corpi senza vita di tre giovani africani annegati nella località di Atalayoune, sulle rive della laguna di Marchica. Nella stessa località è stato poi rinvenuto un quarto cadavere, che un testimone oculare ha riconosciuto. Lo stesso testimone ha raccontato di aver visto quel ragazzo inseguito dalle forze ausiliarie marocchine di guardia alla frontiera. Forze ausiliarie che - sempre secondo il testimone oculare - non sarebbero intervenute una volta che l'uomo è caduto in mare. La notizia è stata diffusa da due associazioni marocchine. Di seguito trovate il loro comunicato stampa in francese.

Les mères de deux jeunes tunisiens disparus racontent


Amel, membre de l’association citoyenne des journalistes de Qasserine, en Tunisie, a rencontré les mères, les sœurs et les amis des deux jeunes de Qasserine disparus en mer sur la route vers l’île sicilienne de Lampedusa, en Italie, au printemps dernier. La vidéo est en arabe sous-titrée en français.

19 January 2012

The CIE’s Arab Spring: 580 escapes in 2011


Hunger strikes, self-harm, arson, escapes and out-and-out riots. 2011 will be remembered as the hottest year of the Italian Centres for Identification and Expulsion (CIEs). The rebels are the young Tunisian men who landed in Lampedusa and ended up in the thousands of CIEs after the agreement between Rome and Tunis of April 5, 2011. In the face of their inability to gain legal recognition for their right to travel, they decided to get it back with the only means left to them: their bodies. The same bodies that were exposed to the bullets of the Ben Ali’s police regime during January’s revolution in Tunisia. The bodies with which they crossed the sea and are now trying to jump over the cages where they have been locked up, risking a trip to hospital with broken bones from beatings, or to prison on charges of assaulting a public official.

17 January 2012

Libia: 55 dispersi sulla rotta per Lampedusa

Nuovo lutto nel Mediterraneo. La capitaneria di porto di Misrata, in Libia, ha recuperato questa mattina un gommone alla deriva al largo di Khums. A bordo e' stato ritrovato il corpo senza vita di un giovane uomo. Nessuna traccia invece degli altri passeggeri, probabilmente trascinati via dalle correnti. Il ritrovamento segue di un giorno l'allarme lanciato in Italia dal giornalista dell'edizione in lingua somala della Bbc Radio, Aden Sabrie, che aveva ricevuto un sos dai familiari residenti in Italia di alcuni dei 55 passeggeri del gommone finito alla deriva, apparentemente tutti somali. L'imbarcazione faceva parte di un gruppo di quattro imbarcazioni salpate probabilmente dalla costa tra Zlitan e Khums, a est di Tripoli, probabilmente il 14 gennaio. Due delle imbarcazioni (rispettivamente con 25 e 90 passeggeri a bordo), sono state soccorse il 15 gennaio dalla guardia costiera maltese. Lo stesso giorno, una terza barca con 72 persone a brodo era stata soccorsa dalla guardia costiera italiana 40 miglia a sud di Lampedusa. La notizia del naufragio proviene da un dirigente del porto di Misrata, che ci ha mostrato anche le foto del gommone ritrovato.

15 January 2012

Lampedusa: le immagini dei pestaggi


In queste immagini girate da Alessio Genovese e mandate in onda da Presa Diretta su Rai Tre il 15 gennaio 2012, si vede la ricostruzione della rivolta dei tunisini a Lampedusa lo scorso 20 settembre 2011 e la dinamica dei pestaggi effettuati dalla polizia contro i ragazzi tunisini che stavano manifestando pacificamente nel centro del paese. Dal minuto 7'30'' fino alla fine del filmato. 

 Per capire meglio la dinamica dei fatti è utile anche questo secondo filmato, che mostra i ragazzi che per fuggire alle bastonate si buttano nel vuoto giù dal muro della pompa di benzina.

14 January 2012

رواية أمهات اثنين من المفقودين في القصرين


أمل، فتاة من لجنة المدنية الخاصة بصحافيين القصرين، أخوات وأصدقاء اثنين من شباب القصرين الذين فقدوا في البحر في طريقهما إلى لامبيدوزا في الربيع الماضي. الفيديو باللغة العربية مصحوبة بترجمة إلى اللغة الفرنسية

12 January 2012

Spagna: 198 morti nello stretto di Gibilterra nel 2011

Secondo il nuovo rapporto annuale della Associazione per i diritti umani dell'Andalusia (Apdha), nel 2011 hanno perso la vita sulla rotta verso la Spagna almeno 198 persone, il 50% in più delle 131 vittime registrate dalla stessa associazione nel 2010. Secondo i dati di Apdha, la maggior parte dei decessi si è registrata lungo le coste andaluse, in particolare nella provincia di Granada (73), seguita da Almería (3), Málaga (2) e Cádiz (1). Altri 69 ragazzi hanno perso la vita nelle acque algerine, nella prima parte del viaggio, altri 34 sono morti annegati davanti alle spiagge delle due enclave spagnole in Marocco di Ceuta e Melilla, 11 in Marocco e altri 5 sulle coste orientali della Spagna. Di seguito il dettaglio della notizia sulla stampa spagnola.

10 January 2012

Spagna: trovati i corpi di 2 naufraghi a Motril e Almeria

A galla l'ha tenuto il giubbetto salvavita che aveva allacciato stretto prima di imbarcarsi. Ha vagato in balia delle correnti per almeno una settimana, prima che la guardia costiera spagnola lo avvistasse, ormai divorato dai pesci e in avanzato stato di decomposizione. La macabra scoperta è avvenuta oggi a 33 miglia a sud di Motril, Granada. Questa mattina un altro cadavere era stato ripescato 25 miglia a sud est di Cabo de Gata, ad Almería. Sono i primi due corpi di naufraghi affiorati dal Mediterraneo nel 2012, in una regione, quella dello stretto di Gibilterra, che ha visto morire migliaia di giovani lungo la frontiera dalla fine degli anni Ottanta ad oggi. Di seguito il dettaglio della notiza sulla stampa spagnola.

Melilla: ritrovato un cadavere a Horcas Coloradas

Ad avvistarlo è stato un signore che portava a passeggio il cagnolino sulla spiaggia di Horcas Coloradas, a Melilla. Che sia il cadavere di un giovane emigrante non ci sono dubbi. Anche perché attorno alla vita aveva ancora la camera d'aria nera di un'auto. Le usano come ciambelle. Per non essere portati via dalla corrente gelida del mare d'inverno. Sì perché ormai a Ceuta e a Melilla, le due enclaves spagnole in terra marocchina, si entra così, a nuoto. La scorsa vigilia di Natale sono riusciti ad aggirare le pattuglie di Ceuta in 68, tutti insieme, buttandosi in mare a nuoto. Ma i rischi sono altissimi. Di seguito i dettagli della notizia sulla stampa spagnola.

09 January 2012

Fratelli Tunisini. Lo speciale di Presa Diretta


La rivoluzione in Tunisia, l'Europa che foraggiava il dittatore Ben Ali, anche con i fondi della cooperazione internazionale, e che oggi abbandona la giovane democrazia appena uscita dalle elezioni. Il sogno dei ragazzi partiti su una barca per l'Italia con l'idea di riscattarsi, e la disillusione dei tanti di loro che alla fine hanno deciso di tornare a casa. La disperazione dei genitori dei dispersi in mare, e la loro ricerca nei centri di identificazione e espulsione di mezza Italia. E infine le immagini dei pestaggi di Lampedusa del 20 settembre. Tutto questo nell'ultima puntata di Presa Diretta: Fratelli Tunisini. Ieri sera, 8 gennaio 2012, su Rai Tre l'hanno vista due milioni e mezzo di telespettatori, circa l'8,6% dello share. E da oggi è disponibile anche online. Il video integrale della puntata si può scaricare dall'archivio della Rai cliccando sull'immagine sopra. Passaparola.

08 January 2012

Libia: salvati 71 egiziani naufragati su rotta per Italia

Erano partiti una settimana fa dall'Egitto. Settantuno ragazzi. In Italia li aspettavano parenti e amici. La rotta è la stessa battuta da anni, quella che va dai porti di Rashid, Burgh Mghrizil e Alexandria verso le coste orientali della Sicilia e della Calabria. Stavolta però il motore li ha abbandonati a metà strada. A soccorrerli al largo delle coste di Benghazi, lo scorso 6 gennaio, sono stati i mezzi della guardia costiera libica, dopo aver ricevuto diversi sos via radio. Secondo quanto riportato dalla stampa egiziana, e in particolare dal quotidiano Al Masr Al Youm, il naufragio non avrebbe causato vittime sebbene il peschereccio abbia trascorso ben una settimana in mare. Tra tutti i 71 passeggeri, si conterebbe soltanto un ferito. Tale Fattouh Abdellatif, che avrebbe perso quattro dita della mano sinistra in una collisione. La notizia è stata riportata dal console egiziano a Benghazi, che però non ha aggiunto particolari sulla natura della collisione. Sempre secondo quanto riportato dal console, i 70 naufraghi sarebbero già rientrati dalle proprie famiglie in Egitto, dopo il rilascio di una lasciapassare da parte delle rispettive autorità consolari, con l'eccezione del ferito, il signor Fattouh, che è ancora ricoverato in ospedale a Benghazi, per ricevere le cure adeguate. 

06 January 2012

Speciale musica e harraga: Ya rayah


Chiudiamo la nostra rassegna su musica e harraga con un classico della musica algerina. Si tratta di un vecchio pezzo del cantante algerino Dahmane El Harrachi (1926-1980). Nel 1997 un altro cantante algerino, Rachid Taha (classe 1958), ne propose una reinterpretazione con un singolo divenuto un vero e proprio cult, ripreso poi da Cheb Khaled e remixato fino a metà degli anni duemila. La canzone si intitola Ya Rayah, Tu che parti. Ed è una sorta di invito a restare o quantomeno a ritornare. Sembrano parole dedicate a tutti quelli che non ce l'hanno fatta. Che oggi sono prigionieri della fortezza Europa. Senza documenti validi per lavorare o per viaggiare, magari detenuti nei Cie o nelle carceri per qualche piccolo reato. Perennemente combattuti tra la nostalgia del proprio paese e della propria famiglia, e l'impossibilità di rientrare senza una storia di successo e le tasche piene. Perché nelle zone rurali del Marocco e dell'Egitto come nei quartieri popolari di Tunisi e Annaba, l'imperativo sociale è fortissimo. Non si torna da falliti a meno di non voler scontare l'onta per non avercela fatta e per aver sprecato inutilmente la propria giovinezza lontano da casa e dai propri affetti. Dahmane El Harrachi lo vedeva già negli anni Settanta con gli algerini in Francia: "Tu che parti, dove vai? Finirai per ritornare. Quanti ingenui se ne sono pentiti prima di te e di me!... E passano i giorni, e passa la giovinezza, la tua e la mia". Di seguito trovate tutto il testo della canzone tradotto in italiano.

05 January 2012

Music and Harraga Special: Ya rayah


We close our harraga music review of with an Algerian classic. This is an old track by Algerian singer Dahmane El Harrachi (1926-1980). In 1997 another Algerian singer, Rachid Taha (born in 1958), came out with a remake of it, a single that become a real cult, taken up again by Cheb Khaled and remixed well into the new millennium. The song is called Ya Rayah, You who leave. And it is a sort of invitation to stay or at least to return. It feels like the words are dedicated to all those who didn’t make it. Who are now prisoners of Fortress Europe. Without valid documents to work or travel, or perhaps detained in CIEs or held in prison for some minor offense. Perpetually torn between the longing for their country and their families, and the impossibility of returning without a success story and pockets full of money. Because in the rural areas of Morocco and Egypt, or in the working-class districts of Tunis and Annaba, the social imperative is very strong. You do not come back as a loser unless you want to face the shame of not having made it and of having needlessly wasted your youth far from home and loved ones. Dahmane El Harrachi already saw this back in the seventies with Algerians in France: "You who are leaving, where are you going? You'll end up coming back. How many naïve ones have repented before you and me ... And the days go by, and youth goes by, yours and mine". Below you will find all the lyrics translated into English.

Speciale musica e harraga: Babour li jabni


Lui si chiama Bilal Mouffok, ma in Algeria tutti lo conoscono come Cheb Bilal. Classe 1966, la sua è una delle voci della musica raï algerina. Tutto è iniziato con il conservatorio a Oran e i primi concerti ai matrimoni. Fino a quando, nel 1989, Bilal sbarca a Marsiglia e inizia a lavorare senza documenti come lavapiatti un un piccolo bar della città. Ed è a Marsiglia che scopre la sua anima raï e che inizia a farsi un nome tra la comunità algerina della città. Fino a quando, nel 1997, pubblica il suo primo album: "Babour li jabni", che in italiano suona come "Maledetta la barca che mi ha portato". La canzone diventa immediatamente un successo in Algeria come in Francia, e lo consacra come nuovo interprete della musica raï. Canta la disillusione di chi il viaggio l'ha già fatto, la nostalgia per il paese, e la tristezza della lontananza. Sentimenti comuni a migliaia di harraga arrivati in Europa e rimasti prigionieri dei propri sogni. Perché paradossalmente nella fortezza è più facile entrare che uscire. E una volta rimasti senza documenti, i giovani harraga possono passare anni interminabili prima di poter rivedere la propria terra, la propria famiglia e i propri amici. E in mezzo ci sono tutte le occasioni perse. Che sia la gioia di un matrimonio o il lutto di un funerale. E i legami importanti che finiscono per allentarsi a volte irreversibilmente. Perché una volta rimasti bloccati nella fortezza si scopre anche quello. Che i soldi non erano tutto. E che anche i sogni più belli a volte diventano incubi. Di seguito trovate il testo tradotto in italiano. Buon ascolto e buona lettura.

04 January 2012

Grecia: ragazzo muore asfissiato in un tir a Patrasso

Nel camion si erano nascosti in tre, per passare la notte e ripararsi dai morsi del gelo. Tutti giovanissimi, tra i 15 e i 20 anni. Partiti dall'Afghanistan e arrivati a Patrasso, in Grecia, per imbarcarsi di nascosto sui traghetti diretti in Italia e da lì continuare il viaggio verso i paesi dell'Europa centrale e settentrionale. Qualcuno ha avuto la pessima idea di accendere un fuoco per riscaldarsi. L'aria non circolava e il cassone del camion si è riempito di fumo. Prima che riuscissero ad aprire il portellone, uno dei tre era morto asfissiato per le inalazioni. Di seguito il dettaglio della notizia sulla stampa greca.

Speciale musica e harraga: Kamkam l'harqa


Lui è un volto nuovo del rap tunisino. Ha iniziato a suonare dopo la caduta del regime di Ben Ali nel gennaio scorso. Si chiama Karim Kamkam e Kamkam l'harqa è uno dei suoi primi pezzi. Forse non ha girato molto, ma è interessante per il suo testo. Perché ci accompagna verso quello che pensa la maggioranza dell'opinione pubblica sulla riva sud del Mediterraneo. Ovvero che bruciare la frontiera non valga più la pena. Nel suo pezzo Kamkam racconta di un ragazzo, della sua vita di privazioni materiali e di espedienti illegali per tirare a campare, e dei suoi sogni di una vita "troppo chic" in Europa. Cose tipo incontrare una Jennifer Lopez, avere dei figli con la cittadinanza europea e tornare con una Jaguar e la popolarità di un divo come se fosse Maradona. Ma l'Europa che incontra è diversa. Per la prima volta nella vita prova la fame, la sete e dorme al freddo sotto i ponti, fino a quando un bel giorno la polizia lo arresta senza che abbia nemmeno il tempo di capire cosa stia succedendo. Al commissariato, tra uno schiaffo e l'altro, un ufficiale gli chiede cosa è venuto a fare di qua dal mare. E lui risponde: "Un sogno mi ha portato". Ecco però che il sogno è diventato un incubo. E Kamkam non esita a dire ai suoi coetanei di non partire, che non vale la pena, e piuttosto di provare, di gustare la vita in Tunisia. Perché dall'Europa si rischia di tornare in una bara. Mentre nel frattempo se ne vanno gli anni migliori della gioventù. Pensano lo stesso ormai molti giovani. E infatti non è un caso che dalla Tunisia nel 2011, con le frontiere senza controllo e l'economia al collasso, siano partiti harraga per Lampedusa "solo" 30.000 ragazzi su 10 milioni di abitanti, e che una volta capito che non si passava più, le partenze siano cessate. Insomma la cultura harraga è molto minoritaria ormai. Appartiene soprattutto ai ragazzi dei quartieri popolari, che vedono nella frontiera il proprio riscatto. Ma il grosso della gente la pensa in un altro modo. Tutti ormai sanno che in Europa c'è crisi economica e che il razzismo ha raggiunto livelli insopportabili. E allo stesso tempo i cambiamenti politici che ci sono stati in tutta la riva sud con i moti popolari di quest'anno che hanno portato alla fine della dittatura in Tunisia, Libia ed Egitto e a importanti riforme in Algeria e Marocco, hanno infuso speranza e ottimismo nella prima generazione figlia del boom economico di questi paesi. Il che è soltanto un'altra ennesima ragione per aprire le frontiere anche a sud dell'Europa, come già è stato fatto cinque anni fa con l'Europa dell'est. Perché l'invasione non ci sarà. Esiste soltanto nelle nostre paure. E allora buon ascolto. E come al solito buona lettura, perché di seguito trovate il testo tradotto del pezzo.

03 January 2012

Music and Harraga Special: Babour li jabni


His name is Bilal Mouffok, but in Algeria everyone knows him as the Cheb Bilal. Born in 1966, his is one of the voices of Algerian raï music. It all started with the conservatory in Oran and the first wedding concerts. Until in 1989 Bilal lands in Marseilles and begins working as a dishwasher - without documents - in a small cafè in the city. And it is in Marseille that he discovers his raï soul and begins to make a name for himself among the Algerian community in the city. Until, in 1997, he releases his first album: "Babour li jabni", which is like saying "Damn the boat that brought me". The song becomes an instant hit in Algeria as well as France, and sets him as the new raï musician. He sings about the disillusionment of those who have already taken the trip, the nostalgia for the country, and the sadness of distance. Feelings shared by thousands of harraga who arrived in Europe and remained prisoners of their dreams. Because, paradoxically, it is easier to get in the fortress than to get out. And once they’re left undocumented, it’s years before these young harraga can go back to their land, their family and friends. And in between there are all the lost opportunities. Be it the joy of a wedding or the mourning of a funeral. And the important ties that end up growing irreversably distant. Because once one is stuck in the fortress one discovers this too. That money is not everything. And that even the wildest dreams sometimes become nightmares. Below you will find the lyrics translated into English. Enjoy listening and enjoy reading.

Spéciale musique et harraga: Ya Rayah


Nous terminons notre parcours musical sur les harragas avec un grand classique de la musique algérienne. Il s'agit d'un vieux morceau du chanteur algérien Dahmane El Harrachi (1926-1980). En 1997, un autre chanteur algérien, Rachid Taha (né en 1958), en avait fait une réinterprétation avec une chanson qui était devenue un véritable culte, reprise ensuite par Cheb Khaled et remixée jusqu'à la moitié des années deux mille. La chanson s'appelle « Ya Rayah », Toi qui t'en vas. Et c’est une sorte d'invitation à rester ou du moins à revenir. Les mots semblent dédiés à tous ceux qui n'y ont pas réussi. Qui sont aujourd'hui prisonniers de la Forteresse Europe. Sans les documents nécessaires pour travailler ou voyager, peut-être détenus dans les Centres d’identification et d’expulsion ou dans les prisons pour un délit mineur. Perpétuellement tiraillés entre la nostalgie de leur pays et leurs familles, et l'impossibilité de revenir sans une histoire de succès ni les poches pleines. Parce que dans les zones rurales du Maroc et de l'Égypte, tout comme dans les quartiers populaires de Tunis et Annaba, l'impératif social est très fort. On ne revient pas en perdant, sauf si on veut payer le prix de la honte pour ne pas avoir réussi et pour avoir gaspillé inutilement sa jeunesse loin de chez soi et de ses proches. Dahmane El Harrachi l'avait déjà vu dans les années soixante-dix avec les Algériens en France: «toi qui t'en vas, où pars-tu ? Tu finiras par revenir. Combien de gens peu avisés l'ont regretté avant toi et moi! ... Les jours ne durent pas, tout comme ta jeunesse et la mienne ». Ci-dessous vous trouverez le texte de la chanson traduit en français.

Du Rap pour Lampedusa, Spéciale musique et harragas


Une semaine de musique, sur Forteresse Europe, afin de mieux comprendre ce qui se passe à la frontière. Oui, parce que maintenant il y a beaucoup de rappeurs sur les rives sud de la Méditerranée qui chantent l'aventure de la traversée. Et dans leurs mots, on y trouve des interprétations très intéressantes. Vue des quartiers populaires de Tunis, de la banlieue de Annaba ou depuis les campagnes de Khouribga, la frontière n'est pas seulement une frontière géographique, mais bien plus encore. C'est un défi, le courage de rejoindre un autre endroit pour réaliser les rêves de toute une vie. Au point que, du Maroc à la Tunisie, voyager sans documents se dit harraga soit brûler.

Speciale musica e harraga: Yammi


Balti, classe 1980, è uno dei musicisti più conosciuti in Tunisia. Nato e cresciuto nella qasbah di Tunisi, Balti si è affacciato sulla scena del hip hop tunisino nel 2003, con il suo primo disco. Ma gli album che l'hanno lanciato sono "Il nostro vero mondo" del 2006 e "L'album prima della bomba" del 2009. Durante la rivoluzione del gennaio scorso, quando El General, il giovane rapper di Sfax, venne arrestato dal regime di Ben Ali per i suoi testi contro la dittatura, molti accusarono Balti per il suo silenzio. Lui per recuperare credibilità ha da poco pubblicato il nuovo album: Baltiroshima, in cui ce n'è per tutti, sebbene a giochi fatti... Ad ogni modo, di quell'album fa parte anche questa splendida canzone. Si intitola Yammi, mamma. Ed è una lettera struggente a una madre. Scritta di getto da un ragazzo dei quartieri popolari di Tunisi, la notte prima della traversata in mare per Lampedusa. Sa che ha una buona probabilità di morire in mare, e sente il bisogno di dire alla madre quanto l'ha amata, e quanto in fondo questo viaggio sia anche per lei. Perché se non morirà, ritornerà da uomo, a testa alta, e la farà felice. Di seguito trovate il testo tradotto in italiano. Leggetelo e fatelo girare. Sarebbe bello che queste parole arrivassero a ogni madre italiana. Insieme alle fotografie della Spoon River Lampedusa. E insieme alle paure e alle preghiere di tutti i figli che "baciano la madre sulla fronte prima che l'acqua se li porti via".

02 January 2012

Fuga di capodanno al Cie di Torino

Altra festa, altra fuga. Quattro reclusi del centro di identificazione e espulsione (Cie) di Torino sono riusciti a fuggire in seguito a una rivolta a cui hanno partecipato una ventina di reclusi dell'area blu la notte di capodanno. Si tratta della seconda evasione riuscita di dicembre, dopo la grande fuga di Natale, quando 21 persone erano riuscite a tornare in libertà. A differenza di quanto accaduto a Natale però, questa volta le forze dell'ordine di guardia al Cie erano state allertate del rischio di fuga. Secondo quanto riferisce il sito Macerie infatti, il giorno prima era stato rintracciato un seghetto durante una perquisizione nelle gabbie. Segno evidente che qualcuno aveva un piano di fuga. E infatti poco prima di mezzanotte una squadra di agenti ha fatto ingresso nell'area circostante le gabbie per dissuadere i reclusi da ogni piano di fuga. Ma una ventina di reclusi dell'area blu ha deciso di provarci lo stesso. E una volta sfondato il cancello dell'area si sono scontrati con gli agenti, sfidando lacrimogeni e manganellate per guadagnarsi un passaggio verso il cancello della vecchia entrata su corso Brunelleschi, da dove è facile scavalcare. Alla fine in cinque sono riusciti a saltare di là dal muro. Uno di loro però, un cittadino senegalese, è stato rintracciato e riportato in gabbia dopo una colluttazione con un'agente di polizia per la quale sarà presto processato. Gli altri quattro invece sono riusciti a dileguarsi. Ricordiamo che erano detenuti per scadenza del permesso di soggiorno. E che la legge italiana prevede in questi casi 18 mesi di reclusione nei Cie, salvo previa espulsione. Come dire che, se è vero che come dice la Costituzione la libertà individuale è un diritto inviolabile, il ritorno in libertà dei quattro ci pare una buona notizia.

Spéciale musique et harraga: Babour li jabni


Son nom est Bilal Mouffok, mais tout le monde en Algérie le connaît comme Cheb Bilal. Il est né en 1966, c’est l’une des voix du raï algérien. Tout a commencé avec le conservatoire à Oran et les premiers concerts dans les mariages. Jusqu'à ce que, en 1989, Bilal atterrit à Marseille et commence à travailler comme plongeur sans-papiers dans un petit café de la ville. C’est à Marseille qu’il découvre son âme raï et commence à se faire un nom au sein de la communauté algérienne de la ville. Jusqu'à ce que, en 1997, il sort son premier album: «Maudit soit le bateau qui m'a amené». La chanson qui porte le même titre devient tout de suite un succès en Algérie comme en France, et le consacre comme l’interprète de la nouvelle musique raï. Sa musique chante la désillusion de ceux qui ont déjà fait le voyage, la nostalgie pour le pays, et la tristesse de la distance. Des sentiments partagés par des milliers de harragas arrivés en Europe et qui sont restés prisonniers de leurs rêves. Parce que, paradoxalement, il est plus facile d’entrer que de sortir de la Forteresse. Et une fois sans-papiers, les jeunes harragas peuvent passer des années sans fin avant de revoir leur terre, leur famille et leurs amis. Et entre les deux il y a toute une série d’occasions manquées. Que ce soit la joie d'un mariage ou le deuil d’un enterrement. Et les liens les plus importants finissent parfois par se casser de façon irréversible. Cela fait partie des découvertes des personnes qui restent bloqués dans la Forteresse. Que l’argent n'est pas tout. Et que même les rêves les plus beaux deviennent parfois des cauchemars. Voici le texte traduit en français. Bonne écoute et bonne lecture.

Speciale musica e harraga: Sardinia Harraga


Lui si chiama Azzedine Nebili, Azzou in arte. E insieme a Ismail e Dj Bdri froma il gruppo rap Hood Killer attivo sulla scena algerina ormai dal 1998. Harraga è uno dei suoi ultimi pezzi ed è dedicato ai ragazzi dei quartieri popolari di Annaba partiti negli ultimi cinque anni sulla rotta per la Sardegna. Questa canzone è un viaggio, "un viaggio per la Sardegna". Lo dice Azzou nel suo testo: "Vieni che ti racconto come per poco non ci rimanevamo". Dentro c'è tutto. La pena di una vita senza prospettive e la scelta, quasi inevitabile, di bruciare la frontiera. "Il mio destino è la barca, ma parto a malincuore, perdonami mamma, perdonami papà, paese mio ti amo ma dio ha deciso per me". Il resto è una specie di reportage. L'organizzazione della traversata con gli amici, l'acquisto della barca e del gps, la paura di morire in mare, le preghiere e finalmente il salvataggio al largo della Sardegna. Dell'Italia c'è soltanto il centro di detenzione di Elmas, a Cagliari e un'espulsione che arriva dopo dieci giorni "che diresti dieci anni" per tutte le umiliazioni subite. Lavati come pale, legati come pecore, e trattati come appestati: "Viene da noi un italiano che ci parla a gesti, ci si rivolge da lontano neanche avesse paura della peste". Anche per Azzou, come per Lotfi, il pezzo si chiude con un pensiero alle centinaia di ragazzi di Annaba dispersi in mare. "Noi grazie a dio ci siamo salvati, guarda chi è morto, la loro vita è finita senza un senso, una madre aspetta il figlio e un pesce lo ha mangiato". Buon ascolto. E buona lettura, perché di seguito trovate l'intero testo tradotto dal darija algerino all'italiano.

Music and Harraga Special: Kamkam the harqa


His is a new face in Tunisian rap. He began rapping after the fall of Ben Ali’s regime last January. His name is Karim Kamkam and Kamkam the harqa is one of his first tracks. It may not have been around long, but it’s interesting for its lyrics. Because it leads us to what the majority of public opinion on the southern shore of the Mediterranean think. In other words, that burning the border is no longer worth the trouble. In his song, Kamkam tells of a young man, of his life of material deprivation and illegal expedients for making a living, and his dreams of a life in Europe that’s ‘too chic’. Things like meeting a Jennifer Lopez, having children with European citizenship, and returning with a Jaguar and the popularity of a star like Maradona. But the Europe he encounters is different. For the first time in his life he feels hunger, thirst and he sleeps under bridges in the cold, until one day the police arrest him without him even having the time to understand what is going on. At the police station, between one blow and another, an officer asks him what he is doing this side of the Mediterranean. And he answers: "A dream brought me here." Here, however, that dream has become a nightmare. And Kamkam does not hesitate to tell his peers not to leave, that it’s not worth it, rather that they should try to enjoy life in Tunisia. Because from Europe one is likely to return in a coffin. While in the meantime the best years of youth go by. Many young people feel the same now. And indeed it is no coincidence that in 2011, from Tunisia, with the borders out of control and the economy collapsed, ‘only’ 30,000 young men out of a population of 10 million left harraga for Lampedusa, and once they realized that there were no longer any crossings, the departures ceased. In short, the harraga culture is a minority now. It especially belongs to the youth of the working-class neighborhoods, who in the border see a possibility for redemption. But the majority of the people think differently. Everyone now knows there is economic crisis in Europe and that racism has reached unbearable levels. And at the same time, the political changes that have taken place in the entire southern shore this year, with the popular uprising leading to the end of dictatorship in Tunisia, Libya and Egypt, along with major reforms in Algeria and Morocco, have instilled hope and optimism in the first generation, daughter of the economic boom in these countries. This is just another reason to open the borders in the south of Europe, as was done five years ago with Eastern Europe. Because there will be no invasion; it exists only in our fears. So enjoy listening. And as usual, enjoy reading, because below you will find the translated lyrics of the track.

01 January 2012

Spéciale musique et harraga: Kamkam l'harqa


C’est un nouveau nom du rap tunisien. Il a commencé à jouer après la chute du régime de Ben Ali en janvier 2011. Il s’appelle Karim et «Kamkam l'harqa» est l'un de ses premiers morceaux. Il n’a peut-être pas beaucoup circulé, mais son texte est intéressant. Parce qu’il nous accompagne vers ce que pense les gens sur la rive sud de la Méditerranée. C’est-à-dire que bruler la frontière cela ne vaut plus la peine. Dans son morceau, «Kamkam» raconte l'histoire d'un garçon, sa vie de privation matérielle et d’astuces illégales pour s’en sortir, et ses rêves d'une vie «trop chic» en Europe. Des choses comme rencontrer un Jennifer Lopez, avoir des enfants avec des papiers européens et être de retour avec une Jaguar et la popularité d'une étoile comme Maradona. Mais l'Europe qu’il rencontre est différente. Pour la première fois dans sa vie il connait la faim, la soif et le froid car il dort sous un pont, jusqu'à ce qu'un jour la police ne l'arrête sans qu’il n’ait même le temps de comprendre ce qui se passe. Au poste de police, entre une gifle et l'autre, un officier lui demande ce qu'il est venu faire de ce côté de la mer. Et il répond: «Un rêve m'a fait venir.» Ici, cependant, ce rêve a tourné au cauchemar. Et Kamkam n’hésite pas à dire à ses copains de ne pas partir, pas la peine, et plutôt d'essayer de profiter de la vie en Tunisie. Parce que on risque de rentrer dans un cercueil quant on rentre d’Europe. Alors qu’en attendant, les plus belles années de la vie s’en vont. Beaucoup de jeunes pensent désormais la même chose. Et en effet cela n’est pas un hasard si "seulement" 30.000 jeunes Harragas, sur une population de 10 millions d'habitants, sont partis de la Tunisie en 2011 à destination de l’île sicilienne de Lampedusa, malgré les frontières ouvertes et une économie qui s’effondre. Mais, une fois compris que l’on ne passait plus, les départs ont cessé. Donc, la culture harraga à présent est minoritaire. Elle concerne surtout les enfants des quartiers populaires qui voient la frontière comme leur propre rédemption. Mais la plupart des gens pensent différemment. Tout le monde sait maintenant qu'il y a la crise économique en Europe et que le racisme a atteint des niveaux insupportables. Et en même temps les changements politiques qui ont eu lieu dans toute la rive sud de la Méditerranée cette année avec le soulèvement populaire qui a conduit à la fin de la dictature en Tunisie, Libye et Égypte, avec d'importantes réformes en Algérie et au Maroc, ont instillé l'espoir et l'optimisme dans la première génération du boom économique dans ces pays. Ce qui représente une raison supplémentaire d'ouvrir les frontières au sud de l'Europe, comme cela a été fait il y a cinq ans avec l'Europe de l’est. Parce qu'il n’y aura pas d'invasion. Elle existe que dans nos craintes. Et alors une bonne écoute. Et comme d'habitude, une bonne lecture, car vous trouverez ci-dessous le texte traduit de la chanson.