02 November 2007

Ottobre 2007

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ROMA - Non si ferma la strage. Almeno 296 migranti e rifugiati sono morti lungo le frontiere dell’Unione europea nel mese di ottobre 2007. Più di 200 i dispersi al largo delle isole Canarie, in Spagna, 51 vittime nel Canale di Sicilia e in Calabria e 33 morti nel mare Egeo, tra la Turchia e la Grecia. Almeno 1.343 i morti dall’inizio dell’anno. On line il rapporto segreto della missione tecnica in Libia di Frontex. Due duri rapporti di Fortress Europe denunciano gravi abusi contro i migranti di transito in Libia e Algeria. E intanto Pro Asyl, dopo una visita in Grecia, accusa Atene di arresti sistematici, torture e deportazioni collettive di migranti e rifugiati, anche minori.

Nel Canale di Sicilia. Sono 51 le vittime del Canale di Sicilia nel mese di ottobre. Tre corpi affiorati sulle coste tunisine, due cadaveri ripescati in alto mare senza nessuna traccia delle imbarcazioni naufragate, e altri 46 uomini annegati sulle spiagge di Siracusa, a Vendicari, e sul litorale calabrese di Roccella Ionica, nei due naufragi del 28 ottobre. A Vendicari è stato un gommone a rovesciarsi in mare, a causa del maltempo, mentre portava a terra un gruppo di migranti trasbordati da una nave madre. A Roccella invece è stato un vecchio peschereccio ad aprirsi in tre pezzi dopo essersi schiantato contro una secca a 100 metri dalla riva. Sia il peschereccio che la nave madre erano partiti dall’Egitto. E dall’Egitto si va imponendo una nuova rotta.

La via dell'Egitto. Viaggi su grosse navi madri da cui si viene trasbordati al largo su dei gommoni che proseguono fino a riva. Una nuova rotta figlia dell’accordo di riammissione con l’Egitto del 10 gennaio 2007, che ha portato alla riammissione sistematica degli egiziani intercettati al largo di Lampedusa nei mesi scorsi. Adesso l’obiettivo è evitare il tratto di mare più battuto dai pattugliamenti, a sud di Lampedusa e Malta. E sfuggire ai controlli al momento dello sbarco. Nei primi dieci mesi del 2007 sono sbarcate 1.500 persone in Calabria. Sono kurdi e iracheni, partiti dalla Turchia, e poi egiziani e palestinesi, partiti appunto dall’Egitto. Ma in tutto questo, la Libia continua a essere il primo punto di imbarco.

L'Europa complice. “Chiudere la falla in Libia per bloccare il 90% dei clandestini”. Il commissario europeo Franco Frattini non ha dubbi e in un’intervista a Avvenire dichiara: “Abbiamo aperto i negoziati con Tripoli”. Il ragionamento non fa una piega. Bloccare le barche dei migranti in acque libiche, ricondurli nei porti di partenza, e aiutare la Libia a rimpatriarli. Peccato che Frattini ometta tutte le questioni scottanti. Ad esempio le condizioni di detenzione in Libia, le deportazioni nel deserto e i rimpatri dei rifugiati. Fortress Europe ha recentemente pubblicato un duro rapporto sulla Libia. 83 testimonianze dirette di torture, stupri e omicidi commessi dalla polizia libica negli almeno 20 centri di detenzione per migranti (vedi mappa), dove 60.000 persone sono detenute ogni anno. Uomini, donne e bambini. Rifugiati e migranti economici. I testimoni raccontano arresti arbitrari, detenzioni senza processo in condizioni disumane e degradanti, deportazioni di massa nel deserto del Sahara, respingimenti collettivi in mare, e rimpatri di rifugiati. Sui rapporti dell'Unione Europea con la Libia sono state depositate tre interrogazioni parlamentari, due a Strasburgo e una a Roma. Le risposte tardano ad arrivare. Intanto Fortress Europe, Agenzia Habeshia e Radio Parole , sono riusciti ad intervistare uno dei 500 rifugiati e migranti detenuti nel centro di detenzione di Zawiyah, in Libia: “Non vediamo la luce del sole da mesi – dice sotto anonimato -, siamo stati portati fuori, spogliati nudi e picchiati”.

Top secret. Fortress Europe ha reso pubblico un rapporto segreto dell’agenzia Frontex, che parla di 53.842 migranti arrestati in Libia e deportati, nel 2006. Oltre 60.000 detenuti nelle carceri libiche nel maggio 2007. Sommando i dati di questo documento a quelli del rapporto 2006 di “Human Rights Watch”, tra il 2003 e il 2006 i migranti espulsi dalla Libia sono almeno 200.000. Tra gli allegati del rapporto figura una lettera inviata da Frontex alle autorità libiche, il 25 maggio 2007, per chiedere di collaborare ai pattugliamenti europei del Canale di Sicilia.

Nautilus III. I pattugliamenti della missione Nautilus II si sono conclusi il 14 ottobre scorso, ma Frattini ha garantito che riprenderanno dal 2008 in forma permanente e con la partecipazione della Libia. Il bilancio di Frontex è già stato raddoppiato a 70 milioni di euro per il 2008. In cambio l’Ue offre a Tripoli un sistema di sorveglianza del confine sud della Libia. Il rapporto segreto di Frontex riporta le richieste delle autorità libiche, tra cui 12 aerei da ricognizione, 14 elicotteri, 240 fuoristrada, 86 camion, 80 pick-up, 70 autobus, 28 ambulanze, 12 sistemi radar, 10 navi, 28 motovedette,100 gommoni.

Un cimitero chiamato mare. Nessuno è in grado di dire quante vite ingoino ogni anno il Mediterraneo e l’Atlantico, diventati delle vere fosse comuni. I cadaveri riaffiorano nelle reti del pesce. A Níjar, vicino Almería, in Spagna, l’equipaggio del “La Pastora” ne ha ripescati quattro nelle prime due settimane di ottobre. Un altro peschereccio spagnolo, il “Tiburón III”, il 25 ottobre ha soccorso una piroga alla deriva al largo di Capo Verde, a 300 miglia dal Senegal. A bordo c’era l’unico superstite, stremato, sdraiato in mezzo a sette cadaveri. Gli altri 50 compagni di viaggio sono finiti in mezzo alle onde. Dispersi, ad oltre 300 km dal Senegal, per evitare i pattugliamenti di Frontex. Fantasmi. Come i 150 di Kolda. Le autorità spagnole non ne sanno niente. Ma 150 famiglie hanno celebrato un funerale collettivo, il 19 ottobre, nella città senegalese. Erano partiti su una piroga. Il legno si è spezzato in mezzo al mare, per il soprappeso. Solo una decina di ragazzi si sono salvati e hanno diffuso la notizia. Quest’anno i morti alle Canarie sono già 444, dei quali 392 dispersi in mare. Nel 2006 erano stati almeno 1.035. Gli sbarchi sono diminuiti del 75%. Ma in mare si continua a morire. E in Marocco, la caccia all’uomo non si è fermata.

Stati cuscinetto. Dall’aeroporto di Dakhla, le autorità marocchine hanno rimpatriato almeno 457 migranti sub-sahariani nel mese di ottobre. A Rabat, la notte tra il 25 e il 26 ottobre 2007, un centinaio di migranti e rifugiati sono stati arrestati in un rastrellamento a Rabat e deportati a Oujda, alla frontiera con l'Algeria. L’Algeria rischia di divenire un nuovo grande carcere alle porte della Fortezza Europa. Almeno 40.000 migranti di 54 nazionalità arrestati dal 2000 al 2007. Detenuti senza processo e in condizioni degradanti. E almeno 27.500 migranti deportati nello stesso periodo, la maggior parte abbandonati alla frontiera con Niger e Mali, in pieno deserto del Sahara. Uomini e donne. Rifugiati e migranti economici. Adulti e bambini. Centinaia di deportati sopravvivono in condizioni precarie alla frontiera, a Tinzaouatine, bloccati per anni nella “città dove dio non esiste”. E a decine muoiono nel deserto tentando di raggiungere a piedi le città più vicine, come documentato dall’ultimo rapporto sull’Algeria redatto da Fortress Europe e Aracem (Association des refoulés d'Afrique centrale au Mali).

Greci brava gente. Migranti picchiati e torturati nei centri di detenzione delle isole greche di Lesbos, Hios e Samos, dinieghi ingiustificati delle richieste d’asilo e respingimenti collettivi alla frontiera. Sono gravissime le accuse contro le autorità greche nel rapporto appena pubblicato dalla ong tedesca “Pro Asyl” e dalla “Associazione degli avvocati greci per la difesa dei diritti dei rifugiati e dei migranti”. Cento interviste realizzate tra il 12 luglio e il 14 agosto 2007 sulle isole di Lesbos, Hios e Samos. A Hios, si legge nel rapporto “i maltrattamenti consistevano in pestaggi a sangue, simulazioni di esecuzioni a morte, elettroshock, immersione della testa in secchi riempiti d’acqua”. Le richieste d’asilo – denuncia il rapporto – sono sistematicamente rigettate e le condizioni di vita nei centri di trattenimento sono “inaccettabili”. Anche l’Acnur lo scorso 5 ottobre aveva chiesto la chiusura del centro di Samos, lamentando condizioni “deplorevoli” di detenzione.

Vergogna Egeo. Al contrario di quanto va accadendo in Italia e Spagna, in Grecia gli sbarchi quest’anno sono aumentati. Già 4.500 persone sono state intercettate dalla Guardia costiera nei primi otto mesi del 2007, contro i circa 3.000 degli scorsi anni. A Samos sono arrivati 2.404 migranti in otto mesi, contro i 1.580 di tutto il 2006 e i 455 del 2005. E la Guardia costiera greca, secondo il rapporto di Pro Asyl, sarebbe responsabile di gravi crimini. Le barche, raccontano i migranti intervistati, sono spesso bloccate in alto mare e costrette a fare ritorno verso la Turchia. I gommoni sono spesso danneggiati per evitare che ripartano. Alcuni migranti sono abbandonati su isolotti disabitati. E la Guardia costiera ammette di sparare sui gommoni che tentano la fuga. I migranti arrestati nell’Egeo sono trasferiti a Evros, alla frontiera con la Turchia. E da lì riammessi in Turchia. Il diniego delle domande d’asilo è sistematico: su 13.345 richieste d’asilo nei primi sette mesi del 2007, sono stati riconosciuti solo 16 rifugiati e 11 protezioni umanitarie. Lo 0,2%. Nel 2006 il tasso di protezione era stato dell’1,2%. Tutti gli altri vengono deportati in Turchia.

Vuoti a rendere. L’accordo di riammissione tra Grecia e Turchia risale al 2001. Dall’aprile 2002 al novembre 2006, la Grecia ha chiesto alla Turchia la riammissione di 23.689 migranti arrestati perché senza documenti di viaggio. La Turchia ne ha formalmente riammessi solo 2.841. Gli altri sono stati semplicemente abbandonati alla frontiera. Il governo turco parla di 11.993 migranti bloccati dalle guardie di frontiera greche e abbandonati in territorio turco dal 2002, di cui 3.047 solo nel 2006. Una donna irachena intervistata da Pro Asyl racconta: “Il 20 marzo 2007 ci caricarono su un camion e ci lasciarono lungo il fiume. Eravamo 150, tra iracheni, somali, eritrei, algerini, iraniani. Ci portarono a gruppi di 20-30 per ogni barca dall’altro lato del fiume, dal lato turco. Mi gettarono in acqua con il bambino. Dopo tre ore di marcia la polizia turca ci arrestò”.

Paese terzo sicuro. Tutto questo accade nelle stesse ore in cui la Turchia bombarda le basi militari del partito separatista kurdo del Pkk e minaccia l’invasione dell’Iraq. I dati parlano chiaro: 1.415 iracheni hanno chiesto asilo politico in Grecia nel 2006 e 3.483 nella prima metà del 2007. Nessuno di loro ha mai ottenuto lo status. Dove sono finiti? Alcuni si saranno imbarcati di nascosto sui traghetti per Bari e Ancona, altri saranno rimasti senza documenti ad Atene. Ma molti sono stati rimpatriati. Il Greek Council for Refugees parla di almeno tre gruppi di 40 iracheni riammessi in Turchia nei primi cinque mesi del 2007. E l’Acnur sostiene che 135 iracheni riammessi in Turchia dalla Grecia, sono stati rimpatriati in Iraq a luglio. E non si tratta solo della sorte degli iracheni.

I respinti. Lo scorso 20 agosto Festus Okey, un nigeriano di 21 anni, perse la vita in circostanze tutte da chiarire, in un commissariato di Istanbul. Il 15 ottobre invece 61 pakistani espulsi dalla Turchia sono atterrati a Islamabad. Da maggio 2007 sono già 1.500 i pakistani rimpatriati. Difficile pensare che nessuno di loro abbia avuto problemi al rientro in un paese, il Pakistan, governato da un regime che ha appena reintrodotto lo stato di emergenza. E in Turchia saranno finiti con tutta probabilità alcuni dei 106 migranti respinti dal porto di Bari tra il 18 settembre e il 13 ottobre (tra cui 75 iracheni e 26 afgani) e dei 55 respinti dal porto di Ancona a ottobre (tra cui 14 iracheni e 15 afgani), trovati sui traghetti dei turisti e rispediti in Grecia.

Frontiera Cipro. La situazione non è migliore sull’isola di Cipro. Membro dell’Unione europea dal maggio 2004, ad oggi sono almeno 12.000 le richieste d’asilo al governo di Nicosia. Nel 2006 ben 3.778 richieste, il 378% in più rispetto al 2005. E nel 2007 sono già oltre 3.000 gli arrivi. Solo 300 persone hanno un permesso di soggiorno per motivo di lavoro. Arrivano da Siria, Pakistan, Iran e Africa. Si imbarcano in Egitto o in Turchia sui mercantili e vengono sbarcati nella regione dell’isola controllata dalle autorità turche. Dopodiché passano la “linea verde” e entrano senza documenti nella regione controllata dalla Grecia. Sono detenuti in condizioni degradanti, a volte per anni. Dall’isola trapelano poche notizie.

La torre dell'acqua. Gli ultimi aggiornamenti parlano di una rivolta in un carcere di Nicosia, dove sei iraniani e un afgano hanno passato quattro giorni arrampicati sopra la torre della cisterna dell’acqua del centro di detenzione, chiedendo che le loro domande d’asilo venissero riesaminate. Alcuni sono agli arresti da quattro anni. Altre denunce arrivano dal carcere di Limassol, dove uno sciopero della fame dei migranti detenuti è finito in una violenta repressione da parte della polizia. Un migrante ha tentato il suicidio. Cipro sta diventando una nuova porta sull’Unione europea. E inevitabilmente è già diventata una nuova sentinella della Fortezza Europa.