ROMA, 25 ottobre 2007 – Arriva al Parlamento europeo la questione dei 600 eritrei detenuti da un anno e tre mesi a Misratah, in Libia, dopo essere stati arrestati dalle autorità libiche sulle rotte per la Sicilia. L’eurodeputato Giusto Catania ha infatti depositato due interrogazioni scritte il 16 ottobre 2007. Una rivolta alla Commissione europea e l’altra al Consiglio. È possibile “impedire l'espulsione dei 600 eritrei, visti i pericoli che rischiano al momento del rimpatrio in Eritrea?” chiede Catania a Commissione e Consiglio. E continua: “Alla luce dei dati forniti da Frontex e delle palesi violazioni dei diritti umani denunciate da numerose ONG internazionali e dall'ACNUR, può chiarire la Commissione su quali basi e su quali settori si svilupperà la cooperazione con la Libia?”. E il Consiglio “può intervenire per permettere alle 49 donne con bambini, cui l'ACNUR ha riconosciuto lo status di rifugiato, di giungere nei paesi europei che si sono mostrati disponibili ad accoglierli?”.
Domande importantissime specialmente all’indomani della rivelazione del rapporto alla Commissione europea della seconda missione tecnica in Libia, svolta da Frontex tra il 28 maggio e il 5 giugno 2007, tra i cui allegati figura una lettera inviata al governo libico per ottenere la collaborazione di Tripoli nei pattugliamenti del Canale di Sicilia. Domande che arrivano due settimane dopo l’interrogazione scritta presentata al ministro dell’Interno italiano e al ministro degli Esteri dalla deputata Mercedes Frias lo scorso 4 ottobre 2007.
Le risposte non arriveranno prima di un paio di mesi, purtroppo. E nel frattempo segnaliamo due importanti notizie sul piano degli equilibri internazionali. La Libia è stata infatti eletta membro del Consiglio di sicurezza dell’Onu per il biennio 2008-09, lo scorso 16 ottobre 2007. Lo stesso giorno Eni e la società petrolifera di stato libica “National Oil Company” hanno siglato un accordo strategico che rinnova le concessioni in essere, la ripresa delle attività esplorative e lo sviluppo della produzione del gas in Libia fino al 2047 con investimenti di 28 miliardi di dollari in 10 anni. “L’intesa raggiunta – scrive l’Eni - consolida gli ottimi rapporti tra i due Paesi del Mediterraneo”. L’Eni, lo ricordiamo, è controllata dallo Stato che ne detiene il 38% delle azioni. Insomma sembra difficile che per l’affaire Misratah il governo italiano metterà in discussioni i buoni rapporti con Tripoli e la possibilità di raddoppiare l’importazione del gas che arriva a Gela da Mellitah, da 8 a 16 miliardi di metri cubi l’anno.
Scarica il rapporto sulla Libia di Human Rights Watch
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