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Una giornata nel centro di accoglienza siracusano "Giovanni Paolo II". Ospita 247 persone in camerate di 30 letti a castello. Ad agosto erano 421. Insufficiente il personale dell'ufficio immigrazione e della Commissione per il riconoscimento dello status di rifugiato. Con l'aumento degli sbarchi, la macchina
burocratica si è intasata. E i richiedenti asilo, da
ospiti sono diventati
detenuti. Già perché per depositare la domanda d'asilo serve anche un mese. E nel frattempo non ci si può allontanare dalla struttura, circondata da una
gabbia e presidiata da
militari armati. Parlano le donne eritree chi ammette di aver guidato i gommoni dalla Libia. L'ente gestore, Alma Mater, è stato recentemente indagato per
truffa aggravata. Il tribunale del riesame ha però dissequestrato i beni per insufficienza di prove
Reportage da Trapani. Il cie Vulpitta e il nuovo Cara a Salina
Sorge nel centro di Trapani il primo cie aperto in Italia. Venne inaugurato nel luglio del
1998, in una sezione dell'istituto geriatrico Rosa
Serraino Vulpitta. La legge
Turco-Napolitano, che istituiva i cpt, era stata appena approvata. Un anno dopo un
incendio causò la morte di sei migranti detenuti. Dopo l'incidente, la capienza è passata da 180 a 57 posti. Nei primi sei mesi del 2008 ha ospitato 94 persone. La gestione, affidata alla cooperativa Insieme, vale
un milione di
euro, per una media di 80 rimpatri l'anno. La cooperativa
Insieme gestisce anche il Cara di Salina Grande. Trenta giorni l'attesa per l'intervista della Commissione. I rifugiati ospitati, confermano le accuse alla polizia libica.
Tendopoli, container e... braccianti. Reportage da Borgo Mezzanone
Lungo la pista del vecchio aeroporto militare di Ortanova sono ospitate 1.020 persone in 91
tende e 41
container. Donne e nuclei familiari sono invece alloggiati nei locali del Cie mai aperto. L'ente gestore è la
Croce rossa italiana. Con o senza documenti, nel giro di qualche mese, i richiedenti asilo lasceranno il centro. Per chi non ha dove andare, la prima tappa della
clandestinità sarà il
lavoro nero. Magari nelle campagne foggiane. La raccolta del
pomodoro attira ogni anno migliaia di braccianti stranieri.
Msf ha distribuito loro un kit sanitario dopo che la Regione aveva installato 20 cisterne per l'acqua potabile e bagni chimici
Bari: reportage dal centro d'accoglienza richiedenti asilo
Il Cara di Bari Palese sorge in una base dell'Aeronautica militare. Costruito per accogliere 744 persone, ospita già
978 richiedenti asilo. Tra loro anche due dei superstiti del terribile naufragio di
Teboulbah. Solo 70 degli ospiti però saranno accolti nello
Sprar alla fine dell'anno. Gli altri torneranno in strada. Oppure saranno rimandati in Grecia in base al regolamento
Dublino II. Come nel caso di S., afgano, che dalla polizia greca è stato pestato, sull'isola di Simi, prima di arrivare in Italia. Sulle riammissioni in
Grecia tuttavia, si è recentemente aperto uno spiraglio, grazie a una importante sentenza del
Tar
Reportage dal Sant'Anna. Il cpa più grande d'Europa
Ospita
1.677 persone su una capienza ufficiale di 1.698 posti. Dormono in
container e
tende. Un ospite su quattro viene dall'
Afghanistan. Fuggono dalla guerra ma non hanno fatto i conti con la burocrazia, che rischia di rispedirli in Grecia. Il centro è gestito da
Misericordie e Caritas, che ricevono un'indennità di 30 euro al giorno per ogni richiedente asilo, che a pieno regime significa circa
18 milioni di euro l'anno. Ma una volta usciti da qua, soltanto pochi entreranno nella seconda accoglienza. Lo Sprar è saturo e la maggior parte degli stranieri,
con o senza documenti, torneranno in mezzo alla strada.
Accoglienza e detenzione. Reportage da Caltanissetta
Una sezione per l'
accoglienza dei richiedenti asilo. L'altra per la
detenzione dei migranti senza documenti. Sono 600 i posti del centro gestito dalla cooperativa
Albatros 1973. Un mese fa il centro finì nella bufera per la
morte di un ghanese, portato in ospedale 6 ore dopo le richieste d'aiuto. Il 70% dei trattenuti al Cie sono
ex-detenuti. Sì perchè la
direttiva interministeriale sui rimpatri dal carcere, non viene applicata. Dietro le gabbie del Cie, accanto agli ex detenuti, anche le vittime del
clima sicuritario. Gente che in Italia vive e lavora da anni. Ma che ha perso i documenti. E accanto a chi vuole scappare c'è chi al centro ci vuole entrare a ogni costo. Dormono sui cartoni fuori dai cancelli. Sono decine di
afghani in lista d'attesa
Viaggio nei Cara-Cie. Le due facce del centro di Gradisca
Ci sono bambini ed ex detenuti. Donne nigeriane sbarcate a Lampedusa dopo viaggi di mesi in mezzo al
deserto e lavoratori albanesi diventati clandestini per un vecchio precedente penale. Ragazzi algerini partiti in barca da
Annaba che dicono “questo è un hotel” e tunisini che in arabo alzano la voce: “
Iktab! - scrivi! - siamo ostaggi non ospiti”. Il centro di Gradisca d'Isonzo, provincia di Gorizia, dieci chilometri dalla
Slovenia, è molte cose insieme. Un luogo di accoglienza per i richiedenti asilo intercettati nel Canale di Sicilia. E una
gabbia per tutti quelli che non hanno i documenti in regola.