
ROMA – È un triste anniversario quello della Giornata mondiale dei rifugiati del 20 giugno. Nel mese appena trascorso infatti, lungo le frontiere europee sono morti almeno 185 migranti e richiedenti asilo, dei quali 173 soltanto nel Canale di Sicilia. Quattro uomini sono deceduti alle
Canarie, dopo essere stati ricoverati in gravi condizioni dopo il loro sbarco. In Italia, a distanza di pochi giorni, due iracheni sono stati trovati morti dentro due container sbarcati nel porto di
Venezia a bordo di traghetti partiti dalla Grecia. In Turchia due migranti hanno perso la vita in un incidente del camion nel quale viaggiavano nascosti nella provincia orientale di
Dogubayazit, mentre un cittadino somalo è rimasto ucciso da un proiettile durante una violenta protesta esplosa nel campo di detenzione di
Kırklareli, vicino alla frontiera bulgara. E un proiettile ha
ucciso anche tre profughi lungo il confine egiziano con Israele. Una delle vittime è una bambina sudanese di sette anni, ammazzata lo scorso 28 giugno.
Quella del Sinai si conferma la nuova rotta dei rifugiati eritrei e sudanesi, che alle carceri libiche e alla morte in mare preferiscono lo Stato ebraico. Nel 2007, secondo l’Unhcr, ne sono arrivati almeno 5.000. Intanto l’Egitto ha rinforzato i propri dispositivi di controllo, autorizzando la polizia di frontiera ad aprire il fuoco sui migranti. Dall’inizio dell’anno i morti ammazzati sono almeno 16. Messo sotto pressione da Israele, l’Egitto ha avviato una vasta operazione di arresti e deportazioni, colpendo in modo particolare gli eritrei. Secondo Amnesty International, su un totale dei 1.600 eritrei detenuti nei campi di detenzione egiziani, 810 sono già stati deportati dall'11 giugno 2008. Si tratta della più grande deportazione mai organizzata negli ultimi anni dall'Egitto e potrebbe segnare il passo di una nuova stagione di repressione al Cairo. Intanto chi ce l'ha fatta cerca una nuova vita in Israele.