14 October 2011

L'amore ai tempi della frontiera. Winny e Nizar

Winny, Nizar e Rafael, foto di Alessio Genovese

Winny è partita dall’Olanda. Capelli biondi, occhi verdi e un sorriso sempre pronto a illuminarle il viso, salvo poi sfumare in uno sguardo malinconico e offuscato dai cattivi pensieri. La gravidanza la fa sembrare più grande dei suoi ventitré anni. I poliziotti di guardia al Centro di identificazione ed espulsione di Chinisia, dove è rinchiuso suo marito Nizar, la riconoscono da lontano e la fanno accomodare senza nemmeno chiederle i documenti. È autorizzata a visitarlo due volte al giorno. I colloqui si tengono nel tendone sul piazzale, sotto lo sguardo attento e un po’ invidioso di cinque agenti che li controllano a vista. Parlano poco e in inglese. Il resto è fatto di sguardi. Lui appoggia le mani sul pancione per sentire i calcetti del piccolino. Sarà maschio, il nome ancora non l’hanno scelto. L’unica cosa sicura è che appena nascerà, Nizar si farà un altro tatuaggio sul braccio. Una piccola stella con le iniziali del figlio, accanto alla stella più grande con la W di Winny.

Quella se l’è fatta tatuare in Grecia, prima del matrimonio. L’amore era sbocciato con l’estate del 2010 sull’isola di Kos, dove lavoravano entrambi come animatori in un villaggio turistico. Lei aveva ventidue anni e lui ventotto. Dopo soli tre mesi lui le chiese di sposarla e lei, che al matrimonio non aveva mai creduto, gli rispose senza alcun dubbio di sì. Dopo la festa di nozze, si trasferirono a Sousse, in Tunisia, dalla famiglia di lui. Comprarono un terreno e iniziarono a costruire casa. La rivoluzione passò veloce, come un temporale, senza intaccare i loro progetti. Le grane arrivarono dopo, con la gravidanza.

Il pancione cresceva e Winny, preoccupata dopo le prime visite negli ospedali di Sousse, aveva deciso di partorire in Olanda. Nizar non obiettò, anzi andò a Tunisi per procurare un visto per sé. Il diniego dell’ambasciata olandese arrivò come uno schiaffo a risvegliarlo in modo brusco dal mondo dei sogni. Si era forse dimenticato dei suoi dieci anni in Europa, delle impronte digitali, del primo sbarco in Sicilia, del razzismo? Fu lei a tirarlo su di morale. Un avvocato avrebbe sistemato tutto, non doveva disperarsi. Era sposato con una cittadina europea e aspettava un bambino che avrebbe avuto la cittadinanza olandese. Per una volta la legge era dalla loro parte.

E invece fu proprio l’avvocato a dargli il secondo schiaffo. Per il ricorso ci sarebbero voluti cinque mesi. Winny, che intanto era partita, entrava nel quarto mese di gravidanza. Così rischiava di partorire da sola, prima che arrivasse una risposta dal giudice. Nizar non poteva accettarlo. Aveva rischiato una volta, era pronto a farlo di nuovo. Bruciare la frontiera non era mai stato così facile. Trovò i contatti per imbarcarsi e a metà aprile partì per Lampedusa. Sembrava fatta. Lo rimpatriarono pochi giorni dopo, ma testardo com’è, tornò ancora a Zarzis e tentò per la seconda volta di raggiungere Winny.

Quella volta però lei non l’ha lasciato fare da solo. E appena ha saputo della sua partenza è salita sul primo aereo per l’Italia. I due ragazzi hanno anche presentato un ricorso contro l’espulsione, forti del fatto che nel frattempo l’Olanda aveva emesso per Nizar un visto Schengen per motivi familiari. Ma il tempo passava, giorno dopo giorno, e la risposta del giudice tardava ad arrivare. Mentre la data del parto si avvicinava, noncurante della lentezza cronica della giustizia italiana. Il resto è accaduto proprio durante una delle quotidiane visite di Winny a Nizar.

Il colloquio è finito, lei sta uscendo dal campo, quando improvvisamente è colta da un malore accompagnato da forti contrazioni, che fanno pensare a un imminente parto prematuro. Cerca con lo sguardo il marito, ma l’hanno già riportato in gabbia. L’ambulanza arriva poco dopo, diretta all’ospedale di Trapani. Nizar dietro le sbarre continua a gridare che lo lascino andare. Ma la polizia non ne vuole sapere, il rischio di fuga è troppo elevato. Nizar è accecato di rabbia e ferito. E se gli agenti non riescono a mettersi nei suoi panni, riescono invece a farlo benissimo gli altri ottantatré tunisini reclusi nel centro. La sua collera diventa la collera di tutti. È arrivato il tempo della rivolta.

I reclusi iniziano a smontare le strutture portanti delle tende dove sono alloggiati, per armarsi di ferri e bastoni. E quando, verso le nove di sera, gli agenti aprono il cancello per far entrare un nuovo trattenuto, è già troppo tardi. I reclusi si lanciano contro il cancello e spingono fino a forzarne l’apertura. Nel corpo a corpo con gli agenti di guardia, i tunisini riescono ad avere la meglio per poi disperdersi in ogni direzione tra i vigneti e gli oliveti circostanti, coperti dal calar della notte.

Nizar è con loro. Nonostante le manganellate sul ginocchio, continua a correre trascinandosi dietro la gamba ferita. Nascosto dagli alberi, segue a distanza la luce dei fari della polizia sulla statale per Trapani. Winny è ancora in ospedale, ma sta meglio, era un falso allarme, niente doglie. Il giorno dopo viene dimessa e lo può finalmente incontrare. Ma non c'è tempo per gli abbracci. La polizia è sulle loro tracce. Devono lasciare l'Italia. Winny prende un volo della Ryanair. Nizar viaggia via terra, senza documenti.

Prima un autobus, poi un treno, una nave e un altro treno ancora. Tre giorni di viaggio. Fino a ritrovarsi alla stazione di Eindhoven, in Olanda. Esausto ma finalmente libero di riabbracciare la donna che ama. Giusto in tempo per imbiancare la cameretta del bambino e assistere alla nascita di Rafael, venuto alla luce all'alba del 15 agosto, tra un’intervista e l’altra alla tv olandese, che di questa storia ha fatto un caso nazionale.


(2/3 continua)
Abbiamo incontrato Winny e Nizar nel luglio 2009 a Chinisia, Trapani. Parte di questo reportage è stato pubblicato sul numero di ottobre di E-ilmensile. Da questa storia e' tratto il film l'Amore ai tempi della Frontiera (regia e audio Alexandra D'Onofrio, foto Alessio Genovese)