29 July 2008

Sbarcati in Calabria, due famiglie di kurdi dormono in strada a Rimini

Sbarco in Calabria, foto di Orlando AmodeoRIMINI, 29 luglio 2008 - Lo scorso 9 luglio 2008 un centinaio di persone sbarcarono sulle coste calabresi della Locride. A bordo c'erano 12 donne e 10 bambini. Il motopeschereccio di circa 15 metri su cui avevano viaggiato per cinque giorni era rimasto incagliato a Stignano mare, vicino Roccella Ionica, in provincia di Reggio Calabria. Come ogni volta il racconto dei giornalisti si ferma allo sbarco. Nessuno si domanda che fine facciano queste persone. Alcune volte i circuiti dell'accoglienza funzionano. E dai centri di prima accoglienza si passa negli appartamenti degli Sprar. Molte altre volte no. E allora può succedere che due famiglie di richiedenti asilo politico kurdi iracheni, con bambini al seguito, finiscano a dormire in mezzo alla strada. E in mezzo all'indifferenza.

Una nostra lettrice di Rimini, Fatima, quell'indifferenza l'ha vinta. E i profughi li ha ospitati addirittura a casa propria. Ecco la sua lettera, che è una testimonianza sui destini che spesso attendono i richiedenti asilo politico in Italia.

"Venerdì 18 luglio 2008 ho incontrato a Rimini due famiglie composte da due uomini, due donne e le due figlie minorenni, una ragazza di 16 anni e una bambina di un anno e tre mesi. Le due famiglie, appartenenti allo stessa Qabila, avevano lasciato l’Iraq un paio di mesi fa. La prima tappa del loro viaggio è stata la Turchia. L'hanno raggiunta in aereo, e ci sono rimasti un mese, in un appartamento condiviso da quattro famiglie. Dormivano nella stessa camera e usavano la stessa cucina e il bagno, in attesa della partenza, concordata con un trafficante che ha addirittura un’agenzia nella loro città d’origine, nella provincia di Diala.

Il viaggio dalla Turchia verso l’Italia l'hanno fatto su un peschereccio. A bordo c'erano 104 persone tra iracheni, afgani e iraniani. Il viaggio è durato cinque giorni, in condizioni pessime e rischiando la propria vita. Dietro il suggerimento dei trafficanti hanno buttato le loro valigie in mezzo al mare. Mezz’ora prima dell’arrivo, lo scafista ha abbandonato la nave. Quando si sono accorti che la nave era ferma, a bordo è scoppiato il panico. Sherine mi ha raccontato che tutti hanno cominciato a piangere. Poco dopo alcuni uomini che sapevano nuotare si sono tuffati in acqua cercando di raggiungere la riva per chiedere aiuto. Sono sbarcati a Reggio Calabria. Dicono di essere stati accolti in un centro. Dopo tre giorni li hanno identificati, chiedendo loro, tramite l’interprete, le proprie generalità e se desideravano rimanere in Italia. Le due famiglie hanno dichiarato di volere lasciare l’Italia. Ma stranamente sono stati abbandonati con due fogli in mano. Il primo è un permesso di soggiorno per motivi di asilo e l’altro un allegato sul sistema EURODAC che impedisce fare domanda d’asilo in un altro paese firmatario dell’accordo Dublico 2. Nessuno di loro capiva il significato di questi documenti.

Le due famiglie hanno quindi ripreso il loro viaggio per raggiungere i parenti in Norveggia e in Svezia, ma purtroppo le loro sofferenze non sono finite qua. Sono stati abbandonati dal loro accompagnatore a Rimini, dove sono rimasti per sei giorni in un parco pubblico. Si sono rivolti ad una chiesa situata di fronte, la quale ha offerto un posto solo per le donne, ma fuori dalla città. Durante questi giorni i poliziotti hanno chiesto loro di andare via dal parco. Secondo le famiglie, gli agenti si sarebbero anche rivolti alla chiesa per impedire qualsiasi forma di aiuto. Hanno dormito sulla spiaggia, ma alle donne è stato impedito l’utilizzo dei bagni.

Quando li ho incontrati ho cercato immediatamente di inserirli in una delle strutture che se ne dovrebbero occupare. Ma la risposta è stata scioccante. La risposta è stata che gli operatori erano in ferie oppure che non c'erano posti per il momento. Davanti a questa situazione drammatica, non ho fatto altro che ospitarli a casa mia. La prima famiglia è partita dopo tre giorni e la seconda dopo sei. Adesso sono arrivati dai loro parenti nel Nord Europa".


Fatima