Cosa fanno quattro parlamentari italiani dopo che i telegiornali nazionali danno la notizia di un pestaggio in un centro di espulsione? Tre vanno a visitare il centro e ne chiedono la chiusura. Il quarto non soltanto non si muove da Roma ma giustifica addirittura la censura in nome della privacy dei reclusi! Non è una barzelletta tratta da "I colmi dei parlamentari", bensì la cronaca della giornata di ieri. I tre parlamentari in questione sono Rosa Villecco Calipari e Jean Leonard Touadi del Pd e Giuseppe Giulietti del Gruppo Misto che ieri hanno visitato il centro di identificazione e espulsione di Palazzo San Gervasio (Pz) dopo la pubblicazione su Repubblica del video registrato dai reclusi tunisini con un telefonino che mostra le violenze delle forze dell'ordine all'interno del Cie. Il video era stato consegnato lo scorso 6 giugno alla giornalista Raffaella Cosentino, autorizzata per errore dalla Prefettura di Potenza a visitare la struttura. Dal primo aprile infatti, la circolare 1305 vieta alla stampa l'ingresso nei centri di espulsione, ma evidentemente a Potenza quella circolare non l'avevano mai letta prima. Certo dopo il botto che ha fatto la notizia, il Prefetto deve aver ricevuto una tirata d'orecchie dal Viminale. E infatti ieri i giornalisti al seguito dei parlamentari sono stati lasciati fuori dai cancelli del centro di espulsione. A raccontare quello che hanno visto dentro sono stati i tre parlamentari, che hanno duramente criticato le condizioni in cui sono ancora reclusi 57 tunisini e hanno quindi chiesto la chiusura del cie lucano. Alle loro dichiarazioni ha però fatto da contraltare una nota inviata alle agenzie stampa da un quarto poco onorevole parlamentare che da Roma si è levato a strenuo difensore della censura nei cie.
Il signore in questione si chiama Vincenzo Taddei, che oltre a essere stato eletto nella file del Pdl è anche membro del Comitato parlamentare di controllo di Schengen, Europol e immigrazione, e dunque - si immagina - persona informata sui fatti. Ma sulla censura non fa una piega. "Il divieto nei confronti dei mass media rimane valido per ragioni di riservatezza e sicurezza. Ciò perché si deve garantire da una parte la riservatezza e la sicurezza di questi soggetti che potrebbero essere anche dei perseguitati politici e quindi riconoscibili attraverso la globalizzazione dei sistemi di informazione di oggi, e dall'altra la sicurezza e l'incolumità dei cittadini di Palazzo San Gervasio e delle zone circostanti nei confronti di persone che devono ancora essere identificate e che potrebbero strumentalizzare la presenza dei mass media per accentuare situazioni di protesta o di disordine". Insomma la censura sarebbe giustificata da un lato per tutelare la privacy dei reclusi e dall'altro per l'immancabile sicurezza dei cittadini, nel caso gli animali dello zoo dovessero scaldarsi. Davvero siamo arrivati a tanto?