Per ora è soltanto un memorandum d'intesa per la collaborazione nella lotta all'immigrazione, al terrorismo, alla criminalità organizzata e al traffico di stupefacenti. L'intesa è stata siglata oggi a Napoli. Le firme sono quelle del primo ministro del Consiglio nazionale transitorio (Cnt) libico, Mahmud Jibril, e del ministro degli esteri italiano Franco Frattini, lo stesso che ieri millantava un'intesa con l'Alto commissariato dei rifugiati delle Nazioni Unite (Acnur) salvo poi essere prontamente smentito. L'idea è di applicare di nuovo l'accordo che firmò Giuliano Amato nel 2007 con Gheddafi. Ovvero respingere in Libia tutte le persone intercettate al largo di Lampedusa e finanziare i campi di detenzione nel deserto dove concentrarle prima di essere espulse nei loro paesi o abbandonate alla frontiera sud della Libia, in pieno deserto. Unica novità rispetto al passato è la proposta di oggi del ministro dell'interno Maroni di usare le navi da guerra della Nato per imporre il blocco navale.
Per ora è soltanto un memorandum d'intesa, niente di operativo. Perché i porti da dove salpano i pescherecci carichi di famiglie - spesso rastrellate casa per casa e costrette a imbarcarsi per Lampedusa dagli uomini di Gheddafi - sono ancora controllati dalle milizie del regime, che anzi gestiscono direttamente le partenze come ritorsione contro l'Italia che fornisce le basi per gli attacchi aerei su Tripoli. Se però è vero che il fronte dei combattimenti si sta stringendo su Tripoli, è anche vero che verosimilmente nel giro di qualche settimana o di qualche mese Tripoli cadrà in mano ai ribelli e allora sì il memorandum potrebbe diventare operativo.
E c'è poco di buono da aspettarsi. Le forze di polizia saranno le stesse, il clima diffuso di razzismo e la violenza istituzionale idem. Pertanto c'è da immaginarsi un nuovo girone infernale nei campi di detenzione libici per chi sarà respinto. Anche se va detto che se cade il regime c'è anche da aspettarsi anche un crollo degli sbarchi, visto che è tutto organizzato dagli uomini di Gheddafi e visto che oltre un milione di stranieri che lavoravano in Libia hanno lasciato il paese dall'inizio del conflitto. In questo senso c'è una notizia più importante e che fa da contraltare all'accordo di Napoli. Ed è l'ultima udienza presso la Corte Europea del processo sui respingimenti. La data è fissata per il 22 giugno. E gli avvocati si dicono ottimisti su una possibile condanna.
Per ora è soltanto un memorandum d'intesa, niente di operativo. Perché i porti da dove salpano i pescherecci carichi di famiglie - spesso rastrellate casa per casa e costrette a imbarcarsi per Lampedusa dagli uomini di Gheddafi - sono ancora controllati dalle milizie del regime, che anzi gestiscono direttamente le partenze come ritorsione contro l'Italia che fornisce le basi per gli attacchi aerei su Tripoli. Se però è vero che il fronte dei combattimenti si sta stringendo su Tripoli, è anche vero che verosimilmente nel giro di qualche settimana o di qualche mese Tripoli cadrà in mano ai ribelli e allora sì il memorandum potrebbe diventare operativo.
E c'è poco di buono da aspettarsi. Le forze di polizia saranno le stesse, il clima diffuso di razzismo e la violenza istituzionale idem. Pertanto c'è da immaginarsi un nuovo girone infernale nei campi di detenzione libici per chi sarà respinto. Anche se va detto che se cade il regime c'è anche da aspettarsi anche un crollo degli sbarchi, visto che è tutto organizzato dagli uomini di Gheddafi e visto che oltre un milione di stranieri che lavoravano in Libia hanno lasciato il paese dall'inizio del conflitto. In questo senso c'è una notizia più importante e che fa da contraltare all'accordo di Napoli. Ed è l'ultima udienza presso la Corte Europea del processo sui respingimenti. La data è fissata per il 22 giugno. E gli avvocati si dicono ottimisti su una possibile condanna.