Ormai sta diventando il governo delle ordinanze. Con il pretesto dello stato di emergenza, dichiarato dal Consiglio dei ministri lo scorso 12 febbraio, ormai tutta la questione sbarchi viene gestita in deroga all'ordinamento giuridico e al parlamento. L'ultima ordinanza, la numero 3935 del 21 aprile, ha trasformato tre tendopoli in centri di identificazione e espulsione. Si tratta dei campi di Chinisia (in provincia di Trapani), di Santa Maria Capua Vetere (Caserta), e di Palazzo San Gervasio (Potenza). Intanto ieri sono iniziati i trasferimenti dei tunisini da Lampedusa nei Cie di mezza Italia. Il governo tunisino sembra essere della partita. Ma nei centri esplodono di nuovo le rivolte e le tentate evasioni. Mentre sottobanco fervono i preparativi per dividersi equamente le fette della torta. Perché sul piatto ci sono 10 milioni di euro e nessuna gara d'appalto.
I dettagli dell'operazione si possono leggere nell'ordinanza 3935. I tre cie-tendopoli di Chinisia, Santa Maria Capua Vetere e Palazzo San Gervasio serviranno a detenere fino a un massimo di 500 persone. Per ora l'utilizzo delle strutture è previsto fino al 31 dicembre 2011. Fondamentalmente il governo si aspetta nuovi arrivi dalla Tunisia con il bel tempo, e non ha nessuna intenzione di replicare l'operazione che nelle settimane scorse ha portato al rilascio dei permessi di soggiorno di sei mesi per motivi umanitari a 4.039 dei circa 23.600 tunisini sbarcati a Lampedusa dall'inizio dell'anno, a cui si aggiungono altre 10.286 domande ancora in fase istruttoria. Al contrario la volontà è di rimandare tutti a casa, con la benedizione dell'Europa, la stessa Europa che con una mano abroga il reato di inottemperanza e con l'altra pensa a ripristinare le frontiere interne per non dover dividersi il carico dell'accoglienza con l'Italia.
Dopotutto Maroni ha sempre detto che voleva aumentare il numero dei centri di espulsione. Stavolta però fanno davvero sul serio. Al punto che sui nuovi tre Cie è stata investita la colossale cifra di 10 milioni di euro. Sei milioni per i lavori di adeguamento, e 4 milioni per le spese di gestione, senza considerare le spese per le forze di polizia e militari che saranno impiegate per il presidio delle strutture. Fra l'altro sarà interessante vedere a chi andranno gli appalti, visto che è tutto gestito con procedure di emergenza e senza gara. A maggior ragione in una città come Trapani, dove c'è già un Cie al collasso da anni, il Serraino Vulpitta, e dove c'è anche un nuovo Cie appena finito di costruire, ma che per il momento resta vuoto per far partire il progetto della tendopoli Cie di Chinisia.
In tutto questo poi sarà fondamentale capire che ruolo giocherà il governo transitorio tunisino, che finora a dire il vero sembra essere della partita di Maroni. Quantomeno visto che dal 5 aprile continua a partecipare alle operazioni di rimpatrio che ormai hanno riportato oltremare almeno 800 tunisini sbarcati a Lampedusa dopo la firma dell'accordo tra Tunisi e Roma. Qualcosa però potrebbe essere cambiato ieri, con l'improvviso annullamento dei due annunciati voli da Lampedusa per Tunisi e il trasferimento dei cento tunisini rimasti sull'isola nei centri di espulsione di mezza Italia. Col rischio che adesso scoppino nuove rivolte, dopo quella del 2 maggio al Cie di Milano.
Da Lampedusa sono partiti tre voli con 45 passeggeri tunisini ciascuno. Il primo gruppo di 45 è stato diviso tra il Cie di Bologna e quello di Gradisca, quest'ultimo ancora interessato da lavori di ristrutturazione dopo che l'ultima rivolta aveva reso inutilizzabile metà delle celle, e ancora con 80 detenuti su un totale di 44 posti disponibili. Altri 45 tunisini dall'isola sono stati smistati nei Cie di Lamezia Terme e Brindisi, e altri 45 tra Bari e Crotone. Le autorità dichiarano che i tunisini saranno comunque rimpatriati dai Cie. Ma logisticamente sembra difficile. Prima infatti i rimpatri avvenivano direttamente da Lampedusa a Tunisi, due aerei al giorno con 30 espulsi su ogni volo. Adesso staremo a vedere. Quello che è certo è che c'è da aspettarsi altre fughe, come è successo l'altra settimana a Bologna. E altre rivolte, com'è è successo nei giorni scorsi nei Cie di Torino e Milano.
A Torino li hanno espulsi con l'inganno. La settimana scorsa, 40 tunisini trasferiti da Lampedusa. Hanno detto a tutti che li portavano in questura per il fotosegnalamento per il rilascio dei permessi di soggiorno umanitari, e poi invece si sono ritrovati su un aereo diretto in Tunisia, il che ha causato il giorno dopo, la protesta di un gruppo di 15 tunisini detenuti che hanno rifiutato di essere accompagnati in questura. A Milano invece, dal Cie sono finiti direttamente in galera. Si tratta di sette tunisini ritenuti responsabili della rivolta scoppiata il 2 maggio nel centro di identificazione ed espulsione di via Corelli a Milano, dove erano arrivati il 27 aprile scorso. I sette, processati per direttissima, sono stati rinviati a giudizio per danneggiamento aggravato e incendio doloso, per aver rotto vetri e finestre e incendiato alcuni materassi e qualche coperta. Ieri le porte del carcere di San Vittore si sono chiuse dietro le loro spalle. Benvenuti in Italia.
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