La sentenza è di quelle che lasciano il segno. Venerdì scorso infatti la Corte europea dei diritti umani ha di fatto bocciato il Regolamento Dublino. Per i non addetti ai lavori, regolamento Dublino vuol dire che quando uno chiede asilo politico a un paese dell'Unione europea succede che quel paese lo può rispedire - contro la sua volontà - nel paese dell'Unione europea dove è stato segnalato la prima volta, ovvero dove gli hanno preso le impronte digitali per primi. Grazie a questo regolamento, per anni i paesi del centro e nord europa hanno rispedito nei paesi di frontiera migliaia di eritrei, kurdi, somali, afgani che erano entrati in Europa sbarcando sulle coste mediterranee. Il paradosso di quel regolamento è che un paese come la Grecia, che riconosce l'asilo a malapena l'1% di chi ne fa richiesta, è costretta a farsi carico di un numero di rifugiati ben maggiore delle sue possibilità.
Non è la prima volta che Dublino viene sospeso. Lo aveva fatto nel 2008 il governo norvegese, lo aveva chiesto a gran voce Human rights watch e in Italia c'era stata un'importante sentenza del Tar Puglia. Ma a livello di Corte europea è la prima volta. E forse è l'occasione per gli Stati membri per riformulare delle politiche comunitarie in termine di libertà di circolazione di tutti, non solo dei cittadini di serie A, il che eviterebbe situazioni criminali come quelle di Calais e di Patrasso, ovvero di chi è costretto a scappare due volte, per viaggiare senza documenti anche dentro i confini dell'Ue. A proposito di Patrasso, chissà che questa sentenza non lasci ben presagire per un altro processo che si sta celebrando a Strasburgo, contro Italia e Grecia, per l'accordo di riammissione in base al quale ogni giorno i ragazzi scovati nelle stive dei traghetti di linea dell'Adriatico vengono rispediti da Venezia, Ancona, Bari e Brindisi a Patrasso e Igoumenitsa privandoli di fatto delle tutele giuridiche previste dal nostro ordinamento. Riammissioni tanto sistematiche che ormai i viaggi sotto i camion sono spesso sostituiti dai viaggi in mare, direttamente dalla Turchia alla Calabria, su insospettabili barche a vela. L'ultima è sbarcata stamane a Crotone con 27 passeggeri afgani.
Non è la prima volta che Dublino viene sospeso. Lo aveva fatto nel 2008 il governo norvegese, lo aveva chiesto a gran voce Human rights watch e in Italia c'era stata un'importante sentenza del Tar Puglia. Ma a livello di Corte europea è la prima volta. E forse è l'occasione per gli Stati membri per riformulare delle politiche comunitarie in termine di libertà di circolazione di tutti, non solo dei cittadini di serie A, il che eviterebbe situazioni criminali come quelle di Calais e di Patrasso, ovvero di chi è costretto a scappare due volte, per viaggiare senza documenti anche dentro i confini dell'Ue. A proposito di Patrasso, chissà che questa sentenza non lasci ben presagire per un altro processo che si sta celebrando a Strasburgo, contro Italia e Grecia, per l'accordo di riammissione in base al quale ogni giorno i ragazzi scovati nelle stive dei traghetti di linea dell'Adriatico vengono rispediti da Venezia, Ancona, Bari e Brindisi a Patrasso e Igoumenitsa privandoli di fatto delle tutele giuridiche previste dal nostro ordinamento. Riammissioni tanto sistematiche che ormai i viaggi sotto i camion sono spesso sostituiti dai viaggi in mare, direttamente dalla Turchia alla Calabria, su insospettabili barche a vela. L'ultima è sbarcata stamane a Crotone con 27 passeggeri afgani.