
Per molti le proroghe del trattenimento di altri 60 giorni, previste dal pacchetto sicurezza, sono scattate già nel mese di agosto. Fu la consegna delle prime proroghe a far scattare la protesta dello scorso 9 agosto, quando un centinaio di immigrati salirono sui tetti della struttura sfasciando impianti e suppellettili del centro, e ottenendo in risposta il trasferimento di 30 rivoltosi al cie di Milano. Da quel giorno le camerate sono chiuse. Niente accesso all'unico spazio comune, un cortile su cui si affacciano a ferro di cavallo le 13 camerate da 10 posti. Ogni camerata ha diritto soltanto a un'ora d'aria al giorno. E anche i pasti vengono consumati nelle celle. Tra i trattenuti c'è anche chi in Italia vive da vent'anni. È il caso di un cittadino tunisino, H., arrivato in Italia dal 1989, all'età di 10 anni. Parla perfettamente italiano. Prima della condanna viveva e lavorava a Bolzano. Per un giro di spaccio di stupefacenti lo hanno condannato a 5 anni di carcere, dopo i quali è stato trasferito al Cie di Gradisca, dove è trattenuto da ormai tre mesi. Gliene restano ancora tre da scontare. Poi probabilmente tornerà libero. O almeno questo è quello che si aspetta. I funzionari dell'ambasciata tunisina infatti, dice, non si sono ancora visti a Gradisca, e senza la loro collaborazione, nessun rimpatrio è possibile, neanche in sei mesi