GRADISCA D'ISONZO (GORIZIA) - È ancora massima allerta al centro di identificazione e espulsione di Gradisca d'Isonzo, in provincia di Gorizia. Due giorni fa sei trattenuti della zona rossa sono stati fermati dai militari di guardia al centro mentre erano già saliti sul tetto, nella notte, dalle camerate, pronti a fuggire. Un metodo di evasione già rodato in passato, il 20 agosto, quando 7 reclusi, tre tunisini e quattro algerini, riuscirono a scappare all'alba allargando con dei ferri le sbarre alle finestre delle celle. Altri due algerini, che stavano tentando di scappare attraverso i tetti della struttura, furono bloccati in quell'occasione dalle forze dell'ordine. Anche questa volta i fuggiaschi sono stati bloccati dai militari, e in questo momento si trovano ancora in isolamento. Ce lo hanno confermato i loro compagni di cella, che ci hanno raggiunto telefonicamente.. E in isolamento si trovano anche tutti gli altri trattenuti, in gran parte tunisini, marocchini e algerini. La maggior parte di loro è detenuta da oltre due mesi.
Per molti le proroghe del trattenimento di altri 60 giorni, previste dal pacchetto sicurezza, sono scattate già nel mese di agosto. Fu la consegna delle prime proroghe a far scattare la protesta dello scorso 9 agosto, quando un centinaio di immigrati salirono sui tetti della struttura sfasciando impianti e suppellettili del centro, e ottenendo in risposta il trasferimento di 30 rivoltosi al cie di Milano. Da quel giorno le camerate sono chiuse. Niente accesso all'unico spazio comune, un cortile su cui si affacciano a ferro di cavallo le 13 camerate da 10 posti. Ogni camerata ha diritto soltanto a un'ora d'aria al giorno. E anche i pasti vengono consumati nelle celle. Tra i trattenuti c'è anche chi in Italia vive da vent'anni. È il caso di un cittadino tunisino, H., arrivato in Italia dal 1989, all'età di 10 anni. Parla perfettamente italiano. Prima della condanna viveva e lavorava a Bolzano. Per un giro di spaccio di stupefacenti lo hanno condannato a 5 anni di carcere, dopo i quali è stato trasferito al Cie di Gradisca, dove è trattenuto da ormai tre mesi. Gliene restano ancora tre da scontare. Poi probabilmente tornerà libero. O almeno questo è quello che si aspetta. I funzionari dell'ambasciata tunisina infatti, dice, non si sono ancora visti a Gradisca, e senza la loro collaborazione, nessun rimpatrio è possibile, neanche in sei mesi