Non è la prima volta che l'Italia viola le decisioni della Corte Europea dei diritti umani relativamente alla sospensione di provvedimenti di espulsione verso la Tunisia di persone a rischio di tortura e trattamenti inumani o degradanti. In particolare nel 2008, rispettivamente a giugno e a dicembre, il Governo italiano ha espulso in Tunisia Sami Essid Ben Khemais e Mourad Trebelsi, per i quali la Corte aveva richiesto la sospensione dell'espulsione in attesa della definizione del ricorso, ai sensi dell'art.39 del proprio Regolamento. A febbraio 2009 la Corte ha stabilito che l'Italia, rimpatriando Ben Khemais, ha violato l'art. 3 della Convenzione europea dei diritti umani, che vieta la tortura e i trattamenti inumani e degradanti. Nello stesso mese di marzo del 2009 i giudici di Strasburgo hanno deciso in altri sette casi contro l’Italia, accogliendo le richieste dei ricorrenti, tutti cittadini tunisini, presenti in Italia da tempo, destinatari di un decreto di espulsione, alcuni in base alla legge Pisanu del 2005, altri in base al Testo Unico sull’immigrazione del 1998.
Era stato lo stesso commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Thomas Hammarberg, a esprimere “profonda preoccupazione” sulle espulsioni in Tunisia, durante la sua ultima visita in Italia, avvenuta tra il 13 ed il 15 gennaio 2009, specificamente sul caso di espulsione di Cherif avvenuta nel gennaio 2007 grazie al decreto Pisanu. Secondo il rapporto del Commissario Europeo, che richiamava un rapporto di Amnesty International del 2008, “relazioni credibili dimostrano che il deportato è stato sottoposto a torture e altre forme di maltrattamento, mentre era in stato di detenzione in Tunisia”. Secondo lo stesso rapporto Hammarberg, “in particolare per quanto riguarda la Tunisia, dove l’Italia ha rimpatriato a forza diverse persone, il commissario rileva che esistono relazioni credibili che attestano l’esistenza di una tendenza al ricorso alla tortura e maltrattamenti dei detenuti, in particolare se arrestati per reati relativi alla sicurezza, compreso il rimpatrio forzato dall’estero”
Negli ultimi anni, Amnesty International ha ricevuto numerose denunce di casi di tortura e altri maltrattamenti da parte delle forze di sicurezza tunisine. In quasi tutti i casi, le denunce di tortura non vengono sottoposte a indagine né i responsabili vengono assicurati alla giustizia. Le persone sono più a rischio di subire tortura quando si trovano in detenzione incommunicado. I metodi più comuni di tortura sono le bastonate sul corpo, in particolar modo sulle piante dei piedi; la sospensione per le caviglie o in posizioni scomode; elettroshock e bruciature da sigarette. Tutto questo in un paese, la Tunisia, che formalmente ha sottoscritto la “Convenzione contro la tortura e gli altri trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti” delle Nazioni Unite.
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