ROMA, 3 agosto 2009 - Il Pm di Roma ha chiesto al Tribunale dei ministri di archiviare la posizione del ministro Maroni, indagato per il respingimento dei migranti. L'inchiesta fu aperta dopo una denuncia dei Radicali, scaturita dal respingimento di 227 immigrati salvati in acque internazionali ai primi di maggio. Il reato iscritto era l'abuso d'ufficio. La richiesta di archiviazione si fonda sul decreto che stabilisce i respingimenti. Così la magistratura italiana straccia il diritto internazionale. Basta un decreto e tutto diventa legittimo. Adesso però la parola spetta alla Corte europea dei diritti umani.
L'avvocato Anton Giulio Lana ha infatti finalmente formalizzato il ricorso dei 24 rifugiati somali e eritrei respinti dalla Marina italiana il 6 maggio 2009. Il ricorso fa appello all'articolo 3 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, che vieta la tortura e trattamenti inumani e degradanti, oltre che la riammissione in paesi terzi dove esista il rischio di tortura; all'articolo 13, che stabilisce il diritto a un ricorso effettivo; e all'articolo 4 del quarto protocollo, che vieta espressamente le deportazioni collettive.
Tutti articoli che secondo l'avvocato Lana sarebbero stati violati, dal momento che le persone sono state respinte senza nessuna identificazione, in modo collettivo, senza permettere di presentare richiesta d'asilo politico e tantomeno di poter fare ricorso presso un giudice. E se è vero che i fatti sono occorsi in acque internazionali, è altrettanto vero che gli emigranti respinti sono stati fatti salire a bordo di unità marittime italiane, che in base all'articolo 4 del codice di navigazione sono sotto la giurisdizione dello Stato italiano. E inoltre sono state respinte in Libia, dove è documentata la pratica di torture e trattamenti inumani e degradanti nei campi di detenzione.
Adesso si dovranno aspettare i tempi della pronuncia della Corte europea. Il caso non rientra nei provvedimenti di urgenza, in quanto i 24 ricorrenti sono già stati respinti in Libia. Pertanto potrebbero passare mesi prima che la Corte dichiari l'ammissibilità o meno dei ricorsi e notifichi al governo italiano l'apertura delle indagini. Per un'eventuale sentenza invece, potrebbero passare anni. Basti pensare che ancora non è stata pronunciata la sentenza per i respingimenti in Libia da Lampedusa del 2005.
Vedremo se anche la gistizia europea si piegherà alla ragion politica. Intanto, lo ricordiamo, sul dossier respingimenti c'è anche un esposto presentato dall'Asgi e da un gruppo di associazioni, presso la Commissione europea, il Consiglio d'Europa e il Comitato dell'Onu per i diritti umani.
L'avvocato Anton Giulio Lana ha infatti finalmente formalizzato il ricorso dei 24 rifugiati somali e eritrei respinti dalla Marina italiana il 6 maggio 2009. Il ricorso fa appello all'articolo 3 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, che vieta la tortura e trattamenti inumani e degradanti, oltre che la riammissione in paesi terzi dove esista il rischio di tortura; all'articolo 13, che stabilisce il diritto a un ricorso effettivo; e all'articolo 4 del quarto protocollo, che vieta espressamente le deportazioni collettive.
Tutti articoli che secondo l'avvocato Lana sarebbero stati violati, dal momento che le persone sono state respinte senza nessuna identificazione, in modo collettivo, senza permettere di presentare richiesta d'asilo politico e tantomeno di poter fare ricorso presso un giudice. E se è vero che i fatti sono occorsi in acque internazionali, è altrettanto vero che gli emigranti respinti sono stati fatti salire a bordo di unità marittime italiane, che in base all'articolo 4 del codice di navigazione sono sotto la giurisdizione dello Stato italiano. E inoltre sono state respinte in Libia, dove è documentata la pratica di torture e trattamenti inumani e degradanti nei campi di detenzione.
Adesso si dovranno aspettare i tempi della pronuncia della Corte europea. Il caso non rientra nei provvedimenti di urgenza, in quanto i 24 ricorrenti sono già stati respinti in Libia. Pertanto potrebbero passare mesi prima che la Corte dichiari l'ammissibilità o meno dei ricorsi e notifichi al governo italiano l'apertura delle indagini. Per un'eventuale sentenza invece, potrebbero passare anni. Basti pensare che ancora non è stata pronunciata la sentenza per i respingimenti in Libia da Lampedusa del 2005.
Vedremo se anche la gistizia europea si piegherà alla ragion politica. Intanto, lo ricordiamo, sul dossier respingimenti c'è anche un esposto presentato dall'Asgi e da un gruppo di associazioni, presso la Commissione europea, il Consiglio d'Europa e il Comitato dell'Onu per i diritti umani.