RAGUSA, 3 agosto 2009 – I medici dell’ospedale di Rafah non hanno potuto fare niente. Al suo arrivo era già morto dissanguato. Lo hanno colpito due volte: nel petto e alla gamba. A sparare è stata la polizia egiziana. I fatti risalgono allo scorso 31 luglio 2009. Si muore così nel Sinai alla frontiera tra Egitto e Israele. Una frontiera che dal 2006 è diventata un importante punto di transito per la diaspora eritrea, somala e sudanese, di pari passo con la progressiva chiusura della rotta libica verso l’Italia. Migliaia di rifugiati, affidandosi ai contrabbandieri egiziani, sono riusciti ad attraversare il confine negli ultimi anni. Dal 2008 la polizia egiziana ha messo in atto una durissima repressione. Centinaia di eritrei arrestati nel Sinai sono stati rimpatriati nel giugno del 2008, nonostante le aspre critiche espresse in più occasioni dall’Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni unite. E sulla frontiera è scattato l’ordine di sparare a vista: secondo l’agenzia stampa Reuters, i rifugiati uccisi sotto il fuoco della polizia egiziana sono stati almeno 28 nel 2008 e sette nei primi otto mesi del 2009. Morti su cui non è stata aperta nessuna inchiesta interna alle forze armate egiziane. Soltanto nel mese di luglio 2009 i morti sono stati tre, due dei quali erano rifugiati somali. Un dato che fa salire il bollettino di luglio ad almeno 14 morti, stando alle notizie riportate dalla stampa internazionale.
Ma la polizia non uccide soltanto in Egitto. Lo scorso 27 luglio, è morto dopo quattro mesi di coma all’ospedale Papanikolaou di Salonicco, un giovane kurdo irakeno pestato a sangue dalla polizia greca mentre tentava di imbarcarsi su un traghetto diretto in Italia dal porto di Igoumenitsa. Arivan Abdullah Osman aveva 29 anni. I fatti risalgono al 3 aprile 2009. Arivan stava tentando di nascondersi sotto un camion pronto a imbarcarsi su un traghetto diretto in Italia. Viaggiava senza documenti, era in fuga dal Kurdistan iraqeno. Quando la polizia lo acciuffò fu brutale. Testimoni oculari sostengono che gli agenti gli sbatterono con violenza la testa contro l’asfalto. Un colpo fatale. Che gli causò un’emorragia interna e danni cerebrali irreversibili. Arivan. Il ministro greco della Marina, Anastassios Papaligouras ha espresso il suo cordoglio per la vittima, e ha chiesto la riapertura del caso, visto che le indagini non avevano individuato nessun responsabile.
Ed erano potenziali rifugiati anche i tre afgani morti il 23 luglio 2009 in Turchia in un incidente stradale di un camion carico di emigrati, nella zona di Kulp, nella provincia di Diyarbakır. Sempre a luglio, altre 7 persone hanno perso la vita nei mari della Spagna. Tre alle Canarie e quattro in Andalucia, tra Barbate e La Fontanilla de Marbella, dove da settimane continuano a riaffiorare corpi in avanzato stato di decomposizione. Fantasmi di un cimitero chiamato Mediterraneo.