12 December 2007

L'Ue dopo Lisbona: se vincono l'ipocrisia e l'impunità

ROMA, 12 dicembre 2007 - José Luis Zapatero rappresenta bene la schizofrenia del vecchio continente. Relatore per l’Ue sull’immigrazione al vertice euro-africano di Lisbona, il premier spagnolo ha proposto un patto in tre punti: più opportunità per i giovani in Africa, più quote per i flussi di lavoratori africani in Europa e lotta dura contro l’immigrazione irregolare. Ottime promesse. Che però sanno di ipocrisia di fronte alle grandi tragedie dell'immigrazione e all'impunità di cui godono e godranno i responsabili dei crimini commessi ai danni di migranti e rifugiati lungo le frontiere. Certo i fatti provano l'impegno del premier spagnolo. Il Piano Africa spagnolo ad esemio: 700 milioni di euro di aiuti per lo sviluppo versati dalla Spagna nel 2006 contro i soli 150 del 2003. Ma i fatti provano anche come a partire dalle sue frontiere, l’Unione europea stia erodendo il proprio stato di diritto, sempre più spesso affidando ai paesi africani il lavoro sporco...

Come non ricordare i 17 morti ammazzati lungo le reti di Ceuta e Melilla nel 2005? E le successive violenze delle maxi retate delle forze ausiliarie marocchine sulle montagne di Gourougou e Bel Younesh? E poi le deportazioni di massa a ‘Ain Chouatar? E le retate a Rabat e Casablanca, gli arresti dei rifugiati e le deportazioni a Oujda, l’ultima soltanto poche settimane fa? E il nigeriano soffocato dalla Guardia civil sul volo che doveva rimpatriarlo, lo scorso 11 giugno? E i due senegalesi ammazzati dagli spari dell’esercito su una barca di migranti, lo scorso 30 luglio? E gli almeno 82 morti di stenti su piroghe finite alla deriva dopo essere state costrette dalle navi Frontex a invertire la rotta in pieno Atlantico? E le migliaia di senegalesi deportati collettivamente dalle Canarie a partire dal 2006 con la firma degli accordi bilaterali? E gli oltre trecento asiatici del “Marine I” costretti a mesi di detenzione in condizioni degradanti in un hangar del porto di Nouadhibou, in Mauritania, in attesa del loro rimpatrio, poi operato dall’Oim? E i 120 pakistani rimpatriati lo scorso 7 novembre nonostante lo stato di emergenza proclamato a Islamabad da Musharraf e nonostante i timori della stessa Federazione nazionale della Polizia? E che dire delle recenti posizioni del governo spagnolo che si è detto pronto a rimpatriare anche i minori non accompagnati senegalesi e marocchini, che sempre più spesso toccano terra alle isole Canarie?

Ad assicurarlo è stata la segretaria di stato per l’immigrazione, Consuelo Rumí, che il 4 dicembre ha dichiarato alla Commissione immigrazione del Congresso spagnolo che il governo sperava di iniziare a negoziare col Senegal i primi rimpatri di minori non accompagnati, a partire da quella settimana. I minori sbarcati quest’anno alle Canarie sono già più di 600. A volte arrivano barche di soli ragazzini. Come quella sbarcata il 13 novembre 2007, con 17 adolescenti marocchini a bordo. Quello del Marocco è un capitolo a parte. L’esecutivo spagnolo aveva annunciato già a settembre 2007 l’intenzione di rimpatriare i minorenni in Marocco, ma ad oggi nessuna operazione di rimpatrio è stata fatta. Nel frattempo però gli arrivi di minori alle Canarie sono vertiginosamente aumentati. Oltre 150 minori sono sbarcati soltanto nell’ultima settimana di novembre. Anche perché nel frattempo le autorità marocchine hanno smantellato i posti di controllo che avevano installato nel 2004 lungo tutta la costa del Sahara occidentale, a distanza di un chilometro uno dall’altro, proprio per bloccare le partenze verso l’arcipelago spagnolo. Una decisione repentina e non condivisa da Madrid, che porterà a una ripresa delle partenze dal Sahara occidentale verso le Canarie. Servono anche a questo le frontiere. Rubinetti che si aprono e si chiudono a seconda delle partite da negoziare con l’Europa. Gheddafi in questo è maestro. Già intervenendo al vertice euro africano di Lisbona aveva chiesto soldi per bloccare l'immigrazione verso la Sicilia. Almeno un miliardo di euro, come risarcimenti coloniali. Non contento, ieri ha aggiunto in un'intervista a France 24: "Alcuni approfittano delle leggi per chiedere asilo politico... ma è soltanto per venire in Europa. Anche i ministri dell'Interno europei lo sanno che è così". Un'ottima credenziale per la Libia a cui l'Ue affida il controllo delle nostre frontiere e appalta l'arresto e la deportazione di 60.000 tra migranti e rifugiati ogni anno, in condizioni già denunciate dai rapporti di Fortress Europe.

Insomma la ricetta Zapatero, se da un lato ha punti interessanti, come gli investimenti in Africa e l’incremento delle quote d’ingresso per i lavoratori africani, rischia di non portare altro che nuove violazioni dei diritti di migranti e rifugiati lungo le frontiere pattugliate dalle forze di polizia degli Stati Africani. Alle belle parole infatti, non sta seguendo nessuna proposta seria. Innanzitutto per consentire forme di ingresso legale che favoriscano l’incontro di domanda e offerta di lavoro, come ad esempio attraverso visti di ingresso per ricerca di lavoro. Né si parla del riconoscimento del diritto d’asilo nei Paesi di transito, con programmi di reinsediamento come quelli statunitensi, ad esempio nelle ambasciate europee all’estero o tramite le missioni Unhcr. Né infine si parla di forme di regolarizzazione permanente dei milioni di immigrati che già vivono in Europa senza documenti di soggiorno, spesso da anni.

Leggi anche:
Libia: blitz italiano a Tripoli in vista del vertice di Lisbona