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Eppure qualcosa sta cambiando. Lo dicono i dati sulle richieste d’asilo più recenti, ancora in attesa di giudizio. In totale sono 5.171, i dati sono dell’Acnur. Al primo posto c’è il Sudan (1.777 richieste), seguito da Iraq (1.132), Eritrea (617), Chad (595), Etiopia (218) e Somalia (191). Il dato in aumento degli eritrei si spiega con l’attività svolta dall’Acnur nel 2008 nel campo di Misratah, dove sono detenuti da tre anni circa 600 eritrei. Da un paio d’anni infatti, le autorità libiche autorizzano l’Acnur a visitare alcuni campi di detenzione. Grazie soprattutto all’intermediazione di ong locali quali International Organization of Peace, Care and Relief (IOPCR), Al-Wafaa Charity Association, World Islamic Call Society (WICS), Watasemo Association e la Ghaddafi International Foundation for Charity and Associations (GIFCA). Grazie alla collaborazione con le ong l’Ancur ha potuto inoltre sostenere a Tripoli corsi di formazione professionale, assistenza sanitaria, ed esenzione dalle tasse universitarie per i rifugiati.
Tuttavia i problemi permangono. Le forze dell’ordine non riconoscono la validità dei documenti rilasciati ai rifugiati dall’Acnur. Così durante le retate anche i rifugiati vengono arrestati e finiscono in carcere, come abbiamo personalmente verificato a Sebha. Difficilmente l’Acnur riesce a farli rilasciare. Inoltre l’Acnur non ha nessun accesso al più famigerato dei campi di detenzione, quello che si trova a Kufrah, al confine con il Sudan, dove eritrei e somali raccontano di subire violenze e abusi, per poi essere rivenduti dalla polizia agli stessi autisti che li hanno portati clandestinamente in Libia.
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