LUCCA, 1 maggio 2009 – Altro incidente diplomatico tra Malta e l’Italia. A poco più di una settimana dal caso del mercantile turco Pinar, rimasto bloccato nelle acque del Canale di Sicilia per tre giorni con 140 naufraghi a bordo, stavolta è il turno di un peschereccio tunisino. La notte scorsa aveva soccorso 66 emigranti su un gommone alla deriva, tra cui due donne. L’operazione di soccorso è avvenuta a 23 miglia a sud di Lampedusa, e a circa 120 da Malta. Sul luogo – in acque SAR (Search and Rescue) di competenza maltese, si è recata una motovedetta della guardia costiera maltese, dopo che le autorità italiane avevano comunicato di non avere mezzi in zona. Diretta verso Lampedusa, l’unità maltese si è però vista negare l’autorizzazione a entrare nelle acque italiane e ha dovuto invertire la rotta, anche perché una delle donne a bordo era in gravi condizioni di disidratazione. I passeggeri si trovano adesso a Malta. Sono di nazionalità del Bangladesh, Marocco, Nigeria e Ghana. Saranno in parte rimpatriati e in parte detenuti per 18 mesi, nei centri per i richiedenti asilo, sulle cui condizioni Medici senza frontiere ha recentemente pubblicato un durissimo rapporto.
Il governo maltese ha annunciato che invierà una nota di protesta all’Unione europea per quanto accaduto. Dopo il caso Pinar infatti, i due Paesi avevano raggiunto un accordo per cui le navi dovevano essere portate nel porto sicuro più vicino. Anche se un mese e mezzo fa La Valletta non era dello stesso avviso. Era il 19 marzo 2009 quando Malta rifiutò il permesso di approdare alla corvetta Minerva della Marina militare italiana, che aveva salvato 76 persone in prossimità dell’isola. Che l’Italia abbia reso il favore?
Certo è che a queste condizioni per i marittimi civili sarà sempre più difficile assistere i naufraghi in mare, con il rischio di trovarsi bloccati in mare per giorni, come il Pinar. E se per ogni intervento delle autorità marittime si dovrà scatenare un caso diplomatico, che ne sarà della finora efficiente macchina di soccorso italiana? Ogni rallentamento di quel dispositivo di soccorso può significare centinaia di morti in più ogni anno! Ma probabilmente la soluzione sta più a sud. Se davvero partiranno i pattugliamenti in Libia a partire dal 15 maggio, non è da escludere una limitazione dell’intervento della Guardia costiera nel raggio di 12 miglia delle acque territoriali, e un aumento smisurato delle pratiche di respingimento in alto mare verso la Libia, effettuate dalle navi militari di Frontex, che intanto ha iniziato i pattugliamenti nel Canale. Anche perché altrimenti, si potrebbero venire a verificare casi in cui unità francesi o spagnole di Frontex che dovessero soccorrere gruppi di naufraghi, vedendosi rifiutare l’autorizzazione a attraccare tanto da Malta quanto dall’Italia, dovrebbero portarli nei porti dei propri paesi.
Il governo maltese ha annunciato che invierà una nota di protesta all’Unione europea per quanto accaduto. Dopo il caso Pinar infatti, i due Paesi avevano raggiunto un accordo per cui le navi dovevano essere portate nel porto sicuro più vicino. Anche se un mese e mezzo fa La Valletta non era dello stesso avviso. Era il 19 marzo 2009 quando Malta rifiutò il permesso di approdare alla corvetta Minerva della Marina militare italiana, che aveva salvato 76 persone in prossimità dell’isola. Che l’Italia abbia reso il favore?
Certo è che a queste condizioni per i marittimi civili sarà sempre più difficile assistere i naufraghi in mare, con il rischio di trovarsi bloccati in mare per giorni, come il Pinar. E se per ogni intervento delle autorità marittime si dovrà scatenare un caso diplomatico, che ne sarà della finora efficiente macchina di soccorso italiana? Ogni rallentamento di quel dispositivo di soccorso può significare centinaia di morti in più ogni anno! Ma probabilmente la soluzione sta più a sud. Se davvero partiranno i pattugliamenti in Libia a partire dal 15 maggio, non è da escludere una limitazione dell’intervento della Guardia costiera nel raggio di 12 miglia delle acque territoriali, e un aumento smisurato delle pratiche di respingimento in alto mare verso la Libia, effettuate dalle navi militari di Frontex, che intanto ha iniziato i pattugliamenti nel Canale. Anche perché altrimenti, si potrebbero venire a verificare casi in cui unità francesi o spagnole di Frontex che dovessero soccorrere gruppi di naufraghi, vedendosi rifiutare l’autorizzazione a attraccare tanto da Malta quanto dall’Italia, dovrebbero portarli nei porti dei propri paesi.