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A un anno e mezzo di distanza dall’omicidio, incontro due dei loro amici. Si chiamano M. e I. e mi chiedono di parlare sotto anonimato. Ceniamo insieme in un ristorante libanese di Mohandesin, al Cairo. I. è stato arrestato nel maggio del 2008. Si trovava a Isma’iliyah, era diretto in Israele. Lo presero nel più stupido dei modi. Mentre stava passeggiando, da solo, per strada. Li tenevano in celle di otto metri per cinque, in 60 persone. Per terra. Pigiati uno sull’altro. Per tutti e 60 c’era a disposizione un solo bagno. Stavano rinchiusi tutto il giorno, senza poter vedere nemmeno la luce del sole. C’erano eritrei, sudanesi, ma anche ivoriani, nigeriani e camerunesi, perché la rotta ormai è praticata anche dai costieri. La maggior parte dei detenuti erano stati arrestati mentre attraversavano il Sinai. C’erano anche alcuni eritrei che venivano direttamente dalla Libia. Alla morte in mare e alle retate della polizia di Gheddafi avevano preferito lo Stato ebraico. Da mangiare gli davano pane, formaggio e tahina, una salsa di sesamo. I. ricorda l’odore pungente di quei giorni. Molti soffrivano di dissenteria. Altri avevano brutte dermatiti e scabbia. E poi ricorda le umiliazioni, gli insulti e le violenze gratuite della polizia, come quella volta quando furono picchiati dopo l’inutile sciopero della fame di due giorni. I. venne rilasciato dopo 24 giorni di carcere. Lo salvò la sua carta blu dell’Acnur. Gli altri invece furono tutti rimpatriati.
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Nonostante i rimpatri però, le partenze verso Israele continuano. Al punto che il parlamento israeliano ha votato in prima lettura un disegno di legge che prevede fino a sette anni di carcere per l’ingresso illegale nel suo territorio. Ma quando si è aperta questa rotta? E come mai Israele anziché l’Europa? Per capirlo bisogna fare un salto indietro nel tempo di 26 anni. Al 1983, data di inizio della terza guerra del Sud Sudan, che mieterà due milioni di vittime in 20 anni di combattimenti. All’inizio degli anni Ottanta furono scoperti bacini petroliferi nel sud. Il conflitto armato tra l’esercito e i ribelli del Spla (Sudan People’s Liberation Army) causò centinaia di migliaia di sfollati dentro e fuori il paese. L’Egitto, a nord, fu una naturale via di fuga. I primi profughi al Cairo arrivarono nel 1985. Ad accoglierli furono i padri comboniani della Chiesa del Sacro cuore di Abbasiyah.
“All’inizio li ospitavamo in chiesa – ricorda oggi padre Simon -. C’erano 100 persone e una ventina di bambini per cui avevamo organizzato una piccola scuola”. Oggi i bambini sono 1.200 distribuiti in quattro scuole a Santa Bakita, Kilo Arba-u-nus, Maadi e Zeytun. E altrettanti frequentano i corsi di altre 12 scuole messe in piedi dalle altre chiese del Cairo. Sì perché dal 1985 i flussi non si sono mai fermati. La guerra nel sud Sudan è finita con il trattato del gennaio 2005. Dal 1994 al 2005 la missione dell’Acnur al Cairo ha ricevuto 58.535 richieste d’asilo politico di profughi sudanesi. 31.990 hanno ottenuto lo status, 16.675 dei quali sono stati reinsediati all’estero, soprattutto negli Stati Uniti, in Canada, Svezia e Australia. Nel 2005, dopo la fine della guerra nel sud Sudan, l’Acnur sospese i progetti di resettlement e cessò di riconoscere l’asilo politico ai profughi del sud Sudan. Nel frattempo però, nel 2003 scoppiò un secondo conflitto, nel Darfur, che opponeva le milizie arabe dei Janjaweed, supportati dal governo di Khartoum, ai gruppi ribelli locali, il Sla (Sudan Liberation Army) e il Jem (Justice and Equality Movement). Parte di quei profughi, a partire dal 2004 arrivò al Cairo per chiedere inutilmente asilo politico e un resettlement. Ma l’Acnur non rilasciava sempre più difficilmente la carta blu.
Per protesta, da ottobre a dicembre del 2005, un gruppo di 2.000 profughi darfuriani presidiò il parco della moschea Mustafa Mahmud, a Mohandesin, non lontano dalla sede dell’Acnur, chiedendo il rispetto dei propri diritti. A metà novembre l’Acnur decise di chiudere temporaneamente i propri uffici, senza dare maggiori spiegazioni. Nelle prime ore di venerdì 30 dicembre 2005, la polizia egiziana intervenne caricando pesantemente il sit in. Almeno 28 rifugiati vennero uccisi durante i pestaggi. E altri 2.174 furono arrestati. Una parte venne rilasciata due giorni dopo. Li vennero a depositare alla chiesa di Abbasiyah, dai comboniani. C’erano persone con ferite aperte, e arti fratturati, che non avevano ricevuto nessuna assistenza medica. C’erano uomini, donne e bambini.
È allora, sostiene padre Simon, che i profughi iniziarono a pensare a Israele. Le date coincidono. Gli emigrati africani intercettati dalle forze di sicurezza israeliane al confine con l’Egitto passarono da 200 nel 2005 a 1.200 nel 2006. I primi arrivati crearono il sogno. Nel giro di pochi mesi, il passaparola arrivò ai 30.000 rifugiati sudanesi residenti al Cairo e alle famiglie in Sudan. E da Khartoum la voce si sparse anche tra la diaspora eritrea. Nel 2007 gli ingressi in Israele dal Sinai sono stati 5.500 ed erano 2.000 soltanto nel primo trimestre del 2008. Non tutti però sognano Tel Aviv. Baptiste è uno di loro. Vive al Cairo dal 2003, e insegna musica in una scuola dei comboniani. Di andare in Israele non se ne parla. Troppo costoso e troppo pericoloso. “Quelli che vogliono partire hanno perso la speranza”.
Per approfondimenti
ERITREA
Rapporto Amnesty International 2008
Rapporto Unhcr 2008
Risoluzione del parlamento europeo, 2002
SUDAN
Rapporto Amnesty International 2008
EGITTO
Forced Migration and Refugee Studies program (FMRS) of the American University in Cairo, A TRAGEDY OF FAILURES AND FALSE EXPECTATIONS: Report on the Events Surrounding the Three-month Sit-in and Forced Removal of Sudanese Refugees in Cairo, September–December 2005, June 2006
Leggi anche:
Israle nuova meta per i rifugiati eritrei e sudanesi, Fortress Europe, giugno 2008
Egitto: continuano le deportazioni dei rifugiati eritrei
Sinai: rapporto di Human Rights Watch condanna l'Egitto
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Egitto: Amnesty chiede un'indagine sui morti del Sinai
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Egitto: continua la deportazione di massa degli eritrei
Sono 2.589 gli eritrei sbarcati lungo le coste siciliane nel 2006
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