ROMA, 28/02/08 – La Corte europea dei diritti dell'uomo ha chiesto ieri all'Italia di non estradare in Tunisia Nassim Saadi, classe 1974, sospettato di terrorismo, non potendo escludere il rischio che una volta in patria sia sottoposto a trattamento degradante o disumano, se non a torture. Emigrato in Italia alla fine degli anni 90, Saadi ha avuto un figlio da una donna italiana con cui oggi convive. La sua storia inizia nel 2002. Viene arrestato perché sospettato di terrorismo internazionale, oltre che di falsificazione di documenti e ricettazione. Il 9 maggio 2005 la Corte d'Assise di Milano lo condanna per associazione a delinquere e ricettazione a 4 anni e mezzo di reclusione. L'imputazione di terrorismo è caduta. Saadi viene rimesso in libertà il 4 agosto 2006. Quattro giorni dopo il Ministero dell'Interno dispone la sua espulsione verso la Tunisia, nel frattempo, l'11 maggio 2005, il Tribunale Militare lo ha condannato a 20 anni di reclusione perché riconosciuto appartenente a un'organizzazione terroristica che operava all'estero.
Il Tribunale di Milano non ha accertato il reato di associazione eversiva, ma il Ministero dell'Interno sospetta che Saadi abbia un ruolo attivo in un'organizzazione integralista islamica. Saadi viene trattenuto al centro di permanenza temporanea di Milano. Tutto è pronto per l'espulsione. Saadi chiede asilo politico. La sua domananda viene però respinta. È il 14 settembre 2006. Il suo avvocato presenta ricorso alla Corte di Strasburgo, sostenendo che in Tunisia non avrebbe goduto di alcuna garanzia umanitaria. Nassim Saadi è tornato in libertà il 7 ottobre 2006 per scadenza dei termini di detenzione. Secondo la Corte se l'Italia attuasse l'espulsione incorrerebbe nella violazione dell'articolo 3 della Convenzione europea dei Diritti dell'Uomo.
Il Tribunale di Milano non ha accertato il reato di associazione eversiva, ma il Ministero dell'Interno sospetta che Saadi abbia un ruolo attivo in un'organizzazione integralista islamica. Saadi viene trattenuto al centro di permanenza temporanea di Milano. Tutto è pronto per l'espulsione. Saadi chiede asilo politico. La sua domananda viene però respinta. È il 14 settembre 2006. Il suo avvocato presenta ricorso alla Corte di Strasburgo, sostenendo che in Tunisia non avrebbe goduto di alcuna garanzia umanitaria. Nassim Saadi è tornato in libertà il 7 ottobre 2006 per scadenza dei termini di detenzione. Secondo la Corte se l'Italia attuasse l'espulsione incorrerebbe nella violazione dell'articolo 3 della Convenzione europea dei Diritti dell'Uomo.
Il valore della sentenza va ben oltre il caso individuale. La Corte è chiara: non si può espellere un cittadino di un Paese terzo in un Paese dove rischia di subire violenze o trattamenti degradanti e disumani. Ribadendo il primato della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, la sentenza mostra l’illegalità del piano italo-libico di pattugliamento congiunto. I rapporti sulla Libia di Amnesty, Afvic e Human Rights Watch, Sara Hamood e Fortress Europe, testimoniano la pratica di torture, deportazioni forzate nel deserto e rimpatri di rifugiati. L’Italia e l’Europa sono responsabili di tutto questo, dal momento che la Libia non ha dato nessuna garanzia sul rispetto dei diritti di queste persone. Ma per l'ennesima volta, il diritto internazionale è destinato a rimanere lettera morta
La sentenza, in inglese si può scaricare dal sito della Corte: Saadi v. Italy (application no. 37201/06)