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Il 18 luglio 2005, un gruppo di immigrati sbarcano sulle coste siracusane. La Prefettura dispone di accoglierli provvisoriamente in un dormitorio che da un paio di mesi ospita lavoratori stranieri, sotto la gestione dell’associazione Alma Mater. Il centro si trova a Cassibile, in via Elorina 5. Si tratta degli ex uffici di una vecchia centrale destinata alla lavorazione, alla conservazione e alla commercializzazione di agrumi. Gli sbarchi proseguono. Serve un servizio di accoglienza permanente. Si decide di affidare l’incarico a Alma Mater, senza nessuna gara di appalto a causa della “particolare criticità della situazione”.
Come di norma però, prima di firmare la convenzione, vengono fatti tutti gli accertamenti di rito. E i nodi vengono subito al pettine. Il 2 agosto 2005, il Settore Igiene e Sanità della Asl locale informa il viceprefetto Giuffrè che gli immigrati “dormono in dei materassi posti direttamente a terra e in numero maggiore alla ricettività” e chiede di verificare la compatibilità della destinazione d'uso dell'immobile. Dieci giorni dopo, il 12 agosto 2005, il comando provinciale dei vigili del fuoco comunica alla Prefettura che la struttura non è adeguata alle norme antincendio. Mancano impianti antincendi, gli arredi non sono ignifughi (in particolare i materassi) e le uscite di sicurezza non sono idonee. Il 26 agosto 2005, l’allora prefetto Alecci informa l'Alma Mater delle risultanze della Asl e dei vigili del fuoco e chiede di adeguare la struttura “nel rispetto degli standard minimi fissati dalla convenzione”. Convenzione che viene firmata quello stesso giorno. Come se niente fosse. Scade nel dicembre 2006 e prevede la possibilità di un rinnovo per altri due anni. Il corrispettivo è fissato a 47,00 euro giornaliere per ogni immigrato ospitato. Per un totale presunto di oltre 2.400.000 euro in un anno e mezzo.
Alma Mater non si decide a adeguare la struttura. Se ne lamentano addirittura i poliziotti di guardia al centro. Il 29 ottobre 2005 la questura informa il prefetto “notevoli carenze igienico-sanitarie, che procurano disagio sia agli ospiti del centro che agli operatori delle forze di polizia”. Il 7 novembre 2005, il prefetto Alecci comunica al Ministero dell'Interno e all'associazione Alma Mater le risultanze di carenze gestionali del centro e paventa la possibile applicazione delle penali.
Intanto è arrivato l'inverno e gli sbarchi sono cessati. Il centro è semivuoto. E il 20 dicembre il prefetto Alecci chiede al Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'Interno di valutare l'opportunità di chiudere temporaneamente la struttura. Con un numero di ospiti inferiore al 50% della capienza della struttura, la convenzione prevede comunque il pagamento del 50% dei posti (articolo 10 comma 2). Fosse anche per una sola persona. Succede dal 20 gennaio al 27 febbraio 2006. Nel centro c'è un solo immigrato. Per la sua accoglienza la Prefettura corrisponde 3.525 euro al giorno. Stavolta a informare il Viminale è il nuovo prefetto, Benedetto Basile, con una nota inviata il 27 febbraio 2006.
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Alle 11:37 di quello stesso 31 ottobre 2006, subito dopo l’ispezione, il vicepresidente dell'Alma Mater, Marco Bianca, telefona a una operatrice del centro. Gli chiede come è andata. Lei risponde: “Cioè ma proprio incalzanti, incalzanti, che poi, non ti dico la cosa dei vigili del fuoco... Ho mentito spudoratamente...” E continua: “Gli ho detto, bastardi, gli ho detto: quanto ho preso? Perché era un’interrogazione! Lo stronzo mi ha detto: Sei e mezzo!”
Lo stesso Bianca Marco, il giorno prima, ha ricevuto una chiamata direttamente dal prefetto. “Potrebbe venire la commissione De Mistura”, informa Alecci. La commissione è stata nominata dal Ministero dell’Interno per visitare i centri di accoglienza degli immigrati. E il prefetto ci tiene a fare bella figura: “Vediamo, se ci sono pavimenti sporchi che c’è da fare cose, se c’è da pitturare, vediamo..”. “Certo sua eccellenza” lo rassicura Bianca, che però, a parte una passata di candeggina, non provvede agli adeguamenti strutturali richiesti da Asl, vigili del fuoco e polizia ambientale.
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Cinque mesi dopo, nel maggio del 2007, non è cambiato niente. La divisione urbanistica del Comune di Siracusa attesta che la destinazione d’uso dell’immobile utilizzato come centro d’accoglienza è ancora quella certificata nel 1980 dal Sindaco di Siracusa, ovvero una centrale destinata alla lavorazione degli agrumi. E che né il locatario Alma Mater, né il locatore Giuseppe Vasquez, hanno mai fatto richiesta di cambio di destinazione d’uso. Non solo. La Asl dichiara di non aver “mai rilasciato alcuna autorizzazione né alcun parere di idoneità igienico-sanitaria all’attività del centro”. La polizia ambientale conferma che l’acqua del pozzo non è potabile in assenza di un cloratore. E i vigili del fuoco confermano di non aver mai rilasciato il certificato antincendi per la struttura.
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Le indagini proseguono, e il 6 settembre 2007 il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Siracusa dispone il sequestro di 142.076 euro sui conti bancari dell’Alma Mater. Il pubblico ministero Antonino Nicastro sostiene che siano i proventi di una truffa aggravata ai danni dello Stato. È quanto emerge dallo studio delle carte contabili dell’Alma Mater, affidato dal pm a due consulenti tecnici. In particolare risultano fatture gonfiate per l’acquisto di arredamenti, lavori di ristrutturazione e servizi di lavanderia. Vediamo nei dettagli.
Il 12 luglio 2006 l’Alma Mater acquista 57 comodini e altrettanti armadietti presso tale Michele Parisi, che a sua volta li aveva acquistati dalla ditta “Megara Commerciale” di Augusta. Il valore della merce è di 5.700 euro. Ma all’Alma Mater vengono fatturati 44.700 euro. Michele Parisi - pluripregiudicato per associazione a delinquere, porto abusivo e detenzione di armi, emissioni di assegno a vuoto, frode, truffa e ricettazione – dirà che la fattura si trovava all’interno di una valigetta che guarda caso gli è stata rubata…
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Ma non è ancora finita. C’è una terza serie di fatture che finisce sul tavolo del pm. Stavolta è il turno della ditta edile Romano Damiano, che nel corso del 2006 svolge lavori di ristrutturazione del centro per complessivi 61.440 euro. Una ditta nata nel gennaio del 2006 e che fattura soltanto lavori all’Alma Mater. E soprattutto una ditta che dichiara un unico dipendente, il che rende improbabile la realizzazione di lavori edili per una cifra così consistente…
E insieme alle fatture ci sono le cartelle esattoriali dell’Inps. Secondo un rilievo del maggio 2007 infatti, l’Alma Mater non risultava aver pagato i contributi sociali Inps obbligatori per il proprio personale per un ammontare complessivo di 107.027 euro. E poi c’è la spilla d’oro del valore di 170 euro regalata nel dicembre 2005 all’allora presidente della commissione per il riconoscimento dello status di rifugiato di Siracusa. E i due palmari con gps, evidentemente utili al miglior perseguimento delle finalità sociali dell’associazione. E i 3.456 pasti somministrati in più rispetto al numero degli ospiti, per un importo totale di 24.000 euro, ufficialmente destinati agli ospiti sottoalimentati.
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E poi ci sono le intercettazioni telefoniche, che secondo il tribunale del riesame non possono essere utilizzate, perché il reato di truffa citato (articolo 640 secondo comma c.p.p.) non lo consente. Lo avrebbe consentito invece l’articolo 640 bis: truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, punito fino a sei anni. Ma l’accusa ha deciso diversamente.
Nonostante tutto, il pm ha comunque chiesto il rinvio a giudizio di don Arcangelo Rigazzi e Marco Bianca, presidente e vicepresidente dell’Alma Mater, e dei tre imprenditori, tutti accusati di truffa aggravata ai danni dello Stato. L’udienza preliminare è fissata al 27 gennaio. La sentenza sembra già essere scritta nelle parole del tribunale del riesame. Vedremo cosa deciderà il Gup.
Fermo restando il rispetto per gli operatori che lavorano in buona fede a Cassibile, comunque vada il processo e comunque vada la gara, ci auguriamo che l’accoglienza degli immigrati, ovunque in Italia, avvenga in modo dignitoso e con la massima onestà rispetto alla gestione del denaro pubblico.