ROMA, 3 settembre 2007 – Restano in carcere i sette pescatori tunisini accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina per aver salvato 44 migranti naufragati a una trentina di miglia da Lampedusa. La corte di Agrigento, presieduta da Atonia Sabbatino, ha infatti rifiutato la richiesta di scarcerazione presentata dagli avvocati della difesa, Leonardo Marino e Giacomo La Russa, apportando come motivazioni il pericolo di fuga e il rischio di reiterazione del reato. A niente è valso il coinvolgimento in prima persona dell’Ambasciatore tunisino e del Console di Palermo, che stanno seguendo da vicino il caso dei sette “ostaggi d’Agrigento”, come sono stati soprannominati in Tunisia, a Teboulba, da dove erano partiti per l’ultima battuta di pesca l’8 agosto, prima di soccorrere in mare i naufraghi.
Ma dall’aula arriva anche una buona notizia. Il Pubblico ministero, Santo Fornasier, ha infatti chiesto la derubricazione del reato da articolo 12 comma 3 ad articolo 12 comma 1. Il reato contestato così non sarebbe più il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina a scopo di lucro, ma il semplice favoreggiamento dell’ingresso illegale, punito con pene da uno a cinque anni, anziché da quattro a quindici. Le udienze sono quindi state rimandate al 20 settembre, e sarà la volta dell’esame degli imputati. In caso di condanna, la difesa si è detta pronta a portare il caso fino alla Corte europea dei diritti umani.
Mentre una vasta rete di associazioni che vanno dalla Rete antirazzista siciliana alla piattaforma dell’associazionismo euro-mediterraneo sull’immigrazione Migreurop, preparano una manifestazione davanti alla Prefettura di Agrigento, venerdì 7 settembre alle 11:00, il caso continua a rimbalzare sui mass media internazionali. Dopo Libération, la tv Al-Jazeera ha dedicato un intero servizio alla vicenda. Ai sette pescatori ha espresso la propria solidarietà anche la Lega tunisina per i diritti umani, mentre a Parigi la “Fédération des Tunisien-nes Pour une Citoyenneté des deux Rives” sta organizzando una manifestazione davanti all’Ambasciata italiana per chiedere il rilascio immediato dei pescatori.
Tra i pescatori arrestati figura anche uno studenti di 20 anni, Mohammed Lamine Bayyoudh, che stava aiutando il padre, Abdel Krim Bayyoudh, prima dell’inizio dell’anno scolastico. Gli altri pescatori detenuti sono Kamel Ben-Khalifa (padre di cinque bambini); Hamza Braham; Abdel-Wahid Ghafouri; Lassaad Gharrad;
Abdel-Basset Jenzari. L’8 agosto salvarono la vita a 29 uomini, 11 donne, di cui una in cinta al nono mese, e due bambini piccoli, di cui uno poliomielitico, prendendoli a bordo dei motopescherecci Morthada e Mohamed el-Hedi. Il comandante Jenzari avvisò immediatamente le autorità tunisine del salvataggio, che ne informarono il Centro di coordinamento del soccorso marittimo di Roma, che girò l’Sos alla nave della Marina Vega perché prestasse soccorso medico ai passeggeri. Scortati fino a Lampedusa da due motovedette della Guardia costiera italiana e da una della Guardia di Finanza, i sette vennero quindi arrestati in flagranza di reato.
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