Giovedì 11 agosto. Undicesimo giorno del mese sacro del Ramadan. La preghiera del 'Asr di oggi, a Roma è prevista per le 17:08. Gli orari sono stampati su dei programmi diffusi in città dalle comunità islamiche. Uno è arrivato anche al centro di identificazione e espulsione di Ponte Galeria. I reclusi musulmani per quell'ora si ritrovano nella cella adibita a moschea. E si genuflettono in direzione sud est, con lo sguardo rivolto alla Mecca. Ma mentre pregano, da fuori arriva uno strano odore, come di bruciato. E appena finito il rapido rito, vedono la colonna di fumo uscire da una delle celle. I materassi sono in fiamme ammucchiati uno sull'altro contro la porta d'ingresso. Seduto in fondo alla stanza, appoggiato al muro, c'è un detenuto. Aspetta che le fiamme lo portino fuori dalla gabbia, per sempre. Ma i suoi compagni di cella gli rovinano i piani. Sfidando le fiamme e il fumo entrano dentro e lo trascinano fuori di peso. Di peso sì, perché M. - lo chiameremo così – non può camminare. Ha una gamba ingessata dalla caviglia al ginocchio, con due fratture. Se l'è rotta domenica scorsa saltando dal muro di cinta del Cie di Ponte Galeria, durante la maxi evasione che ha portato alla fuga, il dato è confermato, di 32 reclusi.
M. è un ragazzo algerino sui trenta. In Italia è arrivato da poco, sbarcando a Lampedusa su uno dei vecchi pescherecci salpati da Tripoli in guerra. Domenica scorsa la polizia aveva avuto gioco facile nel catturarlo, con una gamba rotta, sotto il muro. E dall'infermeria lo avevano ricoverato in un ospedale romano per le radiografie e il gesso. Dall'ospedale, al Cie ci è tornato quattro giorni fa. L'hanno sbattuto in cella e lì l'hanno abbandonato a se stesso. Non ha nemmeno le stampelle. Non può spostarsi, non può lavarsi, e soprattutto non può usare i bagni alla turca delle celle. Da quattro giorni chiedeva di poter almeno usare il bagno accessibile dell'infermeria. Oggi alla sua protesta si erano uniti un bel gruppo di reclusi, che lo avevano trasportato in spalla fino al cancello della gabbia, davanti alla mensa, per chiedere all'infermeria che lo portassero nel loro bagno e se ne prendessero cura. Perché non era in grado di restare in cella in quelle condizioni. Sono andati avanti dalle quattordici alle diciassette, con battiture e grida. Ma nonostante l'apparente disponibilità degli operatori sociali dell'ente gestore Auxilium e degli infermieri, alla fine l'autorizzazione non è arrivata. E alle diciassette i suoi compagni l'hanno riportato nella cella. Salvo poi ritrovarcelo in mezzo alle fiamme pochi minuti dopo la preghiera del 'Asr.
A quel punto sono arrivati i vigili del fuoco. Prima di farli entrare per spegnere le fiamme però, la polizia ha dato ordine che i reclusi fossero reclusi a chiave nelle loro celle. Peccato che una volta domato l'incendio, le celle siano rimaste chiuse, a mo' di ritorsione contro i reclusi protagonisti della rivolta del 29 luglio, della maxi evasione del 7 agosto e adesso dell'ennesima protesta. Soltanto grazie alla mediazione dell'ente gestore e alle rinnovate proteste dei reclusi (battiture ai ferri della gabbia, grida e incendio di altri due materassi), intorno alle 21:00 le celle sono state di nuovo aperte. E i reclusi hanno finalmente potuto ricevere la cena, con grande piacere soprattutto dei musulmani, che durante il mese di Ramadan non mangiano né bevono dall'alba al tramonto.
Tre ore dopo, la situazione sembra essere tornata nella normalità. Ma è una tranquillità soltanto apparente. Dentro al Cie di Roma infatti, l'equilibrio è appeso a un filo sottilissimo. Tutti sperano che la nuova legge, che porta a 18 mesi il limite massimo di detenzione nei Cie, non sia applicata in modo retroattivo a chi nei Cie ci è già detenuto. In realtà si tratta di una falsa speranza, alimentata dalle voci messe in giro dell'ente gestore Auxilium e dall'ufficio immigrazione della Questura di Roma per tenere calmi gli animi e evitare la rivolta.
Ad ogni modo alla scadenza mancano ormai soltanto un paio di settimane. Alla fine di agosto infatti il più anziano dei reclusi compirà sei mesi a Ponte Galeria. E lì scopriremo se è vero che a Roma la nuova legge non sarà applicata in modo retroattivo, come dicono Auxilium e la questura. O se invece verrà interpretata come hanno fatto nel resto d'Italia, dove ci sono già state proroghe da 6 a 8 mesi di detenzione a Torino (1 caso), Milano (2 casi), Bologna (4 casi), Lamezia Terme (1 caso) e Trapani (1 caso), e ci limitiamo soltanto ai casi di cui abbiamo comprovata conoscenza.