20 October 2009

Gli eritrei in Libia scrivono al papa: fermate i respingimenti

ROMA -Gli eritrei in Libia hanno scritto una lettera al Papa contro i respingimenti in mare. E l'hanno consegnata lo scorso primo settembre 2009 al cardinal Renato Raffaele Martino (del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace), incontrato a margine di una celebrazione alla chiesa di San Francesco, a Tripoli. Nella lettera si chiede alla Chiesa di "criticare le nuove politiche di respingimento del governo Berlusconi" alla luce della situazione in Libia. Chissà se Martino avrà consegnato la lettera a Ratzinger oppure no. E chissà Ratzinger quale posizione prenderà in merito, anche alla luce delle posizioni espresse dai vescovi del sinodo africano, in questi giorni riunito a Roma. L'ultima è quella dell'arcivescovo di Accra, in Ghana, Gabriel Charles Palmer-Buckle, che ha definito i respingimenti "leggi e iniziative poco cristiane che vanno contro i diritti umani e universali" e quindi "contrari al vangelo". In attesa di una risposta dal mondo cattolico, ecco il testo della lettera consegnata al cardinal Martino.

Al papa Benedetto XVI
Capo della Chiesa Romana Cattolica
Capo dello Stato della Città del Vaticano

Da parte della comunità degli eritrei a Tripoli, in Libia

Nel nome del padre, del figlio e dello spirito santo, amen

Questa è la nostra preghiera che dio onnipotente sia con voi, vi mantenga saldo nel suo servizio per tutta la vita e vi accompagni e vi protegga da tutte le tentazioni.

Questo è il nostro messaggio, scritto da parte dei rifugiati eritrei residenti in Libia in generale e in particolare da parte dell’associazione Holly Savior Association. Seguiamo con attenzione le dichiarazioni della Santa Chiesa riguardo al tema dei rifugiati e apprendiamo con felicità delle critiche espresse dalla Chiesa riguardo alle nuove politiche dei respingimenti.

Caro Papa,
il nuovo accordo tra Roma e Tripoli sta mettendo in pericolo rifugiati politici e emigranti economici. La nuova politica di Berlusconi di respingere i richiedenti asilo intercettati in acque internazionali sta chiaramente alterando il dovere dell’Italia di rispettare gli obblighi internazionali, inclusa la Convenzione di Ginevra del 1951 e i protocolli dell’ultimo decennio. Non viene fatta nessuna analisi delle richieste d’asilo e i rifugiati politici vengono respinti in un paese che mette in pericolo la loro vita e la loro libertà. Come risultato di ciò, centinaia di richiedenti asilo eritrei sono stati respinti in Libia e si trovano ancora in centri di detenzione.

Ad agosto, circa 80 eritrei sono stati abbandonati in mare per 22 giorni, senza ricevere soccorsi, e solo 5 sono sopravvissuti fino a quando una motovedetta italiana li ha portati in Sicilia. Vorremmo esprimere la nostra rabbia alle autorità europee per aver chiuso i loro occhi di fronte alla vista di un gommone di 12 metri con a bordo 80 immigrati che volevano solo chiedere asilo politico in Italia. Parlando in modo chiaro, le nuove politiche di respingimento non fermano i richiedenti asilo nel loro intento di attraversare il mare, ma piuttosto mettono in pericolo le loro vite.


Eppure ci sono sempre più fattori che spingono gli immigrati a affrontare il mare e a mettere a repentaglio le proprie vite. La situazione a Tripoli è oltre ogni limite, c’è un isolamento intollerabile, dovuto al colore della pelle, alla religione e alla nazionalità. L’incapacità dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Acnur) di provvedere a una veloce e effettiva procedura di asilo fa sì che gli immigrati si disperino e non vedano futuro in questo paese. Inoltre la Libia si trova al di fuori del territorio sotto il mandato dell’Acnur, non avendo mai firmato la Convenzione sui rifugiati. Motivo per cui il possesso dell’attestato dell’Acnur non garantisce ai rifugiati il diritto di residenza in Libia, per cui preferiscono comunque lasciare la Libia attraverso la pericolosa via del mare, diretti in un paese dove possano ottenere asilo. La nuova politica di respingimenti non ferma il numero delle traversate, ma lascia i rifugiati in pericolo.

Pertanto,
credendo nel potere della Chiesa di criticare le nuove politiche di respingimento del governo Berlusconi, pieni di speranza trasmettiamo questo messaggio agli uffici papali

Tripoli, 1 settembre 2009