ROMA - Classe 1982, Floriana abita in Italia dal 1995, da quando aveva 13 anni. Qui vive metà della sua famiglia. Un fratello maggiore e una sorella, anche lei più grande, sposata con un militare italiano, di stanza presso la base di Cesano. In Albania sono rimaste soltanto la madre, una sorella e un fratello. La storia di Floriana è segnata da un errore commesso da adolescente. Un errore che chi è immigrato non si può permettere di fare, pena l'impossibilità di vedersi rilasciare un permesso di soggiorno. All'età di 14 anni infatti Floriana fu arrestata per furto a Massa Carrara. All'epoca frequentava delle cattive compagnie, una banda di albanesi che la mandavano a rubare negli appartamenti. Venne arrestata e condannata a due anni e tre mesi. Nonostante fosse minorenne, non capendo una parola di italiano, e non avendo avuto un adeguato servizio di interpretariato, non disse mai di essere minorenne e venne reclusa in una casa circondariale per adulti. La rilasciarono dopo tre mesi e 25 giorni, con l'obbligo di firma per altri due anni. Di nuovo, non avendo la più pallida idea delle conseguenze cui sarebbe andata incontro, Floriana scappò dalla comunità che la ospitava e andò a Roma.
All'età di 18 anni si sposò con un ragazzo italiano, a Roma. Quando andò in Questura per fornire le sue generalità per ottenere il permesso di soggiorno, uscirono fuori i suoi precedenti penali e la condanna non ancora scontata. Ufficialmente risultava latitante. Pertanto, a distanza di quattro anni dai fatti, venne arrestata di nuovo e portata al carcere di Rebibbia, dove stavolta scontò per intero i due anni che le rimanevano. Il periodo di detenzione le fece perdere anche il permesso di soggiorno per il matrimonio, perché quando si recarono a casa sua per verificare se risiedeva con il marito, lei si trovava in carcere. In definitiva, da quando vive in Italia non ha mai avuto un permesso di soggiorno regolare. E non potrà averlo niente con una sanatoria, avendo un precedente penale. Eppure ha passato più anni in Italia che in Albania. Un particolare di cui però non tiene conto la legge. Nè chi la applica. Così, quando la fermarono a un banale posto di blocco a San Giovanni, a Roma, due mesi fa, la polizia la portò direttamente al centro di identificazione e espulsione di Ponte Galeria, a Roma, da dove ora rischia di essere presto rimpatriata.
Quel giorno era in auto con la sorella e il cognato. La stavano portando in ospedale per un intervento alle tonsille. Sono passati 71 giorni. Con sé ha il passaporto albanese, che le ha rilasciato l'ambasciata albanese a Roma, dove quindi è di fatto già identificata. Floriana ha paura di tornare in Albania. Dice che al paese della madre, in campagna, l'accusano di aver disonorato la famiglia, certi zii e parenti l'hanno minacciata telefonicamente di morte per aver macchiato il nome della famiglia. Ha paura anche soltanto di tornare a Tirana. L'Albania è un paese molto piccolo, dice, basta un incontro fortuito, perché si sparga la voce in giro. Per questo ha chiesto asilo politico. La commissione per il riconoscimento per lo status del rifugiato l'ha ascoltata giovedì 24 settembre. Ma la risposta è stata negativa.
Ma c'è un'altra ragione per cui non vuole tornare: il suo posto è qui. “Io là nun conosco nessuno – dice in un ottimo italiano e con una accentuata cadenza romanesca - Io è la che me sento straniera, capisci? Non qui. Qui c'ho tutti l'amici. Qui c'ho mi marito. Questa è casa mia.”