ROMA – Di solito ai richiedenti asilo politico kurdi viene garantita una protezione internazionale. Anche in Italia. Ma non sempre. Così capita di trovare potenziali rifugiati politici dietro le sbarre dei centri di identificazione e espulsione. Anche al Cie di Roma. Tra il 1980 e il 1999 l'esercito turco cacciò oltre due milioni di kurdi da tremila villaggi nel Kurdistan turco. Budak Dogan era uno di loro. Con la sua famiglia lasciò il villaggio nel 1989, trovando rifugio nella città di Mersin. Da lì, nel 1997 si spostò a Izmir, la terza città turca, sul mar Egeo. Dopo l’arresto del leader della resistenza kurda, Abdullah Öcalan, avvenuto a Nairobi il 15 febbraio del 1999, dopo che l'Italia gli aveva negato l'asilo politico, a Izmir venne organizzata una grossa manifestazione. Anche Budak scese in piazza. Ma dopo che le sue foto finirono sulla stampa, la polizia turca gli rese la vita impossibile. E dopo qualche anno decise di partire.
Dopo varie peregrinazioni, nel 2006 sbarcò a Ravenna nascosto su un cargo partito dalla Turchia. La sua richiesta d’asilo politico venne rigettata dalle autorità italiane nel giugno del 2007. Indietro però Budak non poteva tornare. Così decise di rimanere comunque. Vendette la casa in Turchia e con i risparmi aprì un kebab a Scandiano, in provincia di Reggio Emilia. Lo chiamò “Istanbul Doner Kebab”. Un nome che a Scandiano ricordano bene. Perché quando hanno fermato Budak, il locale è finito sotto sequestro e la notizia è stata riportata sulla stampa locale.
L’edizione del 15 luglio 2009 del quotidiano “L’Informazione” titola “Irregolare gestisce kebab, nei guai”. Il pezzo attacca così: “Arrestato un turco irregolare che gestiva un Kebab a Scandiano. Continuano ininterrottamente i controlli dei carabinieri per il rispetto della normativa antiterrorismo, in direzione dei cosiddetti luoghi di aggregazione, frequentati prevalentemente da persone originarie da aree a rischio.” Il locale di Budak è stato chiuso. E lui il giorno dopo è finito al centro di identificazione e espulsione di Ponte Galeria. Dove adesso rischia il rimpatrio in un paese, la Turchia, dove i kurdi sono ancora vittime di persecuzioni e la loro attività politica e di resistenza armata equiparata al terrorismo.