ROMA – Anche i centri di identificazione e espulsione (Cie) a cinque stelle si ribellano. Probabilmente perché la tensione non è dovuta alle condizioni del trattenimento o non solo, quanto piuttosto alla detenzione fino a sei mesi di gente che non ha commesso nessun crimine. È successo anche al Cie di Modena lo scorso 17 agosto. La legge 94/09 sul cosiddetto pacchetto sicurezza era entrata in vigore nove giorni prima, l’8 agosto, portando da due a sei mesi il limite massimo della detenzione nei Cie. Con l’arrivo delle prime proroghe dei trattenimenti anche il Cie di Modena si rivoltò. La protesta iniziò nel pomeriggio del 17 agosto, quando una trentina di detenuti, soprattutto marocchini, rifiutarono il cibo. Nella serata alcuni reclusi appiccarono il fuoco a materassi e lenzuola. Per domare l'incendio, dovettero intervenire quattro mezzi dei vigili del fuoco, polizia e carabinieri. Le fiamme furono domate soltanto dopo tre ore e causarono danni ingenti in quattro stanze del Cie e la lieve intossicazione di un trattenuto. A causa dei danni due moduli vennero chiusi per ristrutturarli e le detenute della sezione femminile trasferite in un altro Cie.
L’ispettore capo Vincenzo Tammaro, sminuisce. “Il giorno della rivolta hanno partecipato 16 o 17 persone, niente di più. E i tre responsabili sono stati identificati e denunciati. E nel frattempo le posso dire che sono già stati rimpatriati”. Anche la direttrice Anna Maria Lombardo riduce l’accaduto alla leadership di tre soggetti. “Abbiamo sempre avuto questo problema. Ci sono leader positivi e leader negativi. I leader positivi ci aiutano nella risoluzione dei conflitti. I leader negativi fomentano i problemi, come il 17 agosto. Per questo cercano di smistare i trattenuti con una certa logica, mettendo i cattivi con i cattivi, così non influenzano gli altri”.
La tensione tuttavia è ancora alta. Al punto che a 20 giorni di distanza, lo scorso 3 settembre, durante una mia visita al Cie di Modena, mi è stato vietato l'ingresso ai moduli per paura che potesse esplodere una nuova protesta all’interno. Le persone con cui dovevo parlare le hanno scelte loro, due, e quando sono andati a chiamarle, all'interno è iniziata una battitura sui ferri delle gabbie e qualche grido di protesta, finché le forze di polizia hanno obbligato uno dei mediatori culturali a correre dentro per dire ai detenuti di starse buoni che in giro non c'era nessun giornalista e che le due persone erano state chiamate per un colloquio con il loro avvocato.