21 August 2009

Paleologo: se l'omissione di soccorso diventa una condanna a morte (4)

di Fulvio Vassallo Paleologo, quarta parte

4. Quanto accaduto in questa occasione induce poi ad un'altra serie di riflessioni. In sostanza, Malta dovrebbe coordinare interventi di salvataggio ma non ha i mezzi per effettuare direttamente gli interventi di soccorso, FRONTEX non si sa bene che ruolo svolga dopo che gli stati rivieraschi hanno concluso tra loro accordi bilaterali, e poi non è stato mai chiarito a quale paese dovrebbero essere riconsegnati i migranti intercettati dalle unità militari europee targate FRONTEX, e sul punto si sono sempre accese polemiche tra gli stati che partecipavano alle varie missioni di questa agenzia (Nautilus, Poseidon etc.). Alla fine, e forse anche in questo caso, si è sempre deciso volta per volta dopo trattative segrete tra i governi che hanno ritardato gli interventi di soccorso.

Gli italiani hanno i mezzi per gli interventi di soccorso, ma questi ormai sono dislocati o immediatamente a sud di Lampedusa, per impedire sbarchi nell’isola ( sbarchi che comunque, seppure in misura ridotta, continuano), o molto più a sud, in acque internazionali, a 30-50 miglia dalla costa nord-africana, per collaborare con le autorità libiche per respingere persone che nella totalità avrebbero diritto di essere condotti in un porto italiano o maltese, in base alle Convenzioni internazionali, perché “place of safety”, a differenza di Tripoli o di Zuwara, persone che comunque, nel caso di minori, donne e potenziali richiedenti asilo avrebbero diritto di essere ammessi sul territorio italiano, e dunque di entrare nelle nostre acque territoriali, o di restare sulle imbarcazioni battenti bandiera italiana in caso di salvataggio.

Altre unità militari aeronavali italiane sono coinvolte poi nelle operazioni periodiche FRONTEX che però non prevedono la riconsegna dei migranti intercettati in mare alle autorità libiche, e questo si ricava dal mandato dell’Agenzia per il controllo delle frontiere dell’Unione Europea, e dal relativo Regolamento del 2004, anche se in passato non sono mancati casi sporadici nei quali si denunciavano casi di respingimento verso la Libia da parte di unità militari impegnate in operazioni Frontex, che peraltro non hanno una specifica destinazione per interventi di salvataggio. E sul punto si ricorda ancora una vivace corrispondenza tra le istituzioni europee ed il Direttore generale dell’Agenzia che ha sede a Varsavia in Polonia, e che si occupa di tutte le frontiere esterne europee, comprese le frontiere orientali e le frontiere aeroportuali.

Si può osservare a questo punto come gli autori del Regolamento Frontex quanto gli ideatori e gli estensori di questi accordi internazionali bilaterali, e la catena di comando che vi ha dato di attuazione, hanno praticamente ideato ed utilizzato l’omissione di soccorso, conseguenza diretta o indiretta del riparto di competenze così bene architettato, come una vera e propria “pena di morte per i migranti che ancora si arrischiano ad attraversare il canale di Sicilia per fuggire dalla Libia e raggiungere Malta o la Sicilia, se non Lampedusa, blindatissima per salvare l’immagine turistica dell’isola, ma soprattutto i “successi storici” del governo italiano nella “guerra contro l’immigrazione illegale”.

Il complesso dispositivo militare costruito dall’Italia in collaborazione con la Libia, con Malta e con Frontex, per contrastare le traversate del Canale di Sicilia contempla negli ultimi mesi o il respingimento, oltre 1.200 casi da maggio, o l’accoglienza, per quei pochi “fortunati” che riescono a varcare comunque il limite delle acque territoriali italiane ( ricordiamo, non 12, ma 24 miglia a sud di Lampedusa), oppure l’abbandono in mare per giorni, per quanti siano riusciti a superare il primo sbarramento costituito dai pattugliamenti congiunti italo-libici, ma non siano riusciti ad avvicinarsi abbastanza alle acque territoriali italiane. Non vogliamo pensare che tutto questo possa avvenire sotto il monitoraggio di autorità militari che ritardano fino all’ultimo gli interventi di salvataggio. Ma questa volta, per il caso dei cinque eritrei che sono stati salvati poco a sud di Lampedusa, il dubbio che si possa arrivare a tanto è assolutamente legittimo. Per questi, ed altri sventurati come loro, giorni e giorni di inedia, fino alla morte, lontano dagli occhi e dalle cronache, inesistenti per una opinione pubblica europea sempre più distratta e xenofoba. Se i viaggi della speranza finiscono con la morte dei migranti, quale migliore effetto dissuasivo, per gli altri che ci volessero provare, si penserà ai piani alti di qualche importante ministero, un ragionamento che in questi ultimi mesi si è diffuso pericolosamente.

Se le autorità italiane che intervengono in acque internazionali sono coordinate da Malta, oppure operano all’interno delle missioni Frontex basate a Malta, basta che dalla centrale di comando di questo paese non venga trasmesso un tempestivo ordine di intervento e le unità militari italiane, se non saranno coinvolte nelle operazioni fantasma di FRONTEX, resteranno a pattugliare le acque attorno a Lampedusa per curare la tranquillità dei bagni dei buoni leghisti in vacanza nella loro isola prediletta. Una ragione in più, questa ultima tragedia, per rivedere il riparto di competenze tra Italia e Malta nel Canale di Sicilia, anche perché Malta non ha ancora aderito agli ultimi emendamenti della Convenzione internazionale sul diritto del mare, e quindi in materia di soccorso a mare si ritiene vincolata a regole diverse da quelle che invece valgono per l’Italia.

I “pattugliamenti congiunti” di FRONTEX ( che comprende solo unità aeronavali di paesi appartenenti all’Unione Europea) non vanno comunque confusi con i “pattugliamenti congiunti” italo- libici, frutto dei recenti accordi bilaterali tra questi due paesi, ma possono facilmente sovrapporsi e confondersi pur prevedendo diverse regole di ingaggio. Quello che è certo è che, a differenza degli anni passati, la vita dei migranti e l’accesso ad un “porto sicuro( place of safety) dove è possibile fare valere una richiesta di asilo, non è più una priorità assoluta. Non lo è più per le autorità italiane, come confermano i respingimenti collettivi verso la Libia e neppure per le autorità maltesi, che in passato hanno negato persino l’evidenza per sottrarsi ai propri obblighi di accoglienza, rifiutando l’ormeggio a La Valletta o aiutando attivamente molte imbarcazioni cariche di migranti a proseguire pericolosamente verso la Sicilia. Le unità di FRONTEX nelle loro operazioni periodiche fanno base proprio a Malta e non è difficile pensare che anche loro, se operanti in zona SAR ( ricerca e soccorso) maltese, siano comunque sottoposte al “coordinamento” delle autorità maltesi. Con quali risultati non è solo questa ultima tragedia a testimoniarlo.

Di certo, e questo nessuno potrà smentirlo, se lo scorso anno nella fascia tra le 90 e le 60 miglia a sud di Lampedusa le unità militari italiane, soprattutto la Marina Militare e la Guardia Costiera avevano tratto in salvo decine di migliaia di persone poi ammesse in Italia alla procedura di asilo con esito in maggior parte favorevole, o che comunque avevano ottenuto uno status di protezione internazionale, come somali, sudanesi, eritrei, nigeriani, negli ultimi tre mesi, dopo l’entrata in vigore del Patto di amicizia italo-libico ( e del protocollo operativo del 2007 che espressamente richiama), in quella stessa fascia di mare non si sono registrati casi di salvataggio, con successivo trasferimento in un porto italiano, ma numerosi casi di respingimento collettivo, vietato da tutte le Convenzioni internazionali e in particolare dal Protocollo n. 4 allegato alla Convenzione Europea a salvaguardia dei diritti dell’Uomo, Convenzione alla quale sia l’Italia che Malta sono soggette, anche quando si avvalgono della esternalizzazione delle pratiche di respingimento alle autorità libiche. Presto, appena sarà possibile raccogliere tutte le testimonianze ed individuare i parenti delle vittime, arriveranno le denunce alle Corti internazionali, ma è possibile che nessun giudice penale italiano ravvisi in tutto questo un comportamento illecito sanzionabile anche all’interno del nostro ordinamento?

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