Il processo è iniziato venerdì 20 agosto e riprenderà il 21 settembre 2009.
L'articolo è tratto da Repubblica e scritto da Emilio Randacio
Giusto il tempo di sedersi sulla sedia dei testimoni e da dietro le sbarre parte una rabbia violenta e improvvisa. «Assassino», «sei un torturatore», «mi ha cercato di violentare», inveisce una prostituta nigeriana chiusa in gabbia. Eccolo il benvenuto all´ispettore capo del Centro di identificazione ed espulsione (Cie) di via Corelli di Milano. Chiamato insieme con i suoi uomini a chiarire la dinamica della rivolta che, giovedì 13, era sfociata nell´arresto di 14 ospiti del centro per resistenza, danneggiamento e lesioni, l´ispettore è diventato improvvisamente il bersaglio di una dura protesta, supportata dagli slogan di una quarantina di manifestanti del "Comitato antirazzista" milanese.L'articolo è tratto da Repubblica e scritto da Emilio Randacio
«A Corelli si tortura», recitava uno striscione srotolato all´improvviso dal pubblico. Troppo per il giudice Antonella Lai che, con l´aiuto di una nutrita schiera di carabinieri e poliziotti in tenuta antisommossa, ha fatto sgombrare l´aula. Clima arroventato, dunque, per la prima udienza del processo a carico dei nove uomini, in gran parte maghrebini, e cinque prostitute nigeriane. Accusati di aver inscenato una rivolta dopo aver appreso che la legge del ministro Maroni in tema di immigrazione clandestina, sarebbe stata applicata in maniera retroattiva. In soldoni, gran parte dei 104 ospiti del centro, ormai prossimi a tornare in libertà con il precedente limite dei 60 giorni, si sono visti protrarre l´obbligo di permanenza di altri quattro mesi.
Già a inizio agosto in 19 avevano iniziato uno sciopero della fame contro le condizioni in cui erano costretti a vivere. Poco prima della rivolta, i manifestanti avevano redatto un volantino in cui si chiedeva che venissero migliorate le condizioni sanitarie e del cibo. Ma secondo la loro versione, nulla sarebbe stato fatto. All´antivigilia di Ferragosto, la protesta si è trasformata in una vera e propria aggressione. Prima, alcuni ospiti hanno dato alle fiamme cuscini e lenzuola. Poi, all´arrivo degli agenti, sarebbe partita una sassaiola. Undici, tra carabinieri e poliziotti, hanno dovuto essere medicati al pronto soccorso del San Raffaele. Ieri pomeriggio, dopo la pausa distensiva decisa dal giudice, per l´ispettore non c´è stato verso di deporre.
Due ore dopo le prime dure proteste, la tensione era ancora troppo alta. Per lui, appuntamento rinviato a martedì prossimo, alla ripresa del processo per direttissima. Non è stata accolta la richiesta di convocare come testimoni il ministro Maroni, il prefetto e il questore di Milano. C´è stato solo il tempo per ascoltare un carabiniere che ha ripercorso le fasi del blitz in via Corelli. Il militare ha spiegato il momento in cui con i colleghi ha tentato di entrare nelle stanze dove decine di persone protestavano e lanciavano pietre. I legali degli imputati, Mauro Straini e Massimiliano D´Alessio, hanno più volte cercato di evidenziare le contraddizioni emerse dai verbali d´arresto. Il militare, chiamato a identificare i più facinorosi della rivolta, ha riconosciuto il maghrebino Kaleb chiuso in gabbia. Martedì prossimo, sono attesi 12 testimoni. Dovrebbe essere la volta buona anche per l´ispettore capo