PALERMO, 9 aprile 2009 – Dal 26 aprile 2008 i 1.038 detenuti del Centro di identificazione e espulsione (Cie) di Lampedusa saranno liberi. Contro i piani del governo infatti, ieri mattina la Camera dei Deputati ha bocciato il prolungamento a sei mesi del termine di detenzione nei Cie. La norma era contenuta all’interno dell’articolo 5 della legge di conversione del decreto legge 11/09 del 23 febbraio 2009, meglio conosciuto come decreto antistupri. Un emendamento dell’opposizione ha stralciato quell’articolo con 232 voti a favore (tra cui 17 del Pdl), 225 contrari e 12 astenuti (10 dei quali dell'Idv). Già nei giorni passati quella norma aveva suscitato forti riserve del Consiglio Superiore della Magistratura. E già il Senato aveva bocciato la norma che portava a 18 mesi il limite della detenzione per gli stranieri in attesa di espulsione, durante la discussione del ddl 733, noto come pacchetto sicurezza (la cui discussione alla Camera inizierà il 27 aprile).
A partire dal 26 aprile quindi, data della scadenza del decreto legge 11/09, si tornerà alla norma in vigore nel Testo Unico sull’immigrazione. Ovvero al limite dei 60 giorni di trattenimento nei Cie. E allora i 1.038 detenuti di Lampedusa potranno tornare in libertà, dato che la maggior parte di loro è dentro da dicembre. E magari – gli avvocati si organizzino! – potranno fare una causa collettiva per una richiesta di risarcimento danni allo Stato italiano! Una cosa è certa. La Lega è furiosa e il ministro dell'Intero Roberto Maroni grida al tradimento: "Sono furibondo. Dal 26 aprile dovremo rimettere in libertà 1.038 clandestini". E c'è da aspettarsi che il governo faccia di tutto per reinserire la norma. Magari con un altro decreto legge. Oppure a colpi di voti di fiducia in Parlamento.
Intanto dai tribunali siciliani arriva un’altra batosta allo stato di diritto di questo paese. Nessun tribunale si dichiara competente per i ricorsi presentati da alcuni detenuti del Cie di Lampedusa. È il caso di un cittadino tunisino. La moglie – anche lei tunisina - vive a Brescia con regolare permesso di soggiorno, insieme alla figlia di sette anni. Ed è incinta all’ottavo mese del secondo figlio. Lui invece è detenuto a Lampedusa, dove è sbarcato il 19 gennaio 2009, non avendo nessuna altra possibilità legale di viaggiare in Italia con un visto. Il suo ricorso contro il provvedimento di respingimento è stato rigettato per "difetto di giurisdizione”. Nel merito sarebbe inespellibile. Ma nessun Tribunale si dichiara competente. Il suo non è un caso isolato. Sono diversi i detenuti del centro che hanno presentato ricorso. L'esito è per tutti lo stesso. Il Tribunale amministrativo della regione Sicilia (Tar) di Palermo si è dichiarato incompetente, indicando come competente il Tribunale ordinario di Agrigento. Le ultime due sentenze sono state pronunciate ieri mattina. Tuttavia il Giudice di Pace di Agrigento si è dichiarato incompetente per difetto di giurisdizione. Tutto questo sebbene nel 2006 lo stesso Giudice di Pace si fosse dichiarato competente per dei casi simili. Se infatti il Testo unico sull'immigrazione indica nel dettaglio i termini e i modi per impugnare i provvedimenti di espulsione, non dice invece niente sul tribunale competente per i ricorsi avverso i provvedimenti di respingimento in frontiera. Tecnicamente ci sarebbe bisogno di un ricorso in Cassazione per risolvere la questione. Ma i tempi del ricorso sarebbero lunghi. Almeno un anno. E da qui a un anno tutti i migranti detenuti sull'isola saranno presumibilmente tornati in libertà oppure rimpatriati.
A partire dal 26 aprile quindi, data della scadenza del decreto legge 11/09, si tornerà alla norma in vigore nel Testo Unico sull’immigrazione. Ovvero al limite dei 60 giorni di trattenimento nei Cie. E allora i 1.038 detenuti di Lampedusa potranno tornare in libertà, dato che la maggior parte di loro è dentro da dicembre. E magari – gli avvocati si organizzino! – potranno fare una causa collettiva per una richiesta di risarcimento danni allo Stato italiano! Una cosa è certa. La Lega è furiosa e il ministro dell'Intero Roberto Maroni grida al tradimento: "Sono furibondo. Dal 26 aprile dovremo rimettere in libertà 1.038 clandestini". E c'è da aspettarsi che il governo faccia di tutto per reinserire la norma. Magari con un altro decreto legge. Oppure a colpi di voti di fiducia in Parlamento.
Intanto dai tribunali siciliani arriva un’altra batosta allo stato di diritto di questo paese. Nessun tribunale si dichiara competente per i ricorsi presentati da alcuni detenuti del Cie di Lampedusa. È il caso di un cittadino tunisino. La moglie – anche lei tunisina - vive a Brescia con regolare permesso di soggiorno, insieme alla figlia di sette anni. Ed è incinta all’ottavo mese del secondo figlio. Lui invece è detenuto a Lampedusa, dove è sbarcato il 19 gennaio 2009, non avendo nessuna altra possibilità legale di viaggiare in Italia con un visto. Il suo ricorso contro il provvedimento di respingimento è stato rigettato per "difetto di giurisdizione”. Nel merito sarebbe inespellibile. Ma nessun Tribunale si dichiara competente. Il suo non è un caso isolato. Sono diversi i detenuti del centro che hanno presentato ricorso. L'esito è per tutti lo stesso. Il Tribunale amministrativo della regione Sicilia (Tar) di Palermo si è dichiarato incompetente, indicando come competente il Tribunale ordinario di Agrigento. Le ultime due sentenze sono state pronunciate ieri mattina. Tuttavia il Giudice di Pace di Agrigento si è dichiarato incompetente per difetto di giurisdizione. Tutto questo sebbene nel 2006 lo stesso Giudice di Pace si fosse dichiarato competente per dei casi simili. Se infatti il Testo unico sull'immigrazione indica nel dettaglio i termini e i modi per impugnare i provvedimenti di espulsione, non dice invece niente sul tribunale competente per i ricorsi avverso i provvedimenti di respingimento in frontiera. Tecnicamente ci sarebbe bisogno di un ricorso in Cassazione per risolvere la questione. Ma i tempi del ricorso sarebbero lunghi. Almeno un anno. E da qui a un anno tutti i migranti detenuti sull'isola saranno presumibilmente tornati in libertà oppure rimpatriati.