01 August 2008

Quelli che a Pian del Lago... ci vogliono andare!

Il bivacco dei richiedenti asilo politico afgani di fronte al centro di CaltanissettaCALTANISSETTA – Dormono fuori dal Cpt. Ma non sono scappati. Al contrario: sono in lista d'attesa per entrarci. Succede a Pian del Lago, in provincia di Caltanissetta. Una struttura capace di ospitare a pieno regime 600 persone, di cui 510 nelle sue sezioni dedicate all'accoglienza. Una struttura pensata per i richiedenti asilo sbarcati a Lampedusa, ma che ora deve far fronte anche agli afgani che arrivano qui da mezza Italia, indirizzati – dicono – dal passaparola. Il piazzale di fronte al cancello di ingresso è coperto di cartoni, buste di plastica e stracci. In uno spiazzo poco distante, all'ombra di un albero, tre ragazzi dai tratti asiatici dormono sopra i cartoni, i piedi scalzi, alle tre del pomeriggio. E i resti dei bivacchi sono ancora a terra sotto le piante dell'oliveto a fianco del centro.


Un anno fa il centro era un luogo di restrizione della libertà. I richiedenti asilo erano chiusi dietro le gabbie del Centro di identificazione, ospitati dentro container, in attesa della risposta della Commissione per il riconoscimento dello status di rifugiato. E i migranti senza documenti erano detenuti fino a sessanta giorni nel centro di permanenza temporanea (cpt) in attesa del rimpatrio. Oggi per i richiedenti asilo la situazione è totalmente diversa. Dalle 10 alle 21 possono uscire liberamente. E l'accoglienza è garantita loro anche in caso di ricorso contro la decisione della commissione, che viene presentato direttamente dagli assistenti legali della Cooperativa Albatros che gestisce il centro. Così è successo che il passaparola ha portato alle porte di Pian del Lago decine di afgani, arrivati in Italia nascosti sui ferry e le navi cargo partite dalla Grecia e dalla Turchia.

A.B. è uno di loro. È afgano, parla hazara. Lavorava come autista per l'esercito inglese, a Helmand. Per raggiungere l'Italia ha pagato 3.500 dollari a un passeur turco perché lo nascondesse su una nave cargo ancorata nel porto di Istanbul e diretta a Gioia Tauro, in Calabria. Nascosti nella stanza dei motori erano in quattro. Lui e tre kurdi. Ogni giorno portavano loro da bere e da mangiare e li accompagnavano alla toilette. Al porto sono arrivati alle diciotto. Verso mezzanotte li hanno fatti uscire dalla nave, nascosti in due macchine, due a due. E li hanno scaricati alla stazione del treno. A. non ricorda il nome della stazione. Sa soltanto che il kurdo con cui viaggiava ha chiesto consiglio a un connazionale. E quello gli ha fatto acquistare due biglietti del treno per Caltanissetta, dicendo loro che per chiedere asilo si doveva passare dal centro. Ha dormito fuori per una settimana. Poi si sono liberati dei posti, e l'11 giugno 208 lo hanno fatto entrare. Stessa storia per A.F., anche lui afgano, arrivato a Bari nascosto su un camion imbarcato a Patrasso, in Grecia. A lui di prendere il treno per Caltanissetta glielo ha consigliato “one black man”, un africano, incontrato a Bari, per strada. Né A.B. né A.F. dicono di aver pagato qualcuno per venire qua. Solo il passaparola dicono.

Gli ultimi 24 afgani sono entrati lo scorso 25 luglio. Si erano liberati dei posti nel centro di accoglienza e la Prefettura ha disposto che fossero accolti gli afgani fuori dal centro, anche se normalmente la priorità è data agli sbarchi. Fuori dai cancelli altri afgani aspettano il proprio turno.

Gabriele Del Grande, pubblicato da Redattore Sociale
(01/08/08)