Una settimana prima, a Roma, è stata celebrata una preghiera ecumenica per le vittime dei viaggi dell'immigrazione, nella basilica di Santa Maria in Trastevere, il 20 giugno, in occasione della giornata mondiale del Rifugiato, poi replicata a Napoli e Barcellona. Nel corso della funzione è stato lanciato un appello contro le stragi. Il cardinale Renato Martino ha quindi ammonito l'Europa: “Lungo le rotte disperate della ricerca di futuro - ha detto il cardinale - quante sono le donne e gli uomini in fuga che muoiono prima di raggiungere la meta, falciati dalla violenza? Quante le moderne stragi degli innocenti?” E ancora: “Molti fuggono da condizioni che non esitiamo a definire intollerabili per la sicurezza globale o per i diritti umani, ma che dovrebbero divenire sopportabili alle vittime, quando sulla scorta di un malinteso senso di sicurezza, gli Stati e i legislatori erodono il diritto alla protezione, all'asilo, all'aiuto umanitario”. Senza la memoria “di questo dolore e della speranza spezzata” - ha concluso - si edifica un'Europa virtuale, che si vorrebbe senza drammi, avulsa dal mondo globale e carico di tensioni nel quale viviamo, origine di tanti e ponderosi flussi migratori”.
Mi sembrano eventi importanti, indipendentemente dalle rispettive posizioni e credenze, proprio perché portatori di memoria nell'immaginario collettivo. Ma non vorremmo ci si fermasse alle belle parole, ai patrocini e alle rassegne stampa. Vorremmo che la dignità umana tornasse al centro della normalità. Quella normalità di cui parla Antonio Sardo, 49 anni, comandante del peschereccio Gambero, di Mazara, che col suo equipaggio a giugno ha salvato 53 uomini in mare, al largo di Malta, quando dice: “Io e i miei uomini non siamo eroi, ma solo marinai. Abbiamo solo rispettato la legge del mare che impone a tutti noi di salvare chiunque si trovi in difficoltà”.
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