SIRACUSA, 9 settembre 2008 – C’è un nuovo reato nell’Italia razzista. È stato inserito senza colpo ferire nel pacchetto sicurezza, convertito nella legge numero 125 del 24/07/2008. Se ne sono accorti in pochi. Ma i primi arresti sono già iniziati. Da circa un mese, “chiunque al fine di impedire la propria o l’altrui identificazione altera parti del proprio o dell’altrui corpo utili per consentire l’accertamento dell’identità”, viene punito col carcere, da uno a sei anni. Una legge scritta pensando agli stranieri che si mutilano i polpastrelli per non dare le proprie impronte digitali, spesso perché è l’unico modo che hanno, nell’Europa di oggi, per poter raggiungere i parenti nel Nord Europa senza essere rispediti in Italia, in base al Regolamento Dublino II che obbliga i richiedenti asilo a rimanere nel primo Stato europeo che incontrano.
I primi arresti si sono verificati il 24 agosto 2008, quando 17 richiedenti asilo politico eritrei sono stati fermati dalla squadra mobile di Siracusa e trasferiti nelle carceri di Ragusa e Siracusa. Erano sbarcati il giorno prima, con i 245 passeggeri a bordo della nave soccorsa a 50 miglia da Portopalo di Capo Passero. Secondo la procura di Agrigento, da un anno a questa parte, sono sempre più numerosi gli immigrati che sbarcano in Sicilia con i polpastrelli bruciati oppure mutilati, per evitare che possano essere loro rilevate le impronte digitali.
Nell’Italia razzista, queste persone rappresentano una minaccia alla pubblica sicurezza. Chiediamo a ognuno dei nostri lettori di rifletterci su. E confidiamo nell’Acnur, l’Asgi e le associazioni di difesa dei diritti di migranti e rifugiati affinché facciano di tutto per difendere legalmente queste persone.
E visto che ci siamo chiediamo uno sforzo maggiore per difendere anche tutti i migranti e i rifugiati arrestati come scafisti, che scafisti non sono. Lo ripetiamo da anni. Sui gommoni e sulle piccole imbarcazioni in vetroresina non viaggiano scafisti. Il timone è affidato agli stessi passeggeri. Spesso chi guida ha uno sconto sul biglietto. Non c’è nessun lucro. Chi incassa i soldi del viaggio, spesso sulla pelle dei migranti, rimane a Tripoli. Quanti dei 60 migranti arrestati con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina (ovvero come scafisti) nei primi otto mesi dell’anno, sono semplici migranti o rifugiati? Che dire dei quattro somali fermati a Pachino il 9 settembre, o dei due somali arrestati a Portopalo la settimana prima? Una situazione simile per certi versi a quella delle Canarie, dove a luglio 90 cittadini africani accusati di essere scafisti hanno fatto uno sciopero della fame in segno di protesta.
Per finire, a riprova del clima di repressione che si sta respirando sulla frontiera in Sicilia, ricordiamo la vicenda dei nove eritrei arrestati a Siracusa lo scorso 25 agosto con l’accusa di resistenza e lesioni a pubblico ufficiale. Si erano allontanati dal centro di accoglienza di Cassibile ed erano saliti su un treno in partenza per il nord, ma furono trovati dagli agenti della polizia. Costretti a scendere dal treno, sarebbero esplose le violenze. Prima si è sentito uno sparo. Poi gli immigrati sono stati bloccati a terra mentre alcuni agenti premevano sulle loro schiene con ginocchia e piedi. Un cittadino italiano, Pasquale Pedace, intervenuto protestando contro le modalità violente dell’intervento della polizia, è stato arrestato e poi rilasciato.