10 February 2009

Dall'Unione europea 20 milioni alla Libia contro l'immigrazione

TRIPOLI, 10 febbraio 2009 - Un assegno da 20 milioni di euro. Per combattere l'immigrazione africana. A tutti i costi. A pagare è l'Unione europea. E a fare il lavoro sporco sarà al solito la polizia libica. L'annuncio viene dal Commissario Ue per le relazioni esterne Benita Ferrero Waldner ieri in visita a Tripoli. Rimangono inascoltate le nostre critiche e quelle degli stessi rifugiati intervistati nel documentario "Come un uomo sulla terra". L'Europa civile conferma così la sua criminale ipocrisia. Pur di combattere l'invasione che non c'è - lo dicono i numeri: 67.000 arrivi in tutto il Mediterraneo nel 2008 - i nostri governi sono disposti a collaborare con la polizia di un regime come quello di Gheddafi. E a finanziare campi di detenzione come quello di Kufrah, nel deserto del Sahara, dove la tortura è la regola. E a rimpatriare i rifugiati politici del Corno d'Africa, che rappresentano una buona metà di coloro che attraversano il Canale di Sicilia. Per chi ancora ha dei dubbi su ciò che succede in Libia, consigliamo per l'ennesima volta i nostri reportage, le gallerie fotografiche e i nostri rapporti:

Guantanamo Libia. I nuovi gendarmi dell'Italia
Pattuglie nel deserto libicoLa porta di ferro è chiusa a doppia mandata. Dalla piccola feritoia si affacciano i volti di due ragazzi africani e un di egiziano. L’odore acre che esce dalla cella mi brucia le narici. Chiedo ai tre di spostarsi. La vista si apre su due stanze di tre metri per quattro. Vedo 30 persone. Sul muro hanno scritto Guantanamo


Frontiera Sahara. I campi di detenzione nel deserto libico
Stipati come animali, dentro container di ferro. Così gli immigrati arrestati in Libia vengono smistati nei centri di detenzione, in attesa di essere deportati. Siamo i primi giornalisti a vederli. Le condizioni dei centri sono inumane. I funzionari italiani e europei lo sanno bene. Ma se ne guardano bene dal fare ogni critica, alla vigilia dell'avvio dei pattugliamenti congiunti


Reportage dalla Libia: siamo entrati a Misratah
Vista del cortile del campo di Misratah
Di notte, quando cessano il vociare dei prigionieri e gli strilli della polizia, dal cortile del carcere si sente il rumore del mare. Sono le onde del Mediterraneo, che schiumano sulla spiaggia, a un centinaio di metri dal muro di cinta del campo di detenzione. Siamo a Misratah, 210 km a est di Tripoli, in Libia. E i detenuti sono 600 richiedenti asilo politico eritrei, arrestati al largo di Lampedusa o nei quartieri degli immigrati a Tripoli. Vittime collaterali della cooperazione italo libica contro l’immigrazione

La Libia cerca immigrati in Asia, mentre l’Oim pensa ai rimpatri