SALINAGRANDE – Raggiunge quota mille il centro d'accoglienza per richiedenti asilo (Cara) di Salinagrande, in provincia di Trapani. Tanti sono i richiedenti asilo – in grande maggioranza sbarcati a Lampedusa – accolti dall'inizio del 2008 fino al 12 agosto nel centro che sorge a pochi passi dalla riserva salina di Trapani e Paceco. Un dato in netto aumento rispetto ai 1.200 dell'intero 2007. E infatti il centro è sovraffollato. La normale capienza di 260 posti è stata portata a 310 con l'utilizzo dei locali della palestra come dormitorio. Il centro è aperto dal 2003, ma lavora a pieno ritmo soltanto dal 2005. Fin dalla sua apertura, è stato gestito dalla cooperativa Insieme, membro del consorzio Connecting people, e ente gestore del cpt di Trapani dal 2000.
Le persone sono ospitate in camere da sei letti, con bagno interno, disposte in tre palazzine su due piani, ognuna dedicata a personaggi storici. C'è la palazzina Mahatma Gandhi, che ospita donne e nuclei familiari. E poi la Nelson Mandela e la Martin Luther King. E poi la Giorgio La Pira, che ospita gli uffici amministrativi, l'infermeria e la Commissione per il riconoscimento dello status di rifugiato. I locali vennero costruiti nel 2000 dal Comune di Trapani, che voleva farne un ricovero per ragazze madri. In data 12 agosto gli ospiti presenti erano 295, dei quali 57 donne e 238 uomini. Dieci i minori. Sono in maggioranza somali, ghanesi, eritrei e nigeriani, chiedono tutti asilo politico. Le condizioni di vivibilità sono buone, o almeno nessuno si lamenta. Gli ospiti possono uscire dalle 8 alle 22. E a differenza di altri Cara italiani, ottengono una risposta in tempi molto rapidi. Nella bacheca all'ingresso sono appese le convocazioni per l'audizione alla Commissione per il riconoscimento dello status di rifugiato, che ha sede all'interno del Cara trapanese. I tempi di attesa non superano i trenta giorni. Ogni giorno vengono intervistate una decina di persone. A chi riceve un diniego, l'ente gestore facilita il contatto con avvocati esterni per presentare il ricorso. Al momento i diniegati ricorrenti sono 42. Per loro, prima della seconda risposta passeranno almeno tre mesi.
Le audizioni, dichiara il direttore del centro Gaspare Sieli, non avvengono davanti alla Commissione riunita in modo collegiale, ma vengono effettuate individualmente dai singoli commissari, rappresentanti di prefettura, questura, enti locali e Acnur. In modo da sbrigare più rapidamente le pratiche. Chi viene riconosciuto rifugiato oppure ottiene un permesso di soggiorno per motivi umanitari, se è un caso vulnerabile (donna sola o con figli, disabile, o nucleo familiare) viene inserito nella seconda accoglienza dello Sprar (Servizio di protezione per richiedenti asilo e rifugiati). Altrimenti viene semplicemente accompagnato alla stazione. La cooperativa Insieme vanta un alto tasso di inserimento negli Sprar. Anche perché in Sicilia ne gestisce più di uno.
Da sola, Cooperativa Insieme gestisce progetti Sprar per un totale di circa 60 posti a Trapani, Castelvetrano, Marsala e Mazara. A cui vanno aggiunti quelli di Acireale e Catania, che fanno capo al consorzio Connecting People – di cui è parte la coop. Insieme - che gestisce anche i centri Cie, Cpa e Cara di Brindisi, Gradisca e Cagliari. E sotto l'emergenza sbarchi, alcuni Sprar della Cooperativa Insieme sono diventati anche centri di prima accoglienza. Così 20 persone sono state accolte nel progetto di Castelvetrano, un centinaio a Mazara, 50 a Marsala e altre decine a Trapani e Alcamo. Un altro centro recentemente aperto a Sciacca, ma non gestito dalla Insieme, sarà invece presto chiuso per motivi di ordine pubblico. Per ogni ospite presente al Cara di Saline, Insieme riceve un'indennità di circa 60 euro al giorno, che con una media di 300 ospiti significa 18.000 euro al giorno, ovvero mezzo milione di euro al mese.
Nel campo lavorano un centinaio di persone tra amministrativi, operatori sociali, assistenti sociali, infermieri, medici e mediatori. Accompagnano i richiedenti asilo in tutto l'iter. A parte il rilascio del titolo di viaggio. Per decisione della prefettura di Trapani infatti, questo documento, che è l'equivalente di un passaporto per un rifugiato politico, viene rilasciato esclusivamente ai somali, la cui Ambasciata in Italia non è operativa. Per tutti gli altri non viene nemmeno avviata la pratica e viene consigliato loro di rivolgersi direttamente alle proprie ambasciate per il rilascio di un passaporto. Peccato che da quelle stesse autorità i rifugiati siano fuggiti per le persecuzioni subite. Rimarranno senza titolo di viaggio, e quindi senza diritto di viaggiare all'estero. Almeno fintanto che non eleggeranno domicilio in un'altra prefettura italiana, dove potranno provare a chiedere una seconda volta questo documento.
Le persone sono ospitate in camere da sei letti, con bagno interno, disposte in tre palazzine su due piani, ognuna dedicata a personaggi storici. C'è la palazzina Mahatma Gandhi, che ospita donne e nuclei familiari. E poi la Nelson Mandela e la Martin Luther King. E poi la Giorgio La Pira, che ospita gli uffici amministrativi, l'infermeria e la Commissione per il riconoscimento dello status di rifugiato. I locali vennero costruiti nel 2000 dal Comune di Trapani, che voleva farne un ricovero per ragazze madri. In data 12 agosto gli ospiti presenti erano 295, dei quali 57 donne e 238 uomini. Dieci i minori. Sono in maggioranza somali, ghanesi, eritrei e nigeriani, chiedono tutti asilo politico. Le condizioni di vivibilità sono buone, o almeno nessuno si lamenta. Gli ospiti possono uscire dalle 8 alle 22. E a differenza di altri Cara italiani, ottengono una risposta in tempi molto rapidi. Nella bacheca all'ingresso sono appese le convocazioni per l'audizione alla Commissione per il riconoscimento dello status di rifugiato, che ha sede all'interno del Cara trapanese. I tempi di attesa non superano i trenta giorni. Ogni giorno vengono intervistate una decina di persone. A chi riceve un diniego, l'ente gestore facilita il contatto con avvocati esterni per presentare il ricorso. Al momento i diniegati ricorrenti sono 42. Per loro, prima della seconda risposta passeranno almeno tre mesi.
Le audizioni, dichiara il direttore del centro Gaspare Sieli, non avvengono davanti alla Commissione riunita in modo collegiale, ma vengono effettuate individualmente dai singoli commissari, rappresentanti di prefettura, questura, enti locali e Acnur. In modo da sbrigare più rapidamente le pratiche. Chi viene riconosciuto rifugiato oppure ottiene un permesso di soggiorno per motivi umanitari, se è un caso vulnerabile (donna sola o con figli, disabile, o nucleo familiare) viene inserito nella seconda accoglienza dello Sprar (Servizio di protezione per richiedenti asilo e rifugiati). Altrimenti viene semplicemente accompagnato alla stazione. La cooperativa Insieme vanta un alto tasso di inserimento negli Sprar. Anche perché in Sicilia ne gestisce più di uno.
Da sola, Cooperativa Insieme gestisce progetti Sprar per un totale di circa 60 posti a Trapani, Castelvetrano, Marsala e Mazara. A cui vanno aggiunti quelli di Acireale e Catania, che fanno capo al consorzio Connecting People – di cui è parte la coop. Insieme - che gestisce anche i centri Cie, Cpa e Cara di Brindisi, Gradisca e Cagliari. E sotto l'emergenza sbarchi, alcuni Sprar della Cooperativa Insieme sono diventati anche centri di prima accoglienza. Così 20 persone sono state accolte nel progetto di Castelvetrano, un centinaio a Mazara, 50 a Marsala e altre decine a Trapani e Alcamo. Un altro centro recentemente aperto a Sciacca, ma non gestito dalla Insieme, sarà invece presto chiuso per motivi di ordine pubblico. Per ogni ospite presente al Cara di Saline, Insieme riceve un'indennità di circa 60 euro al giorno, che con una media di 300 ospiti significa 18.000 euro al giorno, ovvero mezzo milione di euro al mese.
Nel campo lavorano un centinaio di persone tra amministrativi, operatori sociali, assistenti sociali, infermieri, medici e mediatori. Accompagnano i richiedenti asilo in tutto l'iter. A parte il rilascio del titolo di viaggio. Per decisione della prefettura di Trapani infatti, questo documento, che è l'equivalente di un passaporto per un rifugiato politico, viene rilasciato esclusivamente ai somali, la cui Ambasciata in Italia non è operativa. Per tutti gli altri non viene nemmeno avviata la pratica e viene consigliato loro di rivolgersi direttamente alle proprie ambasciate per il rilascio di un passaporto. Peccato che da quelle stesse autorità i rifugiati siano fuggiti per le persecuzioni subite. Rimarranno senza titolo di viaggio, e quindi senza diritto di viaggiare all'estero. Almeno fintanto che non eleggeranno domicilio in un'altra prefettura italiana, dove potranno provare a chiedere una seconda volta questo documento.