La porta bruciata di una gabbia del Cie di Torino, tratta da Macerie |
Coperte e materassini dati alle fiamme, ferri delle gabbie divelti, e un gruppo di reclusi che riescono a scavalcare la prima delle due recinzioni prima di essere fermati dagli agenti delle forze dell'ordine, armati di idranti, lacrimogeni e manganelli. Al centro di identificazione e espulsione (Cie) di Torino, quella dell'8 dicembre è stata una notte di rivolta, finita con un tentativo di fuga di massa, a cui hanno preso parte una cinquantina di reclusi tunisini. Negli scontri sono rimasti feriti in tre. Un ragazzo tunisino, colpito a manganellate alla testa. E poi un poliziotto e un carabiniere. Tutti e tre sono stati portati al pronto soccorso. La calma è ritornata soltanto verso le quattro di notte.
L'indomani mattina, mentre gli operai lavoravano per sistemare la gabbia, un gruppo di reclusi ha indetto uno sciopero della fame in diverse aree del Cie. Lo sciopero si è protratto per tutta la giornata del 9 dicembre, fino a quando, intorno alle 22:00, i detenuti dell'area gialla e dell'area bianca, hanno iniziato a protestare battendo sui ferri e gridando, per poi incendiare per protesta coperte e materassini, prima che le polizia li ricacciasse nelle stanze con gli idranti, senza tuttavia fare ingresso nelle gabbie. La situazione è quindi tornata alla calma.
Già lo scorso 2 dicembre, il Cie di Torino era stato scosso da una notte di rivolta e repressione. Quella notte però la rivolta era scoppiata - secondo il racconto dei detenuti - dopo che un detenuto malato sarebbe stato picchiato dalla polizia, reo di aver troppo insistentemente richiesto un trattamento sanitario.
Tutte notizie su cui l'autorità vieta tuttora alla stampa di indagare, non essendo possibile entrare nei Cie dallo scorso primo aprile. Nemmeno il governo tecnico di Monti infatti, ha rimosso la circolare 1305 che ha reistituito la censura in Italia.