03 July 2011

Rivoluzionari e razzisti? Il video dell'Ansa è un falso

Lezione di giornalismo all'italiana. C'è un video girato col telefonino. Non si sa dove né quando. Mostra una fila di uomini costretti a strisciare nella sabbia, mani e piedi legati, sotto i colpi di alcuni militari armati. Le immagini sono arrivate in qualche modo alla redazione dell'Ansa, la più importante agenzia stampa italiana, che il 21 giugno lo ha pubblicato in esclusiva sul proprio sito, scrivendo che le immagini sono state girate nella città libica di Kufra, al confine meridionale con il Sudan, e che le vittime sono stranieri rastrellati dai ribelli libici di Benghazi. La notizia - e il video - è stata diffusa sulle principali testate italiane. Il video però ha tutta l'aria di essere un falso. E vi spieghiamo perché. A partire da questa immagine. Che altro non è che un frame del filmato dove si riconosce chiaramente la bandiera sudanese sulle uniformi dei militari. Intanto però, se non l'avete ancora visto, riguardatevi il video.

La prima cosa che balza all'occhio è che vittime e carnefici sono neri. Certo si può obiettare che a Kufrah la maggior parte della popolazione libica è nera. Ma ci sono altri elementi. Tutti gli uomini armati hanno una divisa militare, mentre sappiamo che la maggior parte dei ribelli non sono soldati, ma civili armatisi in modo volontario. E ancora: sulle uniformi non c'è nessun segno distintivo: né la bandiera tricolore dei ribelli, né la bandiera verde dei lealisti di Gheddafi, ma soltanto una scritta bianca su sfondo rosso dove si legge "polizia" e un'altra parola che non si riesce a vedere bene. L'unica bandiera che si vede con chiarezza, cucita sulla manica di un militare è la bandiera sudanese, che ho ingrandito e riportato nella foto in alto. Infine non c'è nessun simbolo della rivoluzione, né sulle auto dei militari, né sui muri delle case. Niente che ricordi il delirio simbolico delle città della rivoluzione, da Misrata a Benghazi, dove ogni muro e ogni automobile è tappezzato di slogan e bandiere tricolori. Come se non bastasse poi, il dialetto arabo parlato dai militari non è sicuramente libico, ma più probabilmente sudanese.

In sostanza la cosa più plausibile è che si tratti di una pattuglia della polizia di frontiera sudanese al confine con la Libia, i cui metodi non sono certamente delicati, tanto più che è di questi giorni l'allarme dato dal governo di Khartoum secondo cui alcune milizie del Darfour combatterebbero in Libia al fianco di Gheddafi.

Se mi permetto di fare tutti questi distinguo è proprio perché sono stato il primo in Italia a denunciare i crimini razzisti occasionalmente commessi da elementi della ribellione libica, proprio con una serie di video amatoriali filmati con i telefonini che però non lasciavano adito a dubbi.

Come dire che per la fretta di uno scoop l'Ansa ha dimenticato di fare le adeguate verifiche. Forse perché quelle immagini si sposavano bene con l'allarmante notizia data quattro giorni prima da Frattini di un patto per nuovi respingimenti in Libia siglato col governo transitorio di Benghazi. Della serie: ecco che fine faranno con quelli del Consiglio transitorio di Benghazi.

Così facendo però, l'Ansa ha dato una bufala. E così facendo ci perdiamo di credibilità tutti noi che queste cose le scriviamo e le diciamo da tempo.