Dopo lo scandalo la censura. Salito agli onori delle cronache nazionali dopo la pubblicazione sul sito di Repubblica di un video che mostrava le violenze della polizia nella Guantanamo lucana, il centro di identificazione e espulsione di Palazzo San Gervasio, in provincia di Potenza, è stato svuotato. L'operazione è stata eseguita in gran segreto un paio di giorni prima della manifestazione organizzata per il 25 giugno da un cartello di associazioni locali e nazionali che chiedevano la chiusura del campo. I reclusi tunisini sono stati in parte rimpatriati e in parte trasferiti nel centro di identificazione e espulsione di Bari. Ufficialmente per permettere i lavori di adeguamento della struttura alla sua funzione carceraria. Di fatto però con il loro allontanamento, il Ministero dell'Interno fa sparire le vittime/testimoni dei trattamenti inumani e degradanti del cie di Palazzo che invece sarebbero stati tanto preziosi alla Procura di Melfi, che ha fatto sapere di avere aperto un'indagine per fare chiarezza su quanto denunciato dall'inchiesta di Repubblica. E proprio da Repubblica, ripubblichiamo l'articolo sulla chiusura del Cie di Palazzo, scritto proprio da Raffaella Cosentino, la giornalista che tre settimane fa riuscì a entrare nel cie e a fare uscire le immagini girate coi telefonini dai reclusi. Ne approfittiamo per rilanciare in rete l'appello per il diritto d'ingresso dei giornalisti nei Cie.
Tunisini rimpatriati o trasferiti. Ora la Guantamo italiana diventa un lager
Sessanta tunisini trasferiti in gran segreto, mentre nella Guantanamo italiana sono partiti i lavori per rendere il campo blindato e inaccessibile. La Procura di Melfi ha aperto un'indagine per capire cosa sia successo nel Cie, ma adesso i possibili testimoni chiave, cioè i migranti reclusi, sono stati rimpatriati (nella maggior parte dei casi) o rinchiusi nel Cie di Bari. È questa la risposta data dal ministero dell'Interno alla video inchiesta del sito "Repubblica Le inchieste" sul Centro di identificazione e di espulsione di Palazzo San Gervasio (Pz). Una 'stretta' che segue gli appelli di parlamentari e Ong, come Medici senza frontiere, per chiudere il Cie temporaneo perché "le condizioni inaccettabili hanno forti ripercussioni sulla salute mentale delle persone". Si tratta, dicono, di torture psicologiche. Lo sgombero dei migranti è avvenuto alla vigilia di una manifestazione pacifica davanti ai cancelli della struttura, organizzata da molte associazioni tra cui Cgil, Arci, Legambiente, Forum del terzo settore, Libera e Acli per chiederne la chiusura. In contemporanea un altro presidio dell'Osservatorio migranti Basilicata si svolgeva in piazza Prefettura a Potenza.
In un primo momento i funzionari di polizia hanno negato l'accesso anche al senatore Felice Belisario, capogruppo Idv, presente al sit in. Solo dopo una lunga trattativa con il sottosegretario Alfredo Mantovano, Belisario ha potuto mettere piede nel Cie lucano. "È davvero una Guantanamo italiana - dice il senatore - il centro è assolutamente vuoto, hanno portato via anche le tende, ma all'interno fervono i lavori per rafforzare la recinzione. Sulla base di cemento messa al posto dello sterrato, saranno collocati a breve dei container in una zona che d'estate diventa incandescente. Queste sono le premesse per creare un lager per oltre cento persone, una struttura militarizzata in cui c'è la sospensione di ogni atto di civiltà e dove sarà segregato chi scappa da fame, persecuzione e guerra e non ha commesso alcun reato".
Belisario annuncia un atto ispettivo per capire per quale ragione le comunità locali continuino a non essere informate di nulla e perché in un primo tempo gli sia stato impedito l'accesso al centro lucano. Il senatore riferisce che la gabbia usata per rinchiudere gli immigrati è stata ulteriormente rinforzata con una doppia rete e una saldatura di maglie di ferro. Probabilmente, dice, la misura ha il fine di impedire che in futuro i detenuti possano di nuovo fare passare attraverso la recinzione delle schede di memoria con video che testimoniano le rivolte. Proprio in questo modo infatti sono state diffuse le immagini pubblicate da RE Le inchieste.
Il primo ad accorgersi dello sgombero è stato l'avvocato Nicola Griesi che collabora con l'Osservatorio migranti Basilicata. "Sono andato a un colloquio con i miei assisistiti - dice il legale - e non ho trovato più nessuno. Poi alcuni agenti ci hanno detto che non sanno dove sono stati portati, noi non siamo stati informati del trasferimento". Insomma la struttura è stata svuotata in sordina.
La maggior parte dei migranti è stata rimpatriata, in alcuni casi le famiglie sono state divise: due fratelli, per esempio, hanno avuto destinazioni differenti. Uno è stato mandato a Tunisi, l'altro è stato trasferito nel Cie di Bari, dove sarebbe ancora recluso un piccolo gruppo di Palazzo San Gervasio. "Qui è dura, sono distrutto - racconta uno di loro al telefono - ma almeno ci sono le camere e non le tende. Gli altri sono stati rispediti a Tunisi senza passaporto e non sapevano dove erano diretti". Il ragazzo dice di avere chiesto asilo politico all'interno del Cie lucano, ma di non avere avuto risposta. Dalla città tunisina di Bizerte, la famiglia fa sapere di essere molto preoccupata per lui e per quello che sta soffrendo. La madre, che ci ha contattato da Facebook, lancia un appello alle autorità italiane perché concedano al figlio la protezione internazionale. Sempre dal social network abbiamo raccolto la testimonianza di uno dei rimpatriati: "Siamo partiti ammanettati da Napoli fino a Palermo, dove abbiamo incontrato il console tunisino e poi siamo stati trasferiti a Tunisi senza documenti".
Il deputato Pd Jean Leonard Touadì, protagonista nei giorni scorsi di un blitz nel Cie lucano con gli onorevoli Calipari e Giulietti, annuncia un'interpellanza urgente al governo in aula per mercoledì e oggi visiterà un'altra tendopoli Cie, quella di Trapani Chinisia. "È inquietante che da Palazzo San Gervasio le persone siano state spostate come pacchi - dice Touadì - questi Cie non sono conformi con la normativa europea, stiamo agendo in pieno arbitrio. È una grande giungla, ci sono posti in questo paese democratico in cui non è assicurata la trasparenza sugli atti del governo, cosa si vuole nascondere?".
Tunisini rimpatriati o trasferiti. Ora la Guantamo italiana diventa un lager
di Raffaella Maria Cosentino, tratto da Repubblica
Sessanta tunisini trasferiti in gran segreto, mentre nella Guantanamo italiana sono partiti i lavori per rendere il campo blindato e inaccessibile. La Procura di Melfi ha aperto un'indagine per capire cosa sia successo nel Cie, ma adesso i possibili testimoni chiave, cioè i migranti reclusi, sono stati rimpatriati (nella maggior parte dei casi) o rinchiusi nel Cie di Bari. È questa la risposta data dal ministero dell'Interno alla video inchiesta del sito "Repubblica Le inchieste" sul Centro di identificazione e di espulsione di Palazzo San Gervasio (Pz). Una 'stretta' che segue gli appelli di parlamentari e Ong, come Medici senza frontiere, per chiudere il Cie temporaneo perché "le condizioni inaccettabili hanno forti ripercussioni sulla salute mentale delle persone". Si tratta, dicono, di torture psicologiche. Lo sgombero dei migranti è avvenuto alla vigilia di una manifestazione pacifica davanti ai cancelli della struttura, organizzata da molte associazioni tra cui Cgil, Arci, Legambiente, Forum del terzo settore, Libera e Acli per chiederne la chiusura. In contemporanea un altro presidio dell'Osservatorio migranti Basilicata si svolgeva in piazza Prefettura a Potenza.
In un primo momento i funzionari di polizia hanno negato l'accesso anche al senatore Felice Belisario, capogruppo Idv, presente al sit in. Solo dopo una lunga trattativa con il sottosegretario Alfredo Mantovano, Belisario ha potuto mettere piede nel Cie lucano. "È davvero una Guantanamo italiana - dice il senatore - il centro è assolutamente vuoto, hanno portato via anche le tende, ma all'interno fervono i lavori per rafforzare la recinzione. Sulla base di cemento messa al posto dello sterrato, saranno collocati a breve dei container in una zona che d'estate diventa incandescente. Queste sono le premesse per creare un lager per oltre cento persone, una struttura militarizzata in cui c'è la sospensione di ogni atto di civiltà e dove sarà segregato chi scappa da fame, persecuzione e guerra e non ha commesso alcun reato".
Belisario annuncia un atto ispettivo per capire per quale ragione le comunità locali continuino a non essere informate di nulla e perché in un primo tempo gli sia stato impedito l'accesso al centro lucano. Il senatore riferisce che la gabbia usata per rinchiudere gli immigrati è stata ulteriormente rinforzata con una doppia rete e una saldatura di maglie di ferro. Probabilmente, dice, la misura ha il fine di impedire che in futuro i detenuti possano di nuovo fare passare attraverso la recinzione delle schede di memoria con video che testimoniano le rivolte. Proprio in questo modo infatti sono state diffuse le immagini pubblicate da RE Le inchieste.
Il primo ad accorgersi dello sgombero è stato l'avvocato Nicola Griesi che collabora con l'Osservatorio migranti Basilicata. "Sono andato a un colloquio con i miei assisistiti - dice il legale - e non ho trovato più nessuno. Poi alcuni agenti ci hanno detto che non sanno dove sono stati portati, noi non siamo stati informati del trasferimento". Insomma la struttura è stata svuotata in sordina.
La maggior parte dei migranti è stata rimpatriata, in alcuni casi le famiglie sono state divise: due fratelli, per esempio, hanno avuto destinazioni differenti. Uno è stato mandato a Tunisi, l'altro è stato trasferito nel Cie di Bari, dove sarebbe ancora recluso un piccolo gruppo di Palazzo San Gervasio. "Qui è dura, sono distrutto - racconta uno di loro al telefono - ma almeno ci sono le camere e non le tende. Gli altri sono stati rispediti a Tunisi senza passaporto e non sapevano dove erano diretti". Il ragazzo dice di avere chiesto asilo politico all'interno del Cie lucano, ma di non avere avuto risposta. Dalla città tunisina di Bizerte, la famiglia fa sapere di essere molto preoccupata per lui e per quello che sta soffrendo. La madre, che ci ha contattato da Facebook, lancia un appello alle autorità italiane perché concedano al figlio la protezione internazionale. Sempre dal social network abbiamo raccolto la testimonianza di uno dei rimpatriati: "Siamo partiti ammanettati da Napoli fino a Palermo, dove abbiamo incontrato il console tunisino e poi siamo stati trasferiti a Tunisi senza documenti".
Il deputato Pd Jean Leonard Touadì, protagonista nei giorni scorsi di un blitz nel Cie lucano con gli onorevoli Calipari e Giulietti, annuncia un'interpellanza urgente al governo in aula per mercoledì e oggi visiterà un'altra tendopoli Cie, quella di Trapani Chinisia. "È inquietante che da Palazzo San Gervasio le persone siano state spostate come pacchi - dice Touadì - questi Cie non sono conformi con la normativa europea, stiamo agendo in pieno arbitrio. È una grande giungla, ci sono posti in questo paese democratico in cui non è assicurata la trasparenza sugli atti del governo, cosa si vuole nascondere?".