16 May 2011

Le lacrime di una sala d'attesa

Abbiamo ricevuto una lettera da un gruppo di italiani di Tunisi. Raccontano i rimpatri visti dall'aeroporto della capitale. Un aeroporto destinato a segnare la storia del paese da qualche mese ormai. Lì c'è stato il primo grande atto di disobbedienza. Da lì è fuggito il dittatore. E lì oggi ritornano. Gli esuli di una vita, accolti dagli abbracci dei parenti. E i ragazzi rimpatriati dall'Italia. Anch'essi accolti dai parenti, ma con lacrime che sanno molto più di amaro. Intanto i rimpatri sono ripresi, seppure con molta più lentezza rispetto al primo mese dopo l'accordo del 5 aprile scorso. Dopotutto è stato raggiunto il tetto degli 800 rimpatri e adesso va tutto a rilento. Fonti del Viminale parlano del rimpatrio di 30 tunisini lo scorso giovedì da Palermo. Ma dal sindacato di polizia Coisp, fanno sapere invece che già per due volte i voli di rimpatrio sono saltati per mancanza del nulla osta del consolato tunisino di Palermo, fra l'altro con spese astronomiche per il contribuente. Di seguito, la lettera degli italiani di Tunisi.

tratto da Gli italiani di Cartagine

Negli ultimi mesi l'aeroporto di Tunis Carthage è stato il testimone privilegiato di un crocevia di emozioni e di umanità, oltre che luogo dove si è scritta la storia della Tunisia. Da questo aeroporto si è consumata la fuga del dittatore Ben Ali e la fine di un epoca. Da questo aeroporto si è consumato uno degli atti di coraggio e di disobbedienza nei confronti della famiglia del dittatore Ben Ali, per mano di Captain Mohamed Ben Kilani che ne rifiutò l'imbarco, negandone la fuga. Ma è lontano dai grandi riflettori e dai grandi eventi, che si scrive la storia in questo stesso aeroporto. 

E' la storia dei rientri, come quello degli uomini e donne che tornano da anni di esilio e ad accoglierli sono folle giubilanti di amici e parenti. Tornano nella Tunisia libera, pieni di speranza e voglia di costruire un paese nuovo. Ma ci sono anche i rimpatri, quelli dei voli speciali che riportano indietro le speranze frantumate sulle coste di Lampedusa, che riportano chi ha perso tutto mettendo il proprio destino e i propri soldi in mano ai trafficanti, e che torna in un paese che ha poco da offire in un periodo di grave crisi economica.

Tornano con voli targati Tunisair o Alitalia, spesso in charters dove si mischiano turisti (quei pochi che vengono in questi giorni) e uomini d'affari. Il loro ritorno non è la scoperta di nuove terre o opportunità, ma il ritorno all'emarginazione alla povertà, alla dura realtà di chi è scappato, ma è stato rifiutato. L'incontro con i propri amici e parenti nella sala arrivi dell'aeroporto è straziante. Versano lacrime. Non sono le lacrime di gioia di chi si rincontra dopo tanto tempo, nè quelle di chi si separa di fronte ad una partenza, ma il paradosso è che quelle sono le lacrime di un incontro, che è la realizzazione di un fallimento.

Sono stato all'aeroporto qualche giorno fa e li ho visti con i miei occhi, io pronto a riabbracciare con gioia mia madre che veniva in visita in Tunisia, e loro che soffrivano per un amaro incontro obbligato. Avrei tanto voluto piangere con loro, offrire una qualche forma sollievo. Avrei voluto condividere questa immagine, questi volti con tutti coloro che nell'Italia e l'Europa di oggi sono pronti a gridare al rimpatrio immediato egli immigrati, senza chiedersi da dove vengano, perche' hanno rischiato la loro vita per raggiungere le nostre terre, ma soprattutto cosa vanno a trovare, quando tornano nelle proprie terre.



http://italianidicartagine.blogspot.com/2011/05/lumanita-di-una-sala-dattesa.html