Pure il sindacato di polizia adesso chiede la chiusura del centro di identificazione e espulsione di Brindisi, recentemente finito sotto i riflettori della cronaca locale per una serie di riuscite evasioni. Attenzione agli equivoci però! Nessuna disobbedienza civile, semplicemente gli agenti chiedono una struttura più simile a un carcere per garantire un maggiore controllo. Di seguito i dettagli sulla locale di Brindisi.
Restinco: i sindacati di polizia chiedono la chiusura del Cie
tratto da Senza Colonne
BRINDISI, 8 febbraio 2011 – “Prima o poi ci scapperà il morto”. I sindacati di polizia sono unanimi. Non chiedono rinforzi ma la “chiusura” di un centro che a quanto pare “non è idoneo, è stato progressivamente adeguato per ospitare un Centro di Identificazione e di Espulsione, pur non essendo assolutamente sicuro per gli ospiti e per gli agenti e i militari che lì prestano servizio”. Una “bomba a orologeria”, quella di Restinco, laddove c’è un pericolo costante, le sommosse e le rivolte con tentativi di fuga e atti di autolesionismo continuano ad avere inesorabilmente luogo. Gli stranieri che soggiornano lì sono in grado, tutte le volte, di praticare dei fori nelle mura di cinta. E ciò accade, a quanto pare, perché le recinzioni sono state realizzate con i “tufi” e non con il cemento armato, come necessiterebbe qualsiasi struttura simile a un carcere.
Il Cie di Restinco è attaccato al “Cara”, il centro dove vivono coloro che, approdati in Italia con i barconi, dopo lunghi viaggi della speranza, hanno però fatto richiesta di asilo politico. In attesa che venga loro riconosciuto lo status di richiedenti asilo, gli stranieri del “Cara” possono uscire, passeggiare, raggiungere la città. Pranzano alla Caritas, poi fanno rientro a Restinco in serata.
Restinco: i sindacati di polizia chiedono la chiusura del Cie
tratto da Senza Colonne
BRINDISI, 8 febbraio 2011 – “Prima o poi ci scapperà il morto”. I sindacati di polizia sono unanimi. Non chiedono rinforzi ma la “chiusura” di un centro che a quanto pare “non è idoneo, è stato progressivamente adeguato per ospitare un Centro di Identificazione e di Espulsione, pur non essendo assolutamente sicuro per gli ospiti e per gli agenti e i militari che lì prestano servizio”. Una “bomba a orologeria”, quella di Restinco, laddove c’è un pericolo costante, le sommosse e le rivolte con tentativi di fuga e atti di autolesionismo continuano ad avere inesorabilmente luogo. Gli stranieri che soggiornano lì sono in grado, tutte le volte, di praticare dei fori nelle mura di cinta. E ciò accade, a quanto pare, perché le recinzioni sono state realizzate con i “tufi” e non con il cemento armato, come necessiterebbe qualsiasi struttura simile a un carcere.
Il Cie di Restinco è attaccato al “Cara”, il centro dove vivono coloro che, approdati in Italia con i barconi, dopo lunghi viaggi della speranza, hanno però fatto richiesta di asilo politico. In attesa che venga loro riconosciuto lo status di richiedenti asilo, gli stranieri del “Cara” possono uscire, passeggiare, raggiungere la città. Pranzano alla Caritas, poi fanno rientro a Restinco in serata.