19 January 2011

Sinai: 27 eritrei sono ancora sotto sequestro

Due notizie, una bella e una brutta, sulla situazione degli eritrei respinti dall'Italia in Libia e sequestrati dai loro contrabbandieri beduini nel deserto egiziano alla frontiera con Israele, ormai da mesi. A diffonderle è il sito dell'associazione eritrea Agenzia Habeshia, da Roma. La buona notizia è che i contrabbandieri avrebbero accelerato la liberazione degli ostaggi, anche di quelli che non sono riusciti a completare il pagamento del riscatto di 8.000 dollari. Anche perché si vocifera di una imminente operazione di polizia contro i contrabbandieri nelle prossime ore. Ad ogni modo, secondo Habeshia, dei 250 eritrei del gruppo iniziale, esclusi gli 8 ammazzati dagli uomini del capo dei contrabbandieri, Abu Khaled, ne rimarrebbero sotto sequestro solo 27, di cui quattro donne, una delle quali incinta al quinto mese. Al telefono hanno detto che sta molto male, e che rischia di perdere il bambino, per via dei maltrattamenti subiti dai suoi carcerieri. Intanto però - e questa è la brutta notizia - dalla diaspora eritrea arriva la segnalazione di un altro gruppo di 32 persone finite sotto la prigionia di un altro gruppo di contrabbandieri egiziani sulla rotta per Israele. Tutti eritrei. La segnalazione arriva dallo zio di uno di loro, anche lui eritreo, residente qui in Italia. Tramite lui, Habeshia ha raccolto la testimonianza di uno dei sequestrati, che rilanciamo di seguito.



Tratto dal sito di Habeshia

18 gennaio 2011, ore 17.00
Un giovane padre di famiglia eritreo racconta l'inganno dei contrabbandieri, che dal Sudan propongono il viaggio verso Israele come se fosse tutto facile.

"Ci hanno convinto che potevamo entrare in Israele senza difficoltà, perché ci hanno detto che erano esperti e che nessuno dei gruppi che avevano accompagnato era mai stato fermato dalla polizia. Avendo pagato 3.000 dollari avremmo dovuto fare il viaggio fino in Israele, invece quando siamo arrivati nel deserto del Sinai ci hanno rinchiuso dentro quei container sotterranei al confine con Israele. L'intermediario era un eritreo di nome Tesfamicael Araya. È lui che ci ha fatto pagare l'autista che ci ha portati dal Sudan nel Sinai. Questo autista, che è un Rashiayda, quando siamo arrivati nel Sinai ci ha consegnato nelle mani di un suo parente e se ne è andato. E quello a sua volta ci ha venduti a un altro gruppo di contrabbandieri che è quello che adesso ci tiene prigionieri.

Ci hanno tenuti al buio per dieci giorni senza motivo, poi ci è stato detto che l'autista era scappato con i nostri soldi, quindi non potevamo continuare il viaggio e che il nuovo capo vuole 10.000 dollari per liberarci. All'inizio eravamo una sessantina di persone poi ci hanno divisi. Siamo in questa situazione da un mese. Il nostro gruppo è di 38 persone, di cui 8 sono donne. Ci danno una pagnotta al giorno e ci picchiano due volte al giorno. Ci sono due uomini addetti a questo compito. Uno ci picchia di giorno e l'altro di notte. Spesso si drogano e non ci fanno dormire la notte. Ormai chi ha i parenti all'estero ha iniziato a farsi spedire i soldi.

Che non abbiamo ancora versato un euro in più ai 3.000 pattuiti, siamo solo in 11. Tra di noi poi c'è pure una donna nullatenente e un ragazzo orfano che non potranno pagare niente.

Qui ci tengono in catene mani e piedi. Siamo vicini a un aeroporto, forse utilizzato delle forze ONU, sentiamo gli aerei atterrare e decollare. Dovremmo essere molto vicini al confine con Israele.
Salvateci, fate qualcosa!
"

Ricordiamo a tutti che il 29 a Milano c'è un presidio in solidarietà con gli eritrei del Sinai. Non mancate